Esteri

Trump e Xi quasi amici: Usa e Cina sono rivali, ma i loro rapporti restano cordiali

Trump potrebbe invitare Xi al suo insediamento presidenziale. Questo non significa che tra Usa e Cina non sarà braccio di ferro a tutto campo. Ma, come insegna la Guerra Fredda, avere un "telefono rosso" aperto è un bene

di Andrea Muratore

Trump e Xi quasi amici: Usa e Cina sono rivali, ma i loro rapporti restano cordiali

Rapporti tra Stati pessimi, rapporti personali cordiali? Tra Usa e Cina è possibile. Forse addirittura desiderabile, in questa fase. La voce che vede Donald Trump, prossimo al suo secondo insediamento presidenziale, pronto a invitare a Washington Xi Jinping il prossimo 20 gennaio mostra una continuità con l’era di Joe Biden che può contribuire a sfatare i venti di conflittualità generalizzata oggi percepiti come dominanti.

Stati Uniti e Cina sono stati rivali, lo sono e lo saranno. Il primo Trump ha inaugurato un braccio di ferro commerciale a tutto campo, daziato le merci cinesi, lanciato la guerra al 5G cinese; Joe Biden è stato più trumpiano di Trump nello spingere sulla re-industrializzazione dell’America in settori come i microchip e l’auto elettrica per rompere le catene del valore dominate da Pechino e ha promosso un contenimento dell’ambizione cinese della Via della Seta alleandosi a Stati democratici per promuovere il friend-shoring industriale nei settori critici.

Il Trump 2.0 prevede nuovi dazi e di rafforzare il contenimento militare su Taiwan e l’Indo-Pacifico. Parimenti, Xi Jinping ha continuato a sfidare l’egemonia occidentale in scenari come l’Africa e il Medio Oriente in campo diplomatico ed economico e ha consolidato il gruppo dei Brics promuovendo la sfida al campo valutario dominato dal dollaro. Questo sul campo della grande politica. Ma al contempo, i rapporti tra Xi e i presidenti americani alternatisi dal 2016 a oggi non sono stati negativi sul piano personale.

Trump-Xi, i precedenti tra presidenti Usa e leader sovietici durante la Guerra Fredda

Trump ha invitato Xi in forma semiprivata a Mar-a-Lago nel 2019; Biden ha visto tre volte l’omologo cinese, una all’anno dal 2022 al mese scorso, al vertice Apec in Perù, mettendo in chiaro la necessità di costruire un rapporto bilaterale capace di rompere le rivalità geopolitiche.

Una condotta che ricorda quella che spesso condizionò i rapporti tra presidenti americani e leader sovietici all’epoca della Guerra Fredda. Il rapporto personale tra John Fitzgerald Kennedy e Nikita Krusciov contribuì a fermare i venti caldi di conflitto ai tempi della crisi dei missili di Cuba del 1962; Richard Nixon prima e Gerald Ford poi dialogarono con Leonid Breznev ai tempi della distensione degli Anni Settanta contribuendo a definire la parità strategica in campo nucleare; Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov governarono la fase finale della Guerra Fredda dopo un riacuirsi del confronto a inizio Anni Ottanta. Washington e Mosca furono forse meno rivali per questo? No, però il “telefono rosso” nei fatti fu sempre attivo e operativo.

Tra Washington e Pechino il "telefono rosso" è sempre operativo

Gideon Rachman, storico caporedattore esteri del Financial Times, dalle colonne della prestigiosa testata della City di Londra, nell’aprile 2023 parlò della necessità di consolidare questo nuovo “telefono rosso” capace di creare come modello una replica del dialogo negli Anni Settanta.  Ai vertici il dialogo tra i presidenti, a cascata il confronto tra gli apparati.

Charles Q. Brown, capo degli stati maggiori congiunti del Pentagono, ha dialogato a dicembre 2023 con il suo omologo cinese, il generale Liu Zhenli dibattendo del futuro dei rapporti bilaterali in campo militare. Un raro confronto a cui è seguito quello tra l'ammiraglio Samuel Paparo del Comando indo-pacifico degli Stati Uniti e il generale Wu Yanan, comandante del Comando del teatro meridionale dell'Esercito popolare di liberazione a settembre. Janet Yellen, segretario al Tesoro uscente, ha visitato più volte la Cina e di recente anche Jake Sullivan, National Security Advisor di Biden, ha dialogato sulla sicurezza nazionale con Xi e le controparti cinesi all’ombra della Città Proibita. Segno che la rivalità c’è, ma esiste anche la volontà di non spingerla alle estreme conseguenze.

Con il Trump 2.0, torneranno in auge figure radicalmente anti-cinesi come Marco Rubio, promosso Segretario di Stato, e il nuovo capo della Cia, John Ratcliffe. Ma se il comandante in capo cercherà il dialogo con Xi per convogliare la sfida Usa-Cina in binari controllati il graduale consolidamento di un nuovo bipolarismo potrebbe accompagnarsi a una maggiore prevedibilità del confronto. Rachman scriveva sul Ft nel 2023 che era doveroso ispirarsi al “periodo di distensione degli anni Settanta come esempio di stabilità strategica in cui due superpotenze ostili, entrambe armate fino ai denti, hanno imparato a convivere l’una con l’altra senza andare in guerra”. Trump e Xi sapranno fare lo stesso? La possibilità dell’invito all’inaugurazione del secondo mandato di The Donald dà buoni segnali in tal senso. Una sua conferma li rafforzerebbe ulteriormente.