Esteri

Etiopia, Tigrai: uno scontro che l’Occidente fatica a comprendere

di Marilena Dolce

Ritiro delle truppe eritree, aiuti umanitari, indagini indipendenti su crimini di guerra e posizione Ue: tutti i punti su una storia che va capita

In risposta alle accuse delle organizzazioni internazionali contro l’esercito federale etiopico e contro l’esercito eritreo, il premier Abiy Ahmed e il presidente Isaias Afwerki hanno comunicato la necessità di una verifica seria e indipendente sui fatti realmente accaduti, dicendo di voler punire in maniera esemplare i responsabili, indipendentemente dalle loro origini e dalla loro identità. Tuttavia, secondo i due leader, l’Unione Europea non sta capendo gli sforzi dei rispettivi governi per combattere il Tplf, grave minaccia d’instabilità per tutto il Corno d’Africa. Hanno inoltre denunciato lo spazio dedicato dai media internazionali alla campagna di disinformazione condotta da quello che considerano un movimento terrorista che vuole la destabilizzazione in Etiopia e nel Corno d’Africa.

Sull’incontro di Asmara si esprime, con richiesta esplicita di anonimato, un alto funzionario Ue:  “che Abiy sia andato adesso in Eritrea è un passo importante”, dice. “Innanzi tutto” prosegue “è stata l’occasione per ammettere la presenza di truppe eritree sul confine tra Eritrea e Tigrai. Inoltre, Abiy ha consentito l’accesso nel Tigrai non solo alle organizzazioni internazionali umanitarie, ma anche a chi potrà condurre un’indagine indipendente sui crimini di guerra”. In effetti un’indagine indipendente è necessaria, ma sarebbe importante che le parti in causa fossero coinvolte, per evitare pericolose strumentalizzazioni. Gli chiedo, quindi, di capire la posizione Ue sulla vicenda.

“Premetto” dice, “che la conoscenza che l’Occidente ha del Tigrai e dell’Eritrea è così superficiale che ogni tanto è difficile capire le decisioni che la Ue prende, anche per chi ne è all’interno”.