Esteri
Sudan, la democrazia dorata in crisi. Usa e Russia ci mettono lo zampino
I retroscena sul Paese al centro del conflitto. "Le tensioni tra Russia e Usa potrebbero estremizzarlo". Parla l'esperto dell'area Marco Valentini
Se la storia di questa nazione assomiglia a tante altre tragiche eredità coloniali, dove i bianchi europei montavano gli stati con righello e squadra (vedasi il medio oriente dall’Iraq in poi), l’evoluzione socioeconomica è stata tutta una tensione centrifuga, sempre più lontana da un potere centrale organizzato. “A nord, i pastori e i contadini prima andava d’accordo.” Continua Valentini. “Poi le crescenti stagioni secche hanno ridotto il bioma disponibile per le mucche e i contadini, prima disponibili a condividere i raccolti rimasti sul terreno, sono divenuti più conservatori. Ne ha approfittato il governo centrale che, militarizzando i pastori, ha deciso di cacciarli. Da qui la nascita dei Janjaweed, milizie civili usate dal governo centrale come una scopa per fare pulizia etnica. I contadini di etnia Fur non sono mai andati a genio al governo centrale e le tensioni tra pastori e contadini è stata un’opportunità per valorizzare le tensioni in modo creativo” precisa l’esperto.
Cosa è successo poi? Valentini: “Finita la pulizia etnica, nel 2017-18 il governo si ritrovò migliaia di Janjaweed armati, formati dalle guerre civili al nord e in cerca di qualcosa da fare per campare. Per evitare disordini Al Bashir li integrò nel governo, rinominandoli “forza di supporto rapido (RSF in inglese)”. Poi arrivò la secessione - con regolare referendum - per il sud Sudan, cristiano e ricco di petrolio. Khartoum si ritrovò improvvisamente povero e cominciò a inventarsi nuove soluzioni per coprire il debito mostruoso accumulato. La concessione a destra manca dei diritti di prospezione ed estrazione minerale e petrolifera. Insomma, poco petrolio in quel che resta del Sudan ma vene d’oro importanti.
“Le miniere non sono in zone irrilevanti per agricoltura e pastorizia, ma nelle aree di influenza degli ex pastori, ex Janjaweed, ora RSF. Ogni concessione mediamente comprende 1000 kmq; inizialmente tutte le compagnie minerarie si sono interessate e hanno aperto impianti. In un secondo momento invece, la consapevolezza del quadro locale complesso ha spinto gli operatori internazionali (russi, canadesi, africani) a richiedere l’ausilio di mercenari. Prima si sono candidati quelli della Wagner poi gli altri eserciti mercenari africani (tutti afrikaneers bianchi, dal Sud Africa nda). In seguito anche l’esercito regolare e le RSF hanno offerto il loro servizio di sicurezza. Negli anni le unità mercenarie sono divenute partner delle compagnie estrattive e oggi sono un'unica soluzione che, a volte come gli RSF, tende a voler influenzare le decisioni del governo” conclude Valentini.