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Esteri
Gerusalemme, le fake news di Erdogan

Si è sempre costretti a ritornare ai problemi della Palestina perché essa offre più spunti di altre regioni per dimostrare come la definizione di homo sapiens, che ci attribuiamo, sia spesso abusiva. Con la definizione di “sapiens” credo si voglia alludere alle qualità speciali dell’uomo: il linguaggio, l’enorme capacità di costruire utensili e un’intelligenza che si esprime al suo massimo grado con la razionalità e l’astrazione. Dal momento che i dizionari definiscono la razionalità come “ciò che corrisponde alla ragione” (riportandoci così al punto di partenza) azzarderò un chiarimento.

Se qualcuno guarda il cielo nuvoloso e commenta: “Accidenti, proprio ora che devo uscire io si mette a piovere” dice qualcosa di perfettamente umano. Sostiene serenamente che il tempo fa piovere sull’intera città soltanto per bagnare lui. Perché una simile affermazione non può essere detta razionale? Perché non trova nessun riscontro nei dati di cui si dispone. Anzi, più ci si riflette, meno è valida. Razionale è collegare la pioggia alla pressione barometrica, alla temperatura, ai venti, e insomma ai dati obiettivi della meteorologia. È razionale ciò che trova conforto nella osservazione della realtà.

L’uomo tuttavia tende ad una rappresentazione mitologica del reale e, benché la razionalità sia reputata la sua caratteristica più specifica, non può certo dirsi che sia stata una conquista facile. Basti dire che al metodo scientifico si è arrivati appena tre o quattro secoli fa, dopo milioni di anni di evoluzione. Il livello medio di razionalità è ancora oggi notevolmente basso. Il pensiero magico non è stato ancora vinto, e prevale nell’uomo quanto più egli è incolto, emotivo, istintivo. Se così non fosse non avremmo ancora gli oroscopi, le cartomanti, i demagoghi e le medicine alternative. E allora, perché lo Stato della Palestina è l’occasione per mettere in discussione la razionalità dell’uomo? Perché non esiste e quando si tratta di esso delirano anche i governanti.

Questi sono spesso inferiori alla media in quanto a moralità, ma sono largamente superiori alla maggior parte dei cittadini come razionalità, perché la razionalità è uno strumento di potere. E se dicono sciocchezze o accarezzano l’emotività del popolo, lo fanno in malafede, sapendo di mentire. Il loro limite è soltanto il ridicolo. Se promettono cinquecento euro a testa, molti saranno abbastanza ingenui da credergli. Se invece promettessero cinquantamila euro a testa, tutti si metterebbero a ridere. Ebbene, la Palestina è l’unico caso a proposito del quale i governanti non hanno il senso del ridicolo, o almeno contano sul fatto che ne siano assolutamente privi i loro governati.

È notizia di oggi che a Istanbul si è aperto il vertice straordinario dell'Organizzazione della cooperazione islamica (Oic) e in questa occasione Recep Tayyip Erdogan, il dittatore islamico della Turchia, ha affermato che "dobbiamo riconoscere lo Stato di Palestina con i confini del 1967, e "Gerusalemme come capitale dello stato occupato di Palestina". Cominciamo dall’uso del verbo riconoscere, il quale significa identificare qualcosa come già noto ed esistente. Se vedo la fotografia di mio cugino, dico: “Riconosco mio cugino”. Se Erdogan vuole riconoscere lo Stato della Palestina e Gerusalemme Est come sua capitale, è segno che quelle entità esistono già. Cosa che francamente non risulta. Non soltanto quella regione non è indipendente, ma non lo è mai stata.

La Polonia nel 1941 poteva avere un governo in esilio, perché prima dell’invasione russo-tedesca era già uno Stato, ma la Palestina giuridicamente non è mai esistita. Perfino dopo il disfacimento dell’Impero Ottomano quel territorio ha fatto parte della Giordania, che in seguito ha rinunciato alla sua sovranità su di esso. Si tratta di un territorio occupato, non di uno Stato occupato. Naturalmente, visto che c’era il festival dell’insipienza, i giornalisti italiani ci si sono buttati a capofitto, e tutti i media hanno parlato seriamente di Gerusalemme Est (che dal punto di vista internazionale non esiste più dei Parioli o del Testaccio) come capitale della Palestina, la quale a sua volta non esiste, come Stato, più di quanto esista il Molise.

Ma tutto fa notizia, e tanto basta. Sarà banale, ma non si può proclamare propria capitale una città sotto la sovranità altrui. Che i musulmani dicano che “Gerusalemme Est” è la capitale dello “Stato di Palestina” non è affermazione più seria di quella secondo cui le riserve d’oro di Fort Knox appartengono a me. Questo genere di discorsi, mentre rinfocola l’odio e i rancori, non fa certo avanzare la causa della pace. Il documento inoltre definisce la decisione di Trump «illegittima» e «illegale». Illegittimo e illegale hanno, come etimologia, la parola legge. E allora si dica quale legge vieta ad Israele di scegliersi come capitale Gerusalemme, città sotto la sua sovranità.

Quale legge vieta agli Stati Uniti di aprirvi un’ambasciata, dopo averla riconosciuta capitale d’Israele decenni fa. Ma è come parlare ai sordi. A conclusione del summit, Erdogan ha affermato che «gli Usa non possono più essere mediatori nel processo di pace», perché non sono neutrali. È neutrale lui, che definisce Israele “uno Stato terrorista” che uccide i bambini? Che il discorso di Erdogan e la decisione finale dell’Oic non siano stato accolti da una salva di risate, nel mondo, dimostra che, se un giorno qualcosa farà estinguere la specie umana, non sarà l’eccesso di razionalità.

*giannipardo@libero.it 

Tags:
gerusalemmeistraelepalestina trumptensioni medio oriente





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