Esteri

Ucraina, l'Europa inizia a essere stufa? Si allontana l'adesione di Kiev

di Lorenzo Lamperti

Nel campo occidentale aumentano le divisioni, non solo in materia di sicurezza. L'UE, spinta da Macron, alza e barriere davanti ai prodotti agricoli ucraini

L'Unione Europea alza il muro sui prodotti agricoli ucraini: lo scontro allontana l'adesione di Kiev

Com'è cominciata: l'Unione Europea non solo sostiene l'Ucraina dal punto di vista economico e militare, ma ne prefigura un'adesione anche piuttosto rapida, in ogni caso non in discussione. Come sta andando: l'Europa inizia a dividersi non solo sulla sorte della guerra e sull'assistenza bellica a Kiev, ma anche sulla possibile adesione dell'Ucraina. Anzi, potrebbe anche finire che quest'ultima si possa allontanare, anche (ma non solo) a causa della questione agricoltura.

Si tratta di un fronte quantomai delicato, basti pensare ai trattori che hanno invaso le strade di diversi paesi della regione, a partire dalla Francia e dalla Polonia, per arrivare anche all'Italia. In periodo di campagna elettorale, in vista delle Europee di giugno, meglio non scontentare un settore che mantiene comunque un peso specifico non trascurabile. Tanto che lo stesso presidente francese Emmanuel Macron si è allineato imprevedibilmente alla Polonia nel richiedere uno sbarramento al flusso di prodotti agricoli ucraini, proprio negli stessi giorni in cui paventava la possibilità di un invio diretto di truppe militari della Nato a sostenere le difese dell'esercito di Kiev.

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Un apparente cortocircuito. Ma, intanto, il parlamento europeo è destinato ad approvare restrizioni più severe sui prodotti agricoli ucraini. Le stesse restrizioni sono state concordate la scorsa settimana, dopo lunghe discussioni, dal Parlamento e dai 27 Paesi membri dell'UE. Nel mirino le massicce esportazioni di prodotti agricoli come il mais, il pollame e lo zucchero, che alcuni nel blocco lamentano essere sottocosto rispetto ai propri agricoltori.

Le restrizioni sono necessarie per correggere le "disuguaglianze" nella bilancia commerciale tra l'Ucraina e l'UE, sostiene l'eurodeputato polacco Andrzej Halicki del Partito Popolare Europeo di centro-destra, i cui emendamenti che chiedono limiti più severi sono stati sostenuti in gran parte dal Parlamento e dai Paesi membri dell'UE. "I miei emendamenti sono nell'interesse dell'Ucraina", ha dichiarato a Politico lo stesso Halicki, stretto alleato del Primo Ministro Donald Tusk, spiegando che non sono stati concepiti per bloccare del tutto le importazioni, ma per proteggere gli agricoltori europei dall'aumento della concorrenza.

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In Ucraina però non ci stanno e definiscono la mossa di Bruxelles come iniqua, basata su accuse prive di fondamento. Molti commentatori ucraini ci vedono una presa di distanza non solo commerciale ed economica, ma anche politica. A guidare la truppa di chi ha voluto più limitazioni è stato appunto Macron, secondo cui le limitazioni sono "assolutamente giuste e proporzionate". Secondo il presidente francese, il continuo flusso di prodotti ucraini a basso costo può destabilizzare il mercato europeo. Una strizzatina d'occhio ai trattori francesi prima del voto.

L'incognita post 2025 e le divisioni sulla guerra. Da Pechino: "Più Paesi seguiranno l'Ungheria"

All'orizzonte si intravede peraltro un problema più grande. Le misure di liberalizzazione del commercio, che eliminano temporaneamente tutte le restrizioni in essere sulle importazioni ucraine nell'UE per aiutare il Paese dopo l'invasione russa, scadranno nel giugno 2025. Dopodiché, le due parti torneranno ai termini dell'accordo di libero scambio del 2016, che prevede la graduale eliminazione di tutte le tariffe rimanenti.

La vicenda dell'agricoltura potrebbe rappresentare uno scoglio significativo alla futura adesione dell'Ucraina all'UE, anche perché sta creando forti dissapori, con Kiev che bolla l'azione di Bruxelles come "protezionista". E da parte europea c'è chi sembra suggerire che il modo in cui si è immaginato l'ingresso di Kiev per ora non è ancora del tutto realistico.

Il tutto si innesta in un frangente di stanca del sostegno politico. Basti guardare alle posizioni non solo dell'Ungheria, ma anche di altri Paesi che sembrano voler immaginare un negoziato di pace, seppure fin qui sottotraccia. Anche la Slovacchia, dopo la vittoria di Pellegrini alle presidenziali dei giorni scorsi, si avvicinerà alle posizioni di Budapest. Tanto che ieri, commentando l'arrivo a Pechino del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, il tabloid nazionalista cinese Global Times sosteneva che i membri della Nato sembrano essere sempre più divisi sugli aiuti militari all'Ucraina.

"In futuro, altri membri della Nato e dell'UE sceglieranno politiche simili a quelle dell'Ungheria. Se la Russia riuscirà a compiere ulteriori progressi militari e l'Ucraina continuerà a perdere territorio e non riuscirà a ottenere una vittoria significativa, sempre più membri si avvicineranno alla posizione di Budapest", ha previsto il Global Times.

L'occidente appare diviso e all'esterno se ne accorgono. Sia in Ucraina, sia in Russia e sia in Cina.