Esteri

Siria, a Mosca Erdogan e Putin a caccia di un compromesso

In cima all’agenda dell’incontro di domani, a Mosca, tra il presidente russo, Vladimir Putin, e quello turco, Tayyip Recep Erdogan, vi sarà “il tentativo di rilanciare il processo di de-escalation” nella provincia siriana di Idlib. Circostanza confermata dallo stesso presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, che ha questa mattina dichiarato che dall'incontro di domani si aspetta "un accordo per consolidare il cessate il fuoco". Tuttavia il “problema principale rimarrà il fatto che la Turchia non può e non vuole dissociare dai terroristi i gruppi armati dell’opposizione", disposti invece a un dialogo con Damasco, come previsto dagli accordi di Sochi, sottoscritti proprio da Erdogan con Putin l’anno scorso. A parlare all’AGI è Kirill Zharov, ex corrispondente dell’agenzia russa Tass in Turchia ed esperto del Carnegie Center di Mosca.

Come altri analisti, Zharov è convinto che nonostante il picco di tensioni “non vi è alcun rischio di guerra tra Russia e Turchia”. Posizione, a suo dire, confermata “dalla situazione sul terreno e dalla retorica di entrambi i governi: nonostante le dichiarazioni altisonanti, Erdogan sta cercando ancora un compromesso con Putin, comprende che un conflitto con Mosca sarebbe accolto in modo negativo dall’opinione pubblica interna e che la Nato non entrerebbe in un confronto militare” per sostenerlo.

L'intervento della Turchia nella provincia di Idlib è stato da sempre motivato dalla necessità per Erdogan di evitare una nuova tragedia umanitaria che, secondo i dati Onu, potrebbe causare un flusso di 4 milioni di profughi, un milione dei quali sono già ammassati al confine turco. L'arrivo di altri siriani, che si aggiungerebbero ai 3,6 milioni già in Turchia, significherebbe per Erdogan un’enorme perdita di consenso.Dal punto di vista militare, “Ankara potrebbe sconfiggere Assad a Idlib, ma lo spazio aereo è controllato dalla Federazione russa”, alleata del regime siriano,  "e ci sarebbero grosse perdite di vite umane e di armi costose”, prosegue Zharov. 

Nonostante il basso rischio di un conflitto diretto, reso poco probabile anche dalla proficua cooperazione economica e commerciale tra Turchia e Russia, gli obiettivi dei due Paesi a Idlib rendono difficile pensare a un’intesa duratura: lo scopo di Ankara è “espandere il controllo sul territorio e soddisfare i desideri dell’opposizione siriana, su cui ha investito molti soldi”, spiega l’analista, “Mosca invece non vuole che la Turchia rafforzi le sue posizioni a Idlib, perché si tratta di una regione che il prima possibile vorrebbe riconsegnare sotto il controllo di Damasco”. 

Alle forze di Assad ora serve “prendere una pausa di due o tre settimane”, fa notare il giornalista della Tass, “per rifornire il personale di armi, munizioni ed altro equipaggiamento militare” dopo gli scontri con i turchi e per questo sarà difficile che vengano a breve liberati i tratti adiacenti all’autostrada M-4 controllati da Ankara e importanti per i rifornimenti. Alla luce di questo, prevede l’analista, domani a Mosca Putin ed Erdogan “molto probabilmente stabiliranno una linea di demarcazione tra le parti in conflitto”. Ankara pretende che le parti coinvolte nel conflitto tornino all'interno delle zone di influenza, stabilite a Sochi, e continua a minacciare Assad, con cui ha di fatto chiuso ogni canale di comunicazione dal 2011.