Esteri

Brasile, ad assaltare il Parlamento non sono neofascisti, ma neomiscredenti

di Angelo Lucarella

Capitol Hill nel 2020 e quanto accaduto in Brasile non rappresentano netti e veri neofascismi di massa, ma neo-masse, fortemente disorientate e fomentate

L'assalto al Parlamento in Brasile? Non etichettiamo immediatamente i simpatizzanti di Bolsonaro come "fascisti"

I bolsonaristi (simpatizzanti e sostenitori dell’ex Presidente brasiliano) hanno tentato di far rivivere l’esperienza statunitense di Capitol Hill avvenuta dopo la sconfitta di Trump nel 2020. Una dinamica simile, quella appena accennata, che ha animato l’assalto al Parlamento sudamericano di domenica 8 gennaio 2023: un fiume di persone intente ad occupare le sedi istituzionali per qualche ora, devastandole. Non un accenno di dichiarazione di rovesciamento dell’ordine democratico. Non una rivendicazione politico-rivoluzionaria.

In molti, come lo stesso Presidente Lula, hanno etichettato quanto accaduto come frutto di neofascismo e di operazione direzionata dal leader dei conservatori di destra: l’ex Presidente Bolsonaro appunto. Sia sul primo fronte che sul secondo ci sono da chiarire alcuni passaggi perché il punto di arrivo del ragionamento potrebbe essere diverso rispetto a quanto sinora supposto.

In Europa sappiamo bene cosa sia un fascismo (e anche un nazismo) e in Brasile sanno bene cos’è una dittatura, avendola vissuta fino a metà degli anni ottanta del secolo scorso. Su questo piano, occorre riprendere Umberto Eco il quale inquadrò alcune caratteristiche del fenomeno politico fascista: ad esempio il culto esasperante della tradizione; il rifiuto del modernismo; l’irrazionalismo del “culto dell’azione per l’azione” dove la cultura in sé per sé è sospetta; la non accettazione della critica; l’ossessione del complotto; ecc.

Ora, se ci si sofferma un attimo su questa minuta elencazione si può affermare come la presunta destra brasiliana, al pari di quella che in “Trump trust”, sia incline ma non incarnatrice di fascismo per un fattore su tutti: manca la parte ideologica che viene confusa e mischiata (forse appositamente per scelte strategico-comunicative) con le radici del conservatorismo democratico.

Questo la dice lunga sul come il tandem Trump-Bolsonaro abbia reso i rispettivi elettori (di area conservatrice, ma che tale non è) fedelissimi ma, al contempo, miscredenti. Miscredenti a tal punto da delegittimare (con le parole, gli atteggiamenti, il condizionamento psico-comunitativo, ecc.) il senso autentico e simbolico che rappresentanza un Parlamento.

Un fascista, il più convinto e vero (quello di Umberto Eco insomma) non ha interesse a distruggere e devastare il luogo del potere perché quest’ultimo è l’oggetto-fine del movimento ideologico: d’altronde la rivoluzione si fa anche nel Palazzo (ed è ciò che accomuna tutti i moti rivoluzionari: vedasi anche il comunismo).

Quel che pare emergere della matrice politica “Trump-Bolsonaro” è come si utilizzino le linee fisionomico-conservatrici per infondere certezze identificatorie a quegli elettori che votano nella convinzione vi sia di fondo una base storica su cui fare leva per le politiche da proporre e portare avanti. Significa, però, che questi elettori sono il prodotto e non il motore di quella politica; tant’è che è stato lo stesso “prodotto politico” che, letteralmente, ha assaltato le sedi della democrazia in assenza di input del leader (almeno così pare sino ad oggi).

Allora Capitol Hill nel 2020 e quanto accaduto in Brasile in questo inizio di 2023 non rappresenterebbero netti e veri neofascismi di massa, ma neo masse fortemente disorientate e fomentate. Una fetta di popolazione, quindi, resa “automa” per effetto di quel che una certa politica ha raccontato loro insinuando il desiderio irrefrenabile della presa del potere infischiandosene della sconfitta elettorale.

Tutta questa gente non etichettiamola immediatamente come fascista; sarebbe un paradosso storico, empirico ed un male socio-politico (per quanto non sia da escludere che alcuni gruppi fascisti esistano davvero). Piuttosto preoccupiamoci di recuperarne il senno e il senso democratico iniziando ad affermare un principio: i “conservatori” (ispirati politicamente) sono una cosa, i “conservativi” (del proprio elettorato) sono altro.

I primi sono nel gioco democratico e ci credono, i secondi sono nel gioco dei sondaggi e su questi si instradano. Chi ne paga le conseguenze? La gente che fugge, dispersa, ingannata. Una volta si poteva definire come politica della credulità popolare.