Esteri

Da Suez, la nuova riscossa per l’Egitto?

A circa 150 anni dalla sua fondazione (1869), il Canale di Suez torna a nuova vita grazie all’apertura di un secondo percorso che permetterà una maggiore transito di navi e merci dal Mar Rosso al Mar Mediterraneo, una riduzione drastica dei tempi di attesi e in prospettiva più introiti per le asfittiche casse egiziane.
 
Dai 37 chilometri della nuova sezione di Suez, che corrono in parallelo ai 73 della vecchia arteria, transiteranno entro il 2023 ben 97 navi al giorno (a fronte delle 48 finora calcolate) e il governo e l’autorità marittima garante del Canale stimano entrate di circa 10-11 miliardi di dollari per il 2015 (le entrate accertate nel 2014 erano di 5,2 mld $) e di oltre 13 miliardi di dollari entro il 2023. Allo stesso tempo, le navi che attraverseranno il Canale dimezzeranno i tempi di attesa (passando dalle 18 alle 11 ore) e ridurranno i costi di trasbordo di oltre il 40%. Il raddoppio dell’opera è stato annunciato in diretta tv da Ismailia il 5 agosto 2014 da Mohab Mamish, presidente dell’autorità che gestisce il Canale di Suez.
 
I lavori di ampliamento, costati all’incirca 9 miliardi di dollari – gran parte dei quali provenienti da obbligazioni nazionali – e costruito in tempi record (un solo anno a fronte dei tre previsti inizialmente), si rifanno ai progetti di Mubarak e Mursi e sono stati realizzati dalle forze armate egiziane. L’infrastruttura dovrebbe permettere la creazione di oltre un milione di nuovi posti di lavoro, grazie alla costruzione di progetti paralleli come cantieri navali, stazioni di servizio per i cargo ma anche resort per passeggeri, in modo tale da fare della zona del Canale di Suez una sorta di Free Trade Area capace di reggere la concorrenza regionale e internazionale. In questa grande opera dovrebbero confluire anche capitali russi e cinesi. Nelle intenzioni del governo il nuovo Canale – che rappresenta il 4% del pil nazionale – e il suo indotto industriale potrebbero garantire all’economia egiziana una crescita fino al 35% delle sue risorse entro il 2050. Il progetto rappresenta uno dei pilastri della nuova politica economica e di infrastrutture annunciata da al-Sisi anche se va ricordato che, allo stesso tempo, tali progetti faraonici non mitigano una situazione politica e sociale ancora difficile per il paese, ricaduto sotto il controllo di un regime autoritario di stampo militare, dopo l’inizio della fase di democratizzazione a seguito della caduta di Mubarak nel 2011.
 
La cerimonia di inaugurazione ad Ismailia è avvenuta in un clima di massima allerta nel timore di possibili attentati terroristici e con un dispiegamento di oltre 10.000 uomini tra poliziotti, esercito e forze di sicurezza tra le cinque province interessate e/o reputate altamente strategiche per diversi motivi (Cairo, Ismailia, Port Said, Sharqiya e Qalyubia). Oltre al governo in gran completo con in testa il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, alla cerimonia hanno partecipato diversi leader mondiali tra cui il presidente francese François Hollande, il primo ministro russo Dmitry Medvedev e il premier greco Alexis Tsipras. A rappresentare l'Italia il ministro della difesa, Roberta Pinotti
 
In questo territorio strategico a cavallo tra la Penisola del Sinai e l’Egitto continentale, il presidente al-Sisi sta giocando gran parte della propria credibilità politica internazionale. Infatti, l’apertura della nuova sezione del Canale rappresenta la principale carta politica ed economica su cui il governo egiziano ha puntato in ottica di un rilancio economico e di immagine internazionale, dopo le due rivoluzioni che hanno deposto due presidenti e una transizione politica complessa, non ancora terminata e lungi da pericolose derive repressive.

da http://www.ispionline.it