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Tra Mosca, Bruxelles e Sarajevo: l'intervista al Presidente della Repubblica Srpska Milorad Dodik

Dodik: “Sarajevo mi perseguita, ma io continuo a difendere la pace”

di Redazione Esteri

Dalla condanna a un anno di carcere al mandato d’arresto di Sarajevo, fino ai rapporti con leader globali: l'intervista al Presidente della Repubblica Srpska Milorad Dodik

Signor Presidente, ci sono molte capitali nel mondo in cui può viaggiare liberamente, nonostante il mandato d’arresto di Sarajevo. Si è recato a Mosca, e prima era in Israele, Sarajevo la definisce un "fuggitivo", qual è la sua replica a parole così forti?

È cinismo o malizia. Vogliono incarcerare chi non gli piace, come fanno con i serbi da secoli. Hanno portato uno straniero (ndr, Alto rappresentante Onu) senza mandato che impone decisioni, e su quelle i giudici bosniaci musulmani ci perseguitano. Io non le accetto e mi definiscono “fuggitivo”. Ma penso che un giorno sarò visto come un eroe proprio per questo.

Dopo l'indagine su Călin Georgescu e la sua estromissione dalle elezioni in Romania, che aveva vinto con il maggior numero di voti al primo turno, molti parlano di una crisi della democrazia in Europa e di persecuzione dell'opposizione. Lei vede dei paralleli con la situazione romena? 

Sì, sono perseguitato da musulmani bosniaci per motivazioni politiche, dal globalismo di Bruxelles e da soggetti del vecchio establishment americano. È un processo politico che dura da anni, basato su un tribunale imposto dall’esterno, non previsto dalla Costituzione. Lo stesso è accaduto a Trump negli Usa.

Anche Marine Le Pen?

Sì, anche lei. Come in Romania, da noi, in Germania con l’AfD: chi ha troppo sostegno popolare viene perseguitato giudiziariamente. Nemmeno i comunisti agivano così. Tutto questo dimostra il fallimento dell’Europa, ormai senza leadership, senza risorse, senza valori. L’UE ha perso tutto ciò che pretendeva di rappresentare.

Dove sono i resti di libertà che l'Europa ha perso?

Stiamo lottando nei Balcani, in Serbia e nella Repubblica Srpska. L’errore più grande è stato accettare l’immigrazione incontrollata voluta da Merkel. Ora vorrebbero scaricare i problemi sui Balcani, tenendo chi si integra e rimandando indietro chi non si adatta. Quando rifiutiamo di diventare il loro campo profughi, ci accusano di non essere europei. Ma sono loro a non esserlo.

Dopo il recente verdetto del 26 febbraio nei suoi confronti, un anno di prigione e un divieto di 6 anni a ricoprire incarichi pubblici, lei ha parlato di “sentenza politica”. Ora è stato emesso un ordine di arresto contro di lei. Può spiegare cosa è successo e quali sono i suoi piani?

È un processo chiaramente politico avviato da Schmidt, un alto rappresentante non nominato regolarmente dall’ONU, senza votazione, il quale ha imposto leggi incostituzionali e, dopo che ho firmato una decisione del nostro Parlamento, sono stato accusato di violare le sue imposizioni. Mi hanno imputato crimini contro l’umanità per aver esercitato il mio ruolo, ma con una pena di solo un anno: un’assurdità. Come si può condannare qualcuno che avrebbe commesso crimini così gravi a soltanto un anno? La corte e la procura della Bosnia Erzegovina non sono previste dalla Costituzione, sono strumenti politici inventati. La Repubblica Srpska ha reagito legalmente, dichiarando nullo il funzionamento di queste istituzioni non legittime. Non stiamo ribellandoci: difendiamo la Costituzione. Per 20 anni ho guidato la Repubblica Srpska, che è sopravvissuta nonostante i piani di annientarla. Ora vogliono incarcerarmi per questo, ma io non mollo.

Signor Presidente, su quali leader mondiali fa più affidamento? Rod Blagojevich, ex governatore e congressista americano, ha mostrato il suo sostegno per voi, chi altro oltre a Russia, Israele...?

Abbiamo buoni rapporti in Ungheria, Italia, Serbia, Germania, con AfD, in Francia con il partito di Marine Le Pen, in Israele con il Primo Ministro Netanyahu e in generale con il gruppo "Patrioti per l’Europa", che conta circa 180 parlamentari. Molti parlamentari europei sono sorpresi che uno straniero possa imporre leggi nei Balcani. La situazione è migliorata da quando è andato via un rappresentante dell’amministrazione Biden che aveva causato molti problemi. Quello che stiamo vivendo ora è il risultato delle sue azioni.

Rudy Giuliani ha visitato di recente Banja Luka per dimostrare il suo sostegno alla vostra causa, qual è stato il significato di quella visita e quale messaggio vorreste trasmettere all'amministrazione Trump?

Sì. Concordo con Trump: l’amministrazione Biden è stata la peggiore della storia americana. Ha fatto danni ovunque, soprattutto in Bosnia ed Erzegovina. Se Trump ritiene che quell’amministrazione rappresenti il male, allora lo stesso vale per le sue azioni qui. Gli chiediamo di aiutarci a liberarcene.

Quanto rientra la sovranità della Repubblica Srpska nell'accordo di Dayton, anche Sarajevo apparentemente fa affidamento sull'accordo di Dayton, qual'è il punto?

Sarajevo si presenta come difensore degli accordi di Dayton, ma in realtà li stanno smantellando. Gli USA hanno riconosciuto la Bosnia Erzegovina come Stato tre anni prima della fine della guerra, causando il conflitto. Dayton prevede solo 9 competenze statali, non un consiglio dei ministri pieno di ministeri illegittimi. Noi riconosciamo la Bosnia costituzionale e rifiutiamo quella costruita illegalmente. Le “riforme” imposte dall’estero sono state le violazioni dell’accordo. L’accordo è stato tradito fin dal giorno della firma a Parigi. Tutto questo rientra in un disegno globale, iniziato con Alija Izetbegović, ex membro della divisione estremista Handschaar, autore della "Dichiarazione Islamica". I media occidentali hanno criminalizzato i serbi con false narrazioni propagandistiche. Noi non abbiamo attaccato nessuno, ma da 30 anni subiamo aggressioni. La comunità internazionale ha agito con arroganza e ignoranza, creando istituzioni illegittime e stravolgendo la Costituzione. In 30 anni, hanno costruito una Bosnia e Erzegovina unitaria contro il volere delle entità, senza rispettare le diverse identità. Hanno prodotto una nazione instabile e infelice. Noi ci difendiamo con mezzi politici da un sistema imposto e occupante.

Dopo il verdetto, avete firmato leggi che proibiscono il funzionamento delle istituzioni governative bosniache, il che ha portato a ulteriori accuse di colpo di stato. C'è la possibilità che la situazione degeneri?

Perché si parli di colpo di Stato deve esistere uno Stato, ma quello che c'è ora è un sistema incostituzionale. Noi difendiamo la Costituzione, non la stiamo smantellando. Le leggi devono essere emanate dai parlamenti, non da stranieri o giudici. La Repubblica Srpska ha tutte le strutture statali, vive ed esiste. Sarajevo invece vive nella finzione di uno Stato inventato da chi segue la visione estremista di Izetbegović. Per loro è una questione di sopravvivenza politica.

In quale direzione si sta sviluppando la situazione? Quanto è probabile che lei venga arrestato e ha delle garanzie di sicurezza?

Sono protetto dalla mia polizia come presidente della Repubblica. Ma non sono l’unico perseguitato: anche il presidente del parlamento, il primo ministro e i ministri vengono accusati per aver svolto le loro funzioni. È una persecuzione politica mascherata da giustizia, portata avanti da un sistema fondato sull’islam politico. Il vero obiettivo è smantellare la leadership della Repubblica Srpska e sostituirla con figure controllabili da Bruxelles.

Qual è la tua visione della Bosnia Erzegovina nel prossimo futuro? Ci sono notizie dai croati circa la creazione di una terza entità nazionale.

I croati sono stati fortemente danneggiati dalle decisioni di Sarajevo. I loro diritti garantiti dagli accordi di Dayton sono stati aboliti. Non possono nemmeno scegliere il proprio rappresentante. Vengono rappresentati da qualcuno che non può nemmeno entrare nelle loro città. La Bosnia è un luogo dove la logica si ferma, come disse Ivo Andrić.

Chi tra i bosniaci e i croati è più aperto al dialogo per migliorare la vita in Bosnia-Erzegovina?

Nessuno tra i bosniaci.

E tra i croati?

I croati probabilmente sì. Čović sembra aperto al dialogo. I bosniaci, invece, seguono tutti le idee fondamentaliste di Izetbegović, che prevedeva uno Stato basato sulla sharia una volta diventati maggioranza. La cosa più grave é che l’Occidente ha ignorato tutto ciò.

Qual è il suo suggerimento per risolvere le relazioni con Sarajevo e quale messaggio vuole trasmettere ai serbi di Bosnia?

I serbi devono unirsi intorno alla Repubblica Srpska. È la nostra unica possibilità di vivere in dignità. La forza della Repubblica sta nelle sue istituzioni. Bisogna stabilire un dialogo basato sul rispetto delle due entità e delle tre nazioni costitutive, alla pari, senza interventi stranieri. 

Ha incontrato di recente il presidente Vladimir Putin, che tipo di atmosfera c’era?

L’atmosfera era ottima. Ha confermato che la Russia resta garante degli accordi di Dayton e non abbandonerà questo ruolo. La Russia farà la sua parte al Consiglio di Sicurezza dell’ONU per far emergere la verità sulla situazione in Bosnia Erzegovina. Putin è contrario all’interventismo internazionale e lavorerà all’ONU per fermarlo.