Esteri

Russia, Putin verso il potere fino al 2036. Gli altri punti della riforma

Dal 25 giugno al 1° luglio i russi al voto per il referendum sulle riforme costituzionali che possono consegnare a Putin il potere fino al 2036

Tra le polemiche per il rischio di un’impennata di contagi da Covid-19, la Russia, uno dei Paesi più colpiti al mondo, dal 25 giugno all'1 luglio va alle urne per votare il pacchetto di emendamenti alla Costituzione, proposto dal Cremlino a gennaio e approvato dal Parlamento, dalle regioni e dalla Corte costituzionale in tempi record già a marzo. Sulla scheda i russi troveranno la domanda: “Approvate gli emendamenti alla Costituzione della Federazione Russa?”. Non è previsto il quorum: se oltre il 50% di chi si reca alle urne darà risposta positiva, la riforma passerà. 

Il progetto prevede circa una quarantina di emendamenti, divisibili in tre grandi categorie:   

La prima contiene le modifiche che cambiano l’equilibrio di potere nel sistema politico, dando al capo di Stato un maggiore controllo sull’esecutivo. Laddove la Costituzione, oggi, indica che “il governo esercita il potere esecutivo” è stato aggiunto “sotto la guida generale del presidente della Federazione russa”; non sarà più il primo ministro a indicare le priorità del governo e il potere esecutivo viene diviso: alcuni membri del gabinetto, per lo più i cosiddetti ‘siloviki’ (servizi d'intelligence e sicurezza) saranno supervisionati dal presidente e gli altri, i cosiddetti dicasteri ‘civili’, dal capo del governo.    L’attuale de facto assoggettamento del potere giudiziario a quello esecutivo diventerà de iure: i giudici della Corte costituzionale passeranno da 19 a 11, rendendoli più facilmente soggetti a pressioni politiche; il presidente avrà il potere di proporre al Consiglio della Federazione (il Senato) la richiesta di licenziamento di presidenti, vicepresidenti e giudici sia della Corte costituzionale che dalla Corte suprema e di alcuni tribunali minori.

PUTIN, PIU' POTERI E VIA IL LIMITE DEI DUE MANDATI

L’ampliamento dei poteri del Parlamento, annunciato dallo stesso Putin a gennaio presentando la sua proposta di riforma, risulta fittizio: la Duma (la Camera bassa), che finora “dava il consenso” alla nomina del primo ministro da parte del presidente, ora “approverà” la nomina e non è chiaro quale sia la sostanziale differenza. Il presidente sarà ulteriormente rafforzato dalla garanzia d’immunità, concessagli dopo il termine del suo mandato, quando è prevista anche la sua nomina a “senatore a vita”. Al capo di Stato viene riconosciuto un nuovo ‘compito’: “mantenere l’ordine pubblico e l’armonia nel Paese”, aspetto criticato da molti perché insieme all’immunità potrebbe favorire la violazione impunita di diritti civili. L’unico vero ridimensionamento della figura del capo di Stato è nell’articolo, secondo cui la stessa persona non può svolgere più di due mandati presidenziali in totale, mentre oggi la Costituzione prevede “non oltre due mandati consecutivi”.    

Si tratta di un limite per gli eventuali successori di Putin, ma non per il presidente oggi in carica: un emendamento dell’ultimo minuto azzera i suoi mandati (quattro finora), permettendogli di candidarsi ancora due volte, potenzialmente rimanendo al potere fino al 2036. Sempre in questa prima categoria rientra il potenziamento del Consiglio di Stato, finora mero organo consultivo del presidente, istituito da Putin per decreto nel 2000; con la riforma si stabilisce che dovrà garantire “l’interazione coordinata tra le autorità e determinare le direzioni principali di politica estera e interna e lo sviluppo economico e sociale della nazione”; formulata in questo modo, sembra duplicare compiti già appannaggio del presidente – il Consiglio di Stato, però, non ha potere decisionale - per questo, successivamente, è atteso un atto che ne definirà in modo chiaro il ruolo.

LA SOVRANIZZAZIONE DELLA RUSSIA

La seconda categoria di emendamenti mira a quella che alcuni analisti hanno definito la “sovranizzazione” della Russia rispetto ad accordi, sentenze e trattati internazionali: la nuova Costituzione riafferma la preminenza del diritto nazionale su quello internazionale, volta a evitare - si legge in un’analisi dell’Ispi - quella che il Cremlino percepisce come l’“interferenza esterna” dell’Occidente, specialmente di organi come la Corte europea dei Diritti umani. Viene, inoltre, proibito di intraprendere o incoraggiare azioni, che puntano alla separazione di parti del territorio russo, con effetti diretti sulle dispute in corso con l’Ucraina sulla Crimea e col Giappone sulle isole Curili.   

LE RIFORME POPULISTE

La terza categoria, di carattere “populista”, estende gli obblighi dello Stato nella sfera sociale e riguarda una serie di temi cari alla popolazione e centrali nella propaganda anti-occidentale. Proprio su queste proposte fa affidamento il Cremlino per assicurarsi un ampio sostegno dell’elettorato a un progetto di riforma altrimenti tutto volto all’ulteriore accentramento dello Stato e al rafforzamento di un sistema autoritario, di cui i russi iniziano a chiedere un cambiamento.   

Gli emendamenti, tra le altre cose, prevedono il salario minimo fissato a pari o al di sopra del costo della vita e l’indicizzazione delle pensioni non meno di una volta l’anno; l’applicazione pratica di tali garanzie costituzionali dipende in ogni caso dal varo di apposite leggi e per questo solleva dubbi sul loro reale valore. Tra gli emendamenti “populisti” rientrano anche l’introduzione, per la prima volta nella Costituzione, di Dio come fondamento dello Stato russo; il matrimonio viene definito ufficialmente come unione tra un uomo e una donna (di fatto rendendo incostituzionali le unioni gay), si afferma l’obbligo di onorare “la memoria dei difensori della patria” e “difendere la verità storica” e si riconosce il bene dei bambini come “la più alta priorità dello Stato”.