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Francia, Marine Le Pen ago della bilancia. E non farà sconti a Macron

Macron si gioca tutto in questo anno in cui il Parlamento non può essere sciolto, Le Pen è pronta a votare altre mozioni di sfiducia. Panarari ad Affari: "La sua scommessa è divenire la prima Presidente della storia francese"

di Samuel Botti

Francia, Marine Le Pen ago della bilancia. E non farà sconti a Macron

Crisi in Francia, dopo il voto di sfiducia coordinato dall’estrema sinistra del Nouveau Front Populaire e l’estrema destra del Rassemblement National che ha visto cadere il governo Barnier, il presidente Emmanuel Macron si trova a dover scegliere il quinto primo ministro nel giro di un anno.

Di dimissioni presidenziali non se ne parla, ma cresce il rischio di un periodo di “mini governi” fino alle prossime elezioni, che per legge potranno svolgersi solo dopo un anno dallo scioglimento del parlamento. Marine Le Pen ha già messo le mani avanti: "Posso benissimo votare ancora una volta una mozione di censura", ha dichiarato in un’intervista a Le Figaro.

In un periodo di confusione e di instabilità, la leader della destra francese tiene sotto scacco il presidente ed appare protagonista in qualsiasi scenario possibile. Ma quali potrebbero essere le conseguenze? Ne abbiamo parlato con Massimiliano Panarari, professore di sociologia della comunicazione all’Università di Modena e di Reggio Emilia. "Le Pen? Per Macron l’obiettivo rimane quello di averla all’opposizione". L’intervista.

Panarari, Marine Le Pen è sempre più l’ago della bilancia. C’è una possibilità che possa aiutare Macron o che diventi addirittura Primo Ministro?

Questa ipotesi è assolutamente da escludere. Macron ha due direttrici che convergono in questo caso, cioè l'esclusione dalla possibilità che accedano alla condizione di Primo Ministro i leader dei due partiti estremi, Rassemblement National da un lato e La France insoumise dall’altro.

La scommessa che aveva inizialmente tentato, e che sta all'origine della decisione di sciogliere l'Assemblea nazionale e di andare alle elezioni, era quella di disarticolare il quadro politico e di cercare di costruire una nuova maggioranza centrista che accogliesse comunque il partito socialista, o parti del partito socialista. Cosa che non gli è riuscita.

A questo punto era diventato prevalente l'obiettivo di evitare che La France insoumise, che dal punto di vista numerico egemonizza il Nouveau Front Populaire, diventasse partito di governo. Adesso in qualche modo lo schema di gioco torna ad essere quello iniziale, con le consultazioni anche del partito socialista.

Le Pen si è già detta pronta a ripetere il voto di sfiducia. La Francia è destinata a vivere un periodo di instabilità fino alle prossime elezioni?

Quella a cui assistiamo è una trasformazione profonda. Spesso si è parlato di crisi all'italiana, in realtà non è una crisi all'italiana, perché le caratteristiche dei due sistemi istituzionali sono sempre state molto diverse. Il punto che abbiamo appreso improvvisamente è che il semipresidenzialismo, che aveva garantito per decenni la stabilità del quadro politico francese, oggi non funziona più.

Non funziona più in un contesto in cui il sistema politico e l'offerta partitica che lo aveva sorretto sono diventati anch'essi molto instabili e soggetti ad una volatilità all'interno del corpo elettorale e delle opinioni degli elettori. Questo fa sì che oggi potremmo essere di fronte ad una crisi passeggera, ma se non si riconfigura e non si riforma un'offerta politica destinata a maggiore stabilità, anche alla luce della crisi generale del modello delle democrazie rappresentative in Occidente, l'instabilità potrebbe diventare permanente. Da questo punto di vista siamo di fronte ad un crinale che in qualche modo va al di là degli stessi protagonisti. Macron aveva scommesso fortemente sulla riconfigurazione del sistema politico e dell'offerta partitica della quinta Repubblica, esattamente come Le Pen.

Il punto è che il modello della maggioranza centrista è entrato in crisi naturalmente perché le trasformazioni sociali, la crisi generale e i problemi fiscali dello Stato francese fanno sì che quella proposta, che all'inizio era stata salutata con grande ottimismo, non si sia rivelata adeguata a fronteggiare tutte le problematiche che ne sono nate. 

Oggi Macron sta giocando in maniera tattica, anche in maniera molto spregiudicata, avendo contro la grande maggioranza dei francesi, ma sapendo di avere comunque, ed è questa la ragione per cui ha sciolto inizialmente il Parlamento, un anno all'interno del quale non è possibile sciogliere nuovamente l'Assemblea nazionale. La sua scommessa è stata sostanzialmente questa.

Qual è il suo obiettivo?

Questo vuol dire che il Presidente può alimentare nuove ipotesi di governi, ma naturalmente il nodo è che se più di un’ulteriore ipotesi dovesse naufragare la situazione diventa molto difficile anche per lui, perché a quel punto solo le sue dimissioni consentirebbero di riaprire la situazione.  Oggi, il suo tentativo è quello di configurare altre maggioranze destinate ad avere Le Pen all'opposizione.

Del resto, il primo tentativo del governo Barnier era stato quello di addomesticare il Rassemblement National; peraltro, è stato fatto sulla base di una trattativa molto serrata e molto forte che si era sviluppata con Marine Le Pen, che si era dichiarata disponibile a più riprese a fornire un appoggio esterno, cosa che poi ha fatto venire a mancare per una serie di ragioni che vanno da motivazioni politiche fino al quadro giudiziario.

Come dicono molti osservatori, c’è il timore che arrivi a maturazione il processo riguardante l’accusa di appropriazione indebita, e naturalmente il tema dell'incandidabilità, che per lei diventa un tema estremamente problematico. La scommessa di Marine Le Pen è quella di diventare la prima Presidente della storia francese.

Qual è la sua previsione realistica per un governo stabile in questo periodo?

Tutto ruota intorno alla possibilità che dentro il partito socialista si apra effettivamente un approccio positivo all'entrare in maggioranza. C’è contro il fatto, e questo è l’obiettivo di Macron, di andare a infrangere il patto che aveva presieduto al Nouveau Front Populaire, all'interno del quale, tuttavia, le posizioni dei socialisti non sono coincidenti con le posizioni di La France insoumise, in particolare del suo leader Melenchon, che ha fatto di questo partito di sinistra ultra-rouge un partito personale.

Dal momento che questo tipo di sinistra massimalista è, da almeno 10 anni, maggioritaria all'interno dell'opinione pubblica di sinistra francese, il timore dei socialisti è quello di andare naturalmente a prestare il fianco ad accuse di tradimento e ad essere oggetto di ripercussioni dal punto di vista elettorale. Un altro elemento riguarda i Verdi, ovvero quanto la decisione di aprire al governo possa essere condivisa oppure rigettata da loro.

L'altro nodo riguarda poi la spendibilità dei socialisti all'interno di una maggioranza che sarebbe sostanzialmente orientata dai macroniani, ma in cui Macron intende accogliere anche ex gollisti. Dunque, il nodo diventa quello del tipo di politiche da presentare ai propri elettori venendo da un'esperienza frontista di sinistra per i socialisti.