Esteri
Merkel, la regina d’Europa rinvigorita dal Covid. Sfida a 3 per la successione
In Germania la cancelliera ha gestito con saggezza il virus, soprattutto in primavera, ma tra poco dovrà lasciare lo scettro
La prova della pandemia
Se il 2020 per molti doveva essere l’anno in cui Angela Merkel si sarebbe avviata mestamente sul viale del tramonto politico, il destino e il fato, o più semplicemente il Covid, sembrano aver rinviato quel momento. La pandemia ha infatti rivitalizzato la cancelliera tedesca, che ha saputo guidare il proprio paese con rigore ed equilibrio anche in un periodo storico come quello attuale. I dati lo testimoniano, nonostante questa seconda ondata stia colpendo duramente la Germania. L’istituto di monitoraggio Robert Koch (l’organo preposto dal governo per controllare l’andamento del Covid) ha contato circa 1 milione e 100mila contagi complessivi dall’inizio della pandemia. I decessi totali sono invece meno di 18mila e proprio in questi ultimi giorni si sono registrati i record quotidiani di morti.
Durante la prima ondata la Germania è stata considerata in tutto il mondo un modello vincente nel contrasto alla diffusione della pandemia, grazie a un’organizzazione meticolosa nei test di massa e di strutture ospedaliere preparate e adeguate. La seconda ondata, come detto, ha avuto un impatto ben più pesante nella Repubblica Federale. La cancelliera ha sempre cercato di mantenere dritta la barra, motivando spesso in prima persona e in maniera chiara ma non banale le misure imposte dal governo. Recentemente Merkel ha prolungato le disposizioni restrittive anti-Covid, iniziate 2 novembre scorso, fino al 10 gennaio. Palestre, bar, ristoranti e teatri rimarranno quindi chiusi mentre le scuole sono aperte, con l’obbligo dell’uso delle mascherine in determinate circostanze.
La guida dell’Europa
In un periodo in cui il Covid ha monopolizzato l’agenda di ogni paese, la Germania di Angela Merkel ha assunto la presidenza semestrale dell’Unione europea. Berlino ha sicuramente avuto un ruolo fondamentale nella mediazione tra i diversi paesi, in seno alle istituzioni Ue, divergenti rispetto al piano di risposta economica dell’Unione. Ma i dossier e le sfide trattate da Merkel in questi mesi sono state diverse. Un esempio emblematico è stato il caso Navalny. La Germania, per decisione della sua cancelliera, ha infatti ospitato durante il periodo di ricovero il dissidente russo avvelenato, sfidando il Cremlino anche a costo di un possibile sacrificio del gasdotto Nord Stream 2.
Invece il ruolo della Germania di Angela Merkel nella contesa internazionale tra Stati Uniti e Cina è stato quello di fungere da perno centrale e da guida di un continente europeo alla ricerca di uno spazio di manovra indipendente. In questi anni il rapporto non proprio esaltante tra Merkel e il presidente americano Donald Trump ha causato un raffreddamento tra i due paesi. Un gelo accentuato dal dialogo tedesco intrapreso con Pechino, soprattutto in ambito commerciale.
La corsa all’eredità
Angela Merkel è stata la leader del partito della CDU (Christlich Demokratische Union Deutschlands) dal 2000 al 2018, mentre è cancelliera dal 2005. Ha già, però, annunciato di non voler correre per un quinto mandato nelle elezioni che si terranno nel 2021. Il congresso del partito centrista tedesco, da cui dovrà uscire il nome del prossimo leader, era stato programmato per il 4 dicembre ma è stato rinviato a metà gennaio per l’aggravarsi della seconda ondata nel paese. All’inizio del prossimo anno quindi, a meno di sorprese, si conoscerà il nome di colui che erediterà la guida della CDU e che, verosimilmente, visto il consenso del partito cristiano-democratico nel paese, sarà il prossimo cancelliere tedesco.
I candidati in lizza sono diversi: Friedrich Merz, Armin Laschet e Norbert Röttgen su tutti, ma anche (forse) Jens Spahn. Merz è un ex manager e raccoglie molti consensi nella base del partito. Per questo ha attaccato l’establishment del partito, reo, secondo lui, di favorire Armin Laschet con il rinvio del congresso. Quest’ultimo, governatore “merkeliano” della Vestfalia, rappresenta invece l’ala liberal-conservatrice del partito. Laschet è ben disposto al dialogo con il partito dei Verdi, potenzialmente fondamentale per il prossimo governo.
Norbert Röttgen è un deputato del Bundestag e già ministro dell’Ambiente. Anche lui avrebbe un canale privilegiato con i Verdi ma anche un’attenzione particolare alle questioni internazionali, grazie alla sua esperienza come presidente della Commissione Esteri del Parlamento. Un possibile outsider potrebbe essere invece il ministro della Sanità Jens Spahn, grazie alla popolarità riscossa durante la pandemia. Il 40enne, prima dell’arrivo del virus, si era offerto come ipotetico vicepresidente di Laschet, ma voci ricorrenti lo indicano come nome caldo per la leadership.
Chiunque uscirà vincitore da questa “lotta” interna si troverà a raccogliere l’eredità difficile e pesante di Angela Merkel. Tuttavia l’obiettivo della Germania, a prescindere da chi la guiderà, sarà sempre uno: rimanere epicentro economico e politico del continente europeo nei prossimi anni.