Esteri

Attenzione, gli 'harbinger' esistono per davvero

James Hansen

Il bacio della morte — Lo “harbinger” in inglese—non è una parola che si incontra spesso—è una sorta di foriero di grandi avvenimenti, perlopiù disastrosi, come nell’espressione “harbinger of doom”… Non ha colpe, non porta iella, non è la “causa”, è solo uno che, come appare, segnala una sciagura in arrivo.

Bene, gli harbinger esistono per davvero. La nuova disciplina informatica nota come big data—l’analisi incrociata di enormi quantità di dati—ha permesso al marketing americano di identificare gruppi estesi di acquirenti di nuovi prodotti il cui “favore” commerciale nel comprarli è sistematicamente associato al cattivo andamento delle vendite presso il pubblico allargato.

Cioè, si tratta di consumatori—e neanche pochini—che, se amano un nuovo prodotto, tendenzialmente ne garantiscono il fallimento sul mercato. Lo fanno in maniera seriale, una volta dopo l’altra, scegliendo regolarmente di acquistare prodotti che la massa dei consumatori non vorrà comprare. In più, il fenomeno supera le categorie merceologiche: il consumatore che acquista un nuovo dentifricio destinato al fallimento comprerà anche un nuovo shampoo o un pasto pronto altrettanto destinati a fare un buco nell’acqua. In sintesi, il successo tra gli harbinger è il “bacio della morte” per un nuovo lancio commerciale.

Però, non è solo un fatto di commercio. Questi, quando appoggiano una campagna elettorale, hanno una probabilità maggiore di sostenere un candidato perdente. Se traslocano, vanno a vivere in una località dove i prezzi immobiliari cresceranno meno che altrove. Tendono a raggrupparsi in comunità caratterizzate dalle le scelte e i consumi anomali anche degli altri abitanti.

L’esistenza di una categoria di consumatori che sistematicamente abbracciano prodotti che falliscono sul mercato è stata dimostrata statisticamente nel 2015. Gli autori di un nuovo studio—“The Surprising Breadth of Harbingers of Failure”—apparso recentemente sul Journal of Marketing Research, vanno oltre ed esaminano la dispersione geografica e sociale di questi soggetti. Le informazioni su chi siano esattamente sono per ora molto scarne a causa delle regole legate alla privacy. La novità che emerge è la tendenza a raggrupparsi, soprattutto nei sobborghi delle città anziché in centro. Di loro si sa che è meno probabile che abbiano una laurea universitaria e che le località dove vivono sono marginalmente più “bianche”, con una minore presenza di altre etnie. Somigliano, cioè, molto all’americano “medio”…

La verità è che poco o nulla li distingue dalla popolazione generale, tranne le loro preferenze idiosincratiche: non necessariamente “sbagliate”, solo di segno opposto a quelle della moltitudine. Il puzzle sta nella coerenza, nel fatto che le loro scelte “eccentriche” le esprimono sistematicamente in ogni campo preso in considerazione dallo studio—e che, anziché essere sparsi a casaccio tra la popolazione, tendono a “trovarsi”, formando precise comunità.

Una volta, prima di lanciare nuovi prodotti sul mercato, si cercava di capire dove e come venderli meglio. Se i risultati citati fossero confermati nell’uso, sarebbe altrettanto logico partire assicurandosi che non vanno troppo bene presso gli harbinger.