Esteri
Operazione ‘Legend’, Trump manda forze paramilitari nelle città in protesta
A Portland e a Seattle gli scontri più duri. Il ‘Muro delle madri'
Sono continuate nel fine settimana le proteste antirazziste a Portland. Da diverse settimane la città è teatro di violenze e proteste che Donald Trump, con la sua operazione ‘Legend’, pensava di bloccare. Invece l’invio di agenti federali, di agenti della polizia di frontiera e di Marshall ha alzato il livello di scontro a tal punto che persino il sindaco della città ha chiesto che le forze federali venissero ritirate. E le proteste si sono estese in altre città. Nelle ultime due notti gli scontri a Seattle hanno lasciato ‘sul campo’ 45 persone detenute e 21 agenti feriti in una notte di gas lacrimogeni, lanci di oggetti e cariche della polizia.
Le proteste, di una dimensione mai vista dagli anni sessanta, sono ancora in nome di George Floyd, l’afroamericano di 46 anni ucciso da un poliziotto bianco a Minneapolis nel giugno scorso e di 'Black Lives Matter’ il movimento antirazzista che ha ispirato le manifestazioni.
A questo punto Donald Trump, in nome del suo motto ‘Law & Order’, ha deciso di mandare agenti federali a Portland per fermare le proteste. Agenti su cui il Governatore dello Stato e il Sindaco della città non hanno alcuna giurisdizione. Ma l’attività degli agenti non è piaciuta ai democratici che hanno accusato i federali di usare metodi da dittature sudamericane.
A queste accuse Trump ha deciso di lanciare l’operazione ‘Legend’ e mandare ancora più agenti nelle città dove le proteste erano più forti.
Tutte le città dove Trump ha promesso di mandare agenti sono guidate per la maggior parte da democratici. Sembra quindi chiaro che l’operazione ha preso una direzione tutta politica.
Da una parte i Governatori democratici che chiedono ai manifestanti proteste pacifiche per non prestare il fianco alle azioni della polizia federale e dall’altro un Presidente deciso a dimostrare che il suo pugno di ferro funziona e sostituisce l’incapacità dei politici locali.
Ma i cartelli delle proteste a Seattle parlavano chiaro ’viviamo in uno stato di polizia’, ‘federali a casa’.
Per accrescere il livello di confusione del momento, a Portland e Seattle, è nato il movimento denominato ‘Wall of Moms’ il muro giallo delle madri che negli ultimi giorni si è posto alla testa dei cortei per fare da ‘muro’ tra i manifestanti e la polizia ed evitare le violenze.
Ted Wheeler, il sindaco di Portland , in mezzo ai gas lacrimogeni di una manifestazione ha parlato di ‘forze di occupazione’.
Ma le proteste contro gli agenti federali mandati da Trump sono continuate anche in altre città. A Austin in Texas, a Denver, a Richmond, a Los Angeles e a New York.
Il sindaco di Seattle, Jenny Durkan , ha implorato via twitter i dimostranti di muoversi in modo pacifico per evitare di dare ragione al Presidente Trump. ’A tutti gli americani-ha detto la Durkan-dovrebbe preoccupare che il Presidente dispieghi forze paramilitari nelle città americane. Questo palese disprezzo per la Costituzione, per la sicurezza e il benessere di tutti i nostri residenti è puro atteggiamento da despota’.
E tutto questo in mezzo ad una pandemia che non accenna a diminuire.