Esteri

Mario Paciolla ucciso per l’indagine che portò alle dimissioni del ministro?

Mario Paciolla, il cooperante Onu napoletano di 33 anni trovato impiccato in Colombia, a San Vicente de Caguàn, il 15 luglio scorso, aveva indagato su un bombardamento compiuto dai militari contro un villaggio di dissidenti Farc, in cui erano morti anche 7 adolescenti. Il materiale era stato fatto avere a un senatore dell'opposizione, Roy Barreras, presidente della Commissione per la pace con le Farc, che lo aveva utilizzato per mettere alla berlina il governo, e costringere alle dimissioni il ministro della Difesa, Guillermo Botero.

Sarebbe in questo complicato dossier il movente della morte del giovane napoletano, una morte inizialmente considerata un suicidio, al quale però i genitori di lui non hanno mai creduto. È stato El Espectador, autorevole giornale colombiano, a pubblicare lo speciale della giornalista investigativa Claudia Julieta Duque.

"Mario Paciolla: ¿el costo de la caída de un ministro?", è il titolo dell'articolo in cui si racconta del bombardamento del 29 agosto nel villaggio di Aguas Claras, nel comune di San Vicente del Caguán, in cui morirono 7 ragazzini tra i 12 e i 17 anni; delle indagini della Missione Onu (e di Paciolla) sulle circostanze di quel bombardamento, della fuga di notizie su quel materiale e della successive dimissioni dell'allora ministro della Difesa, Guillermo Botero. "Non mi sento più sicuro in Colombia", scriveva il giovane pochi giorni prima di morire.

Il giovane non si sentiva più sicuro tanto che, nel novembre 2019, durante una vacanza a Napoli, cancellò le sue foto personali e della sua famiglia dai social network, rese privato il suo account Facebook, cambiò la password e, anche se lasciò aperto il suo account Twitter, soppresse i suoi tweet; chiese a un amico di eseguire il backup dei dati del suo personal computer e al suo padre, Giuseppe Paciolla, di separare la connessione Internet del suo appartamento da quella della casa di famiglia".

Tra il 19 e il 21 novembre, sempre in Colombia, Mario Paciolla racccontò a diverse persone vicine che lui e alcuni suoi colleghi della Missione di verifica delle Nazioni Unite assegnata all'ufficio di San Vicente del Caguán avevano subito cyber-attack dopo lo scandalo che due settimane prima avevano provocato le dimissioni del ministro della Difesa, Guillermo Botero. "Insieme ai suoi colleghi della Missione, il volontario delle Nazioni Unite ha documentato i dettagli dell'attentato del 29 agosto nel villaggio di Aguas Claras, nel comune di San Vicente del Caguán, contro il campo di Rogelio Bolívar Córdova, alias Gildardo el Cucho, in cui morirono sette minori di età compresa tra 12 e 17 anni. Attraverso denunce giornalistiche si è poi appurato che molti altri rimasero a terra".

"Con il rigore che lo caratterizzava, Mario Paciolla era stato tra quelli incaricati di verificare le circostanze del bombardamento, in particolare la morte degli adolescenti reclutati da Cucho, comandante dei dissidenti dei fronti FARC 7, 40 e 62; e anche il successivo spostamento forzato delle loro famiglie e le minacce al funzionario portoricano, Herner Evelio Carreño, che in precedenza aveva informato l'esercito che nella zona si reclutavano minori".

Paciolla - trovato morto nel suo appartamento il 15 luglio - si sentiva "in pericolo, tradito ed era irritato con i suoi superiori" e aveva informato anche la sua cerchia ristretta di aver chiesto il suo trasferimento in un'altra sede della Missione dopo aver appreso che, per decisione di Raúl Rosende, direttore dell'area di verifica dell'agenzia, parti dei rapporti da lui compilati erano arrivati a Roy Barreras, il senatore che con la sua denuncia e la mozione di censura contro Botero, il 5 novembre, aveva assicurato un duro colpo ai vertici militari e costretto alle dimissioni il ministro.

Durante la sua permanenza al ministero, Botero fece pressione affinché il mandato della Missione, che si rinnova ogni settembre, non fosse approvato per il 2019. Secondo le fonti, in più di un'occasione Botero rifiutò di ricevere la Missione, e nel primo incontro ufficiale con il messicano Carlos Ruiz Massieu, capo dell'organizzazione, li ringraziò per il loro lavoro e alla fine concluse: "Continuiamo noi”, espressione interpretata come il benservito".

La decisione di far filtrare le informazioni sul bombardamento, "materiale di natura sensibile e riservata, fu presa nelle ultime settimane di ottobre da funzionari che, coordinati da Rosende, selezionarono la documentazione che sarebbe stata consegnata per il dibattito sulla mozione di censura del senatore Barreras". Del fatto che fosse stato consegnato materiale al senatore Barreras - il che comunque era una violazione delle norme che governano la Missione - non fu informato, Carlos Ruiz Massieu, rappresentante speciale del segretario generale Onu per la Colombia, perchè c'erano riserve su di lui (all'interno della Missione; ndr) "per la sua presunta vicinanza al governo di Iván Duque e all''uribismo'".

"Non era la prima volta che Rosende nascondeva informazioni a Ruiz Massieu: in qualità di capo delle delegazioni regionali e locali della Missione, l'uruguaiano bloccava l'accesso dei rapporti al suo capo. 'Le informazioni sono oro nella polvere e chi le gestisce a piacimento è Raúl Rosende', ha raccontato una fonte. Il fatto che la fuga di notizie fosse stata taciuta a Ruiz Massieu e che questa avesse messo in pericolo i funzionari Onu che avevano raccolto il materiale - tra i quali Mario Paciolla - spaccarono la Missione nelle settimane successive al dibattito: ci fu chi celebrò la caduta del ministro e chi, prevedendo ritorsioni da parte delle Forze Armate, denunciò la fuga di notizie e l'interruzione dei canali ufficiali di comunicazione con il governo".

Roy Barreras, presidente della Commissione per la pace del Senato, è stato consultato da Claudia Julieta Duque a proposito di questa ricostruzione dei fatti e ha smentito di aver ricevuto alcun materiale dalla Missione di verifica delle Nazioni Unite sull'attentato a Caguán, sostenendo che le sue fonti sono stati ufficiali dell'esercito, stanchi delle azioni militari e degli abusi da loro compiuti contro i diritti umani.