Esteri
Putin non può uscire dalla Russia, ma Usa e Cina non sono obbligati a fermarlo
La giurista Chantal Meloni, che ha lavorato con il giudice italiano della Corte Rosario Aitala, spiega come si è arrivati al mandato e che cosa succede ora
Mandato di arresto per Putin, la giurista di crimini internazionali Meloni ad Affari: "Risvolto pratico importante"
A nemmeno 48 ore dall’emissione del mandato di arresto della Corte Penale internazionale nei suoi confronti per “deportazione illegale di popolazione (bambini)”, il presidente russo Vladimir Putin si è recato in Crimea, e poi ancora nel Donbass. Il messaggio che vuole mandare, certamente, è quello di uno schiaffo non solo alla Corte dell’Aja, ma all’intero mondo. Ma il mandato di arresto nei confronti di Putin – e della commissaria russa per i diritti dei bambini Maria Alekseyevna Lvova-Belova – è davvero “carta straccia”? Quali possibilità ci sono che il presidente russo venga effettivamente catturato e processato per crimini di guerra? Qual è la posizione delle principali potenze mondiali e dell’Italia?
Affaritaliani.it ha approfondito i risvolti politico-giuridici della questione con Chantal Meloni, che oltre a essere docente di Diritto Penale Internazionale all’Università degli Studi di Milano è stata visiting professional proprio alla Corte Penale Internazionale dell'Aja, lavorando con i giudici della camera preliminare della stessa. Collabora inoltre con l'European Centre for Consitutional and Human Rights (ECCHR) di Berlino su progetti inerenti a crimini internazionali.
Chantal Meloni
Il mandato di arresto nei confronti di Putin è davvero solo un “pezzo di carta”? Come funziona a livello operativo?
"Non è assolutamente simbolico, anzi è estremamente importante e rilevante. C’è un risvolto pratico importantissimo nell’emissione di questo mandato di arresto, emesso dalla Camera Preliminare di cui fa parte il giudice firmatario italiano Rosario Aitala. Da questo momento Vladimir Putin, presidente in carica della Federazione Russa, è ufficialmente ricercato per crimini di guerra; questo obbliga tutti gli Stati parte dello Statuto della Corte Penale Internazionale, che sono ben 123, a cooperare. Quindi qualora Putin dovesse viaggiare e trovarsi sul territorio di uno dei Paesi europei, oppure uno Stato africano, o il Canada … questi Paesi avrebbero l’obbligo di arrestarlo e di consegnarlo all’Aja".
"Questo anche perché l’art. 27 dello Statuto disconosce qualsiasi forma di immunità, anche dei Capi di Stato, rispetto ai crimini che sono sotto la sua giurisdizione".
C’è stato un “effetto sorpresa” oppure ci si aspettava questo mandato? Ci sarebbero state più chance di renderlo esecutivo se fosse rimasto segreto?
"La Corte aveva una situazione di 'indagine' aperta sin dal 2014; immediatamente dopo l’invasione russa, il 2 marzo 2022 il procuratore della Corte Karim Khan ha trasformato quella che era una fase preliminare in un’indagine vera e propria. Normalmente i tempi sono molto lunghi, soprattutto se il soggetto su cui si sta indagando – la Russia – non è Stato membro. Però il teatro dove i crimini sono stati commessi è stato estremamente accessibile; lo stesso Khan si è recato più volte in Ucraina, e gli investigatori della Corte hanno lavorato in modo intensissimo per raccogliere le prove, ricevendo supporto senza precedenti anche da Paesi membri, che hanno inviato loro esperti, forze di polizia".
"Ovviamente", continua, "era tutto riservato, ma si capiva che i tempi sarebbero stati relativamente brevi. Quello che però non ci si aspettava era che la Corte riuscisse ad emettere un mandato di arresto direttamente per Putin: che la Corte puntasse così in alto è stato sorprendente: raramente ci sono situazioni in cui emerge così chiaramente che le responsabilità sono ai massimi vertici. Al di là delle responsabilità che ci potranno essere anche ai livelli inferiori, qui era importantissimo puntare alla leadership, in particolare a Vladimir Putin".