Esteri
Usa-Cina, Biden ha bisogno di Putin. Ma (per ora) il disgelo non c'è. Anzi
Trump voleva avvicinarsi a Mosca, ma il Russiagate e il Pentagono glielo hanno impedito. La strategia di Washington e il possibile asse Putin-Xi
Una delle prime regole della geopolitica è la seguente: la potenza numero uno, qualora si senta minacciata dall'ascesa della potenza numero due, cerca di allearsi con la potenza numero tre. Laddove i numeri rappresentano l'ordine di grande e di potenza stessa degli attori coinvolti. E' uno schema che si è ripetuto molte volte nella storia. Per restare a tempi più recenti, è accaduto anche durante la guerra fredda. Il numero uno di allora (gli Usa) apre al numero tre (la Cina) per indebolire il numero due (l'Unione Sovietica). Da Richard Nixon in poi, la strategia di Washington fu chiara: engagement della Repubblica Popolare Cinese (sperando poi di poterla modellare a propria immagine e somiglianza dopo la "fine della storia" prefigurata erroneamente da Francis Fukuyama) funzionale all'indebolimento del grande rivale sovietico. Funzionò.
Verso l'incontro Biden-Putin a Ginevra
Mercoledì 16 giugno Joe Biden e Vladimir Putin si incontrano a Ginevra, a pochi mesi di distanza da quell'"assassino" pronunciato dal presidente americano nei confronti del collega russo. Da anni, molti predicono che ora possa accadere la stessa cosa. Con la differenza che la potenza numero due in ascesa è proprio la Cina, mentre la Russia è scalata in posizione numero tre. Sarebbe dunque naturale per gli Stati Uniti avvicinarsi a Mosca per portare fuori la Russia dall'abbraccio di Pechino, scongiurare la trasformazione della partnership sinorussa in alleanza e dunque abbattere le possibilità della Repubblica Popolare di attentare alla leadership americana.
Trump voleva riavvicinarsi a Putin, ma gli fu impedito da Russiagate e Pentagono. Gli effetti sulla Lega di Salvini
Eppure, questo non è mai accaduto. Anzi, è sinora vero il contrario. Donald Trump aveva annunciato che si sarebbe mosso proprio in tal senso, ma gli è stato impedito da due elementi. Il primo, più contingente, lo scandalo Russiagate che ha messo sotto la lente di ingrandimento proprio i suoi rapporti con il Cremlino. Vicenda che ha causato il suo necessario allontanamento (quantomeno ufficiale) dalla Russia, nonché lo spaesamento di forze politiche straniere come la Lega di Matteo Salvini, che pensava già di potersi ergere ad anello di congiunzione tra i repubblicani statunitensi e Mosca. Progetto naufragato con il caso Savoini che ha di fatto spianato la strada al Conte bis e reso il Carroccio inutilizzabile a Trump & company.
Perché il Pentagono non vuole il disgelo: nel mirino gli affari Merkel-Putin
Il secondo motivo, più strutturale, è invece legato all'impostazione del Pentagono che ancora deriva dallo schieramento globale del Secondo Dopoguerra e della guerra fredda. E il Pentagono può influenzare pesantemente la politica estera del presidente americano. Così è accaduto con Trump. Invece di cercare una convergenza con Mosca in ottica anti cinese, gli strateghi d'Oltreoceano hanno preferito evitare la convergenza tra Russia ed Europa, in particolare tra Russia e Germania, il fulcro della politica europea. Non è certo un caso che nel mirino di Washington sia finito il gasdotto North Stream 2 che collegherà proprio Russia e Germania.