Spettacoli
"Ennio", intervista al produttore: "Un film che rimarrà nella storia"
"Ennio", il film: la monumentale produzione durata 6 anni. Circa 150 minuti di pura estasi
"Ennio", il produttore del film Gianni Russo: "Un’opera destinata a rimanere nella storia, chiunque vorrà sapere chi è stato Ennio Morricone, lo scoprirà guardandola"
La strana e convincente missiva a Clint Eastwood, l’incontro con Tarantino sul set a Los Angeles e le parole commoventi di Bernardo Bertolucci.
Il produttore italiano a Eastwood: "Senza quella musica quasi epica a sottolineare quei primi piani forse il suo volto non sarebbe diventato tanto famoso e iconico. Per questo partecipare al nostro documentario può essere anche un modo per rendere merito a Morricone"
E su Quentin Tarantino: "Non smetteva più di parlare, tanto che l’assistente alla regia ci ha interrotti più di una volta perché sul set di “C’era una volta a Hollywood” Brad Pitt e Leo di Caprio lo richiedevano, ma lui voleva restare lì a dire ancora qualcosa sul suo mito assoluto"
IL TRAILER
E’ contagiosa, vibrante, a tratti palpabile l’emozione che trasmettono le parole di Gianni Russo, socio (assieme a Gabriele Costa) della “Piano B”, casa di produzione che ha partorito dopo 6 lunghi anni l’unico docufilm dedicato al più grande compositore italiano prestato al cinema; Ennio Morricone. Ed è proprio “ENNIO” l’emblematico titolo che campeggia maestoso sulla locandina unitamente alle frasi in ordine sparso di innumerevoli big di fama planetaria che hanno desiderato ricordarlo con particolare nostalgia e commozione. Una cornice d’onore, ove si palesa il collega Hans Zimmer che ammette <<La più grande musica classica della nostra era>>, Quentin Tarantino che lo paragona a Mozart, Beethoven e Schubert e l’imperscrutabile Clint Eastwood, con il quale il Maestro e Sergio Leone hanno lavorato in lungometraggi epici ne “La trilogia del dollaro”.
E ancora Bruce “The Boss” Springsteen, Wong Kar Wai, Carlo Verdone, Oliver Stone, Barry Levinson, Dario Argento, Bernardo Bertolucci, Quincy Jones, la compianta Lina Wertmuller, Marco Bellocchio, i fratelli Taviani, Zucchero, John Williams, Pat Metheny e molti altri. Protagonisti ed interpreti nella parte di loro stessi in una pellicola che ha il sapore del “capolavoro–scommessa” fortemente voluto da Russo e Costa.
E di tutti i migliori registi in circolazione chi poteva accettare l’ardua sfida di dirigere un così nobile ed ambizioso progetto assemblato con perfezione maniacale e in un appassionante mix di 150 minuti di ricordi, musica, immagini, testimonianze, confessioni e sentimento allo stato puro? Chiaro, lapalissiano. L’amico di sempre, Giuseppe Tornatore. Quel caro << Peppuccio >> al quale Ennio Morricone era legato da un affetto autentico sin dai fasti della storica statuetta che il giovane alzò nei cieli di Los Angeles con “Nuovo cinema paradiso” nel lontano 1988. Un’infinita di premi Oscar dunque, che hanno collaborato proficuamente ad un omaggio tanto speciale per il soggetto rammemorato quanto straordinario – come poi capiremo nell’intervista – per l’inusuale contesto in cui è nato ed è stato concepito.
Ma viviamo ora proprio con Gianni Russo l’intero percorso del documentario presentato fuori concorso al Festival del Cinema di Venezia, che a giorni uscirà nelle sale italiane (poi nel resto del mondo) e che sicuramente occuperà un posto di primo piano tra le più prestigiose cineteche del XXI secolo.
Gianni, cosa significa trascorrere 5 anni vicino ad un mostro sacro della musica e del cinema come Ennio Morricone?
Conoscere intimamente, vale a dire venire a sapere segreti che forse Morricone non aveva mai confessato a nessuno è stato folgorante. In quei momenti ci siamo resi conto che il lavoro al quale stavamo dedicando la nostra vita era davvero qualcosa di grande, non solo per il cinema italiano, ma perché stavamo tirando fuori qualcosa che sarebbe rimasto per tutti nel tempo. Non conoscevo così a fondo la sua carriera, ed ero ignaro del fatto che al suo esordio da compositore è stato colui che ha realizzato pezzi di musica che sono ancora dentro tutti noi. Da “Sapore di sale” a “In ginocchio da te”, da “Abbronzatissima” a “Con le pinne, fucile ed occhiali”, da “Se telefonando” ad “Andavo a cento all’ora” e moltissimi altri.
E’ stato come aprire un libro di storia, immergendomi dentro curiosità precedentemente impensabili. Una delle cose più belle nel lavorare al suo fianco è stata quella di conoscere intimamente una persona che, nonostante sia stata un mostro sacro della musica e del cinema mondiale, era in fondo un uomo con le sue debolezze e le sue incertezze come tutti noi. Il lato del suo carattere che più mi ha stupito è stato sicuramente la sua umiltà, non si è mai reso conto di quanto fosse grande e di quanto sia stata (ed è) importante la sua musica. Per lui scriverla era come fare la cosa più semplice e normale di questo mondo.
Facciamo un passo indietro, torniamo al 2015. Anno un cui lei e il suo socio Gabriele Costa proponevate al regista premio Oscar Giuseppe Tornatore l’idea di un docufilm dedicato proprio al noto compositore. Ci racconta gli esordi?
Con Gabriele e Giuseppe ogni tanto capitava di incontrarci per mettere a punto progetti e collaborazioni. Tante idee sono venute fuori nel corso di quelle piacevoli reunion. Sapevamo che su Ennio nessuno aveva mai fatto un documentario, e sapevamo anche il perché: la riottosità (per timidezza e mai per spocchia) del Maestro a parlare di se stesso. Ma abbiamo lanciato il cuore oltre l’ostacolo: avevamo l’unica chiave che avrebbe potuto aprire la porta dei suoi ricordi e racconti: Peppuccio. Il suo Peppuccio. Così abbiamo chiesto un incontro ad Ennio Morricone e quando ci ha accolti a casa sua gli abbiamo proposto l’ambiziosa idea: realizzare un docufilm su di lui con la regia di Tornatore. E’ rimasto un po’ sorpreso, persino interdetto e ci ha chiesto di aspettarlo qualche minuto, per poi spostarsi in un’altra stanza.
Eravamo (io e Gabriele) soli nel suo grandissimo salone, ci ha lasciati a sobbollire per 10 minuti che ci sono sembrati interminabili e poi è tornato dicendoci: “se lo fa Peppuccio lo faccio”. Presi dall’umana euforia, dopo averlo ringraziato siamo usciti. Immediatamente abbiamo telefonato a Tornatore, “Giuseppe, Ennio ha detto di si!”e Giuseppe, dall’altro capo del telefono, “eh lo so, mi ha chiamato”. In quei dieci minuti che ci aveva lasciati a “frollare” nel suo immenso salone aveva verificato lui stesso che non stessimo mentendo o millantando. Del resto non si contano le proposte che aveva ricevuto prima della nostra e la risposta era sempre stata “no grazie”.
Due premi Oscar che le dicono di sì per una lavorazione lunga, complicata ma magica. Come produttore cosa significa? Il sogno della vita che si realizza?
Significa misurarsi con qualche cosa di grande. a volte troppo grande. Significa, vista proprio la presenza di questi due grande uomini prim’ancora di premi Oscar, ritrovarsi a gestire una produzione che pur essendo di un documentario è costata quanto due film, due commedie del cinema italiano. Significa camminare sempre sul filo con la paura di non essere all’altezza, ma con la consapevolezza che si deve esserlo, ora o mai più!
(segue)