Esteri

Etiopia, Tigrai: uno scontro che l’Occidente fatica a comprendere

di Marilena Dolce

Ritiro delle truppe eritree, aiuti umanitari, indagini indipendenti su crimini di guerra e posizione Ue: tutti i punti su una storia che va capita

L’Occidente fatica a comprendere lo scontro iniziato lo scorso novembre nella regione del Tigrai a nord dell’Etiopia. Una guerra trasformata ora in guerriglia tra il governo federale di Addis Abeba e le milizie del Tplf, che al momento sono rifugiate nelle aree rurali.

Per capire l’accaduto, bisogna destreggiarsi nell’incredibile quantità di fake news costruite più o meno maldestramente a beneficio della stampa internazionale.

La verità è che nelle situazioni di emergenza quali catastrofi naturali, disastri e anche guerre, la disinformazione viene spesso utilizzata come arma e le voci non confermate finiscono per trasformarsi in notizie screditando anche fonti solitamente affidabili. Il lavoro del giornalista dovrebbe essere quello di verificare i rapporti e le storie che vengono riportate.

Un esempio eclatante è il caso di Monna Liza, giovane donna tigrina presentata dalla stampa internazionale come vittima civile delle sevizie dei soldati eritrei. Il suo nome rinascimentale conquista in Italia il titolo di un quotidiano che chiede addirittura  al premier Abiy Ahmed di restituire il Nobel per la Pace ricevuto nel 2019 perché ne sarebbe indegno, per la terribile amputazione inflitta a una ragazza innocente.

Un’attenta verifica permette di svelare però che Monna Liza è una combattente del Tplf, (Tigray People’s Liberation Front) e che, prima delle interviste e foto da lei rilasciate alla  BBC e a Al Jazeera, dove afferma di essere stata vittima di stupri e sevizie, era stata contradetta dal proprio padre che rivelava a una televisione locale che la figlia era stata ferita durante l’assalto al Comando del Nord, perché combatteva accanto alle forze dell’Esercito di Liberazione del Tigrai.  Ciò conferma che quella innescata dal Tplf è una guerra senza esclusione di colpi, caratterizzata da una campagna mediatica che fa leva sulle denunce di violazioni dei diritti umani per attirare la simpatia e il sostegno della comunità internazionale. Inoltre i miliziani sono coinvolti nel reclutamento di bambini-soldato e presunti testimoni di atti orribili perché li raccontino ai media per screditare quelli che sono considerati invasori.