Esteri

Ucraina-Donbass, Cassazione: crimini da entrambe le "due" parti in conflitto

di Antonio Amorosi

Cassazione: fondata la richiesta di protezione di un ucraino. Nel conflitto nato nel '14 ci sono stati crimini di guerra contro l’umanità da entrambe le parti

Ucraina-Donbass: gravi violazioni e crimini di guerra commessi da entrambe le parti in conflitto. Perché ha ragione l’obiettore ucraino che non voleva andare in guerra

In merito al conflitto armato in Ucraina la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Civile I, evidenzia “la presenza di gravi violazioni e crimini di guerra commessi da entrambe le parti in conflitto”. E’ quanto contenuto nell’Ordinanza n. 7047 del 3 marzo 2022 che ha ritenuto fondata la richiesta di protezione internazionale ed umanitaria presentata Divonchuk Dmytro, cittadino ucraino, obiettore di coscienza, che si é sottratto al servizio di leva in Ucraina per i conflitti armati in Donbass nati nel 2014. Il motivo? Evitare di essere coinvolto in azioni di guerra e di essere costretto a commettere crimini di guerra o contro l’umanità.

Arrivato in Italia nel 2017 Divonchuk Dmytro aveva richiesto la protezione in quanto obiettore di coscienza: si era rifiutato di arruolarsi nell’esercito ucraino. Nel 2020 il tribunale di Torino gli aveva rifiutato la protezione, ma ora la Cassazione cancella la decisione. Perché si configura “come ‘ragionevole plausibilità’ in ogni caso in cui, in ragione delle caratteristiche del conflitto, sussista il rischio che possano essere commessi, dal personale militare, crimini di guerra o contro l'umanità”.

Le ragioni della decisione partono dal fatto che “dall'inizio del conflitto interessante la regione del Donbass, oltre 26.000 cittadini ucraini sarebbero stati sottoposti ad azione giudiziaria per aver evitato, in vario modo, il servizio militare”. In Ucraina “l'istituto dell'obiezione di coscienza è previsto nella legislazione Ucraina soltanto per motivi religiosi” scrive la Cassazione, “i quali tuttavia vengono solitamente ignorati, con avvio all'arruolamento, in forma indiscriminata, di tutti i soggetti richiamati alle armi, a prescindere dalla loro professione religiosa”.

La Cassazione sentenzia che lo status di rifugiato politico va concesso a chi rifiuti di prestare il servizio militare nello Stato di origine, laddove abbiamo “un conflitto caratterizzato dalla commissione, o dall'alta probabilità di essa, di crimini di guerra e contro l'umanità. La sanzione penale prevista dall'ordinamento straniero per il rifiuto di prestare il servizio di leva, a prescindere dalla sua proporzionalità, costituisce atto di persecuzione”.

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Ma quali sono i crimini di guerra commessi da entrambe la parti? L’avvocato Daniele Metafune che ha esposto le argomentazioni Divonchuk ha supportato le posizioni del suo assistito con documenti giornalistici e di enti come l’UNHCR che la Suprema Corte non cita specificamente nel dispositivo finale ma dà per assodati, vista la mole al tempo, anche se in queste ore di conflitto armato in Ucraina sembrano essere scomparsi dalle narrazioni ufficiali. Basterebbe fare poche ricerche e leggere l“International Protection Considerations related to developments in Ukraine – update III”, rapporto UNHCR del settembre 2015 che riporta di resistenze dei cittadini alla coscrizione, motivate dal fatto di non voler partecipare ad una guerra civile in cui vengono commessi crimini di guerra contro i prigionieri, da entrambe le parti belligeranti.