Esteri
Ucraina: le bombe di Putin su Kiev sono bombe su Berlino, Parigi e Roma
L'impotenza di Nato e Unione Europea permette a Putin di portare avanti il progetto della neo-URSS
Guerra Ucraina, Bombe su Kiev... e metaforicamente anche su Roma, Parigi e Berlino
Dunque siamo in guerra. Ma non una scaramuccia da qualche migliaio di morti come spesso accade in qualche repubblichetta dal nome impronunciabile, stamattina l’Europa è tornata indietro di quasi un secolo, anche se le carte questa volta le ha date per primo il vero padrone di questa rancida alleanza che discute della qualità dei chicchi del caffè da importare o se il vino produca il cancro.
Un disastro assoluto con una sequenza di piccoli attori saltellanti che si sono prostrati a vario titolo davanti allo Zar, senza riuscire a fargli cambiare di un millimetro i suoi piani geopolitici chiari a tutti e da tempo.
La diplomazia è morta perché la disparità tra gli attori in campo è mostruosa, il Moloch Cina-ex URSS ormai deve solo decidere quando e come annettere tutto quello che da fastidio ad un espansionismo dettato da regole commerciali, economiche e storiche.
In fondo cosa siamo noi da quella parte di mondo che un tempo si chiamava Occidente? Un’espressione geografica, un’area culturare che crede ancora di poter influenzare il futuro dell’umanità, senza leader, senza imperatori e senza soldi, dunque? Bombe su Kiev e guai se qualcuno bisbiglierà qualche forma marginale del dissenso, ma quelle bombe metaforicamente sono su Roma, su Parigi e su Berlino, perché l’immagine sorniona da tigre siberiana di Putin è più convincente di un missile atomico, e quel vecchio signore che sonnecchia a Washington, non fa paura neppure ai rapper del Bronx, ed è meno ascoltato della muta tedesca von Der Layen. Che cosa possiamo fare se ci tolgono il gas, in attesa che la transizione ecologica diventi il sol dell’avvenir, mentre non siamo d’accordo su nulla, e la Nato sembra un dinosauro congelato sul set di un film di James Bond, ma uno dei primi, e gli Hacker-Star di Mosca disattivano anche le più flebili difese della povera Ucraina.
Il progetto della neo-URSS unisce leninismo, stalinismo, antinazismo, reminiscenze ortodosse, oligarchie stellari e ricatti interplanetari, e lo Zar Vladimir I, ha già capito dai tempi della Crimea che l’Europa chiede solo di trattare, ma le condizioni saranno simili a quelle della Germania dopo la prima guerra mondiale: un capestro. Poi ci fa tenerezza il bibitaro-Ministro che legge le veline che gli passano solo per evitare errori di ortografia, cosa può saperne Giggino dei miliardi di euro nelle banche, degli accordi commerciali, e soprattutto della riscoperta della geo-politica, come un certo Faraone che ha affermato che le sanzioni europee faranno paura alla Russia (e giù risate nello studio).
Aspettiamoci il peggio, ma speriamo che finalmente il baraccone di Bruxelles si renda conto della sua arcaica inadeguatezza di fronte a sfide che non riesce neppure a valutare, mentre sanziona mini-nazionalismi, l’Orso comincia ad annusare il corpo in putrefazione del più grande fallimento della storia degli ultimi decenni, sia da un punto di vista politico che culturale, ma principalmente militare.
Il vecchietto americano tra un pisolino e l’altro continua a telefonare ai piccoli leader oltre atlantico ma ha trovato spesso il telefono occupato, vuoi vedere che a Roma, a Berlino o a Parigi qualcuno stia trattando non solo per la pace ma direttamente per la resa? Noi abbiamo sempre amato la grande madre Russia e non ci dispiacerebbe essere concittadini di Stravinskij, Dostoevskij, Pasternak, Eisenstein, Procof’ev, Caikosvikij, Gagarin, Sostakovic, Tolstoi, Gogol, Musorgski, e mille altri, e per lo Zar spostare la capitale europea da Bruxelles a Mosca in fondo è un gioco da ragazzi.