Usa, ecco la Putin-list: 210 persone a rischio sanzioni. Cʼè anche Abramovich
Putin-list, dal Tesoro Usa 'Kremlin report': vi è anche premier e 22 ministri
Tesoro Usa pubblica la Putin-list: 210 nomi a rischio sanzioni
Il dipartimento del Tesoro Usa ha presentato al Congresso il cosiddetto 'Kremlin report', la lista di oligarchi e societa' russi vicini al presidente, Vladimir Putin, e che potrebbero essere oggetto di sanzioni. L'elenco comprende 210 persone, di cui 114 funzionari di alto livello (22 ministri e lo stesso premier, Dmitri Medvedev) e 96 oligarchi, con patrimonio superiore al miliardo di dollari.
Putin-list c'è anche Abramovich, il patron del Chelsea
La Putin-list è stata rilanciata da tutte le agenzie russe. Tra i nomi dei politici di spicco, vi e' praticamente tutto l'esecutivo, compreso il ministro degli Esteri, Serghei Lavrov, e quello della Difesa, Serghei Shoigu. Nel 'Kremlin report' rientrano anche il capo dell'amministrazione presidenziale, Anton Vaino, il suo vice Aleksei Gromov e il portavoce di Putin, Dmitri Peskov. La lista comprende anche il direttore dei servizi segreti (Fsb), Aleksandr Bortnikov, e il capo dell'intelligence all'estero, Serghei Naryshkin. Indicati da Tesoro americano anche i vertici delle banche statali: Andrei Kostin per VTB e Herman Gref per Sberbank. Tra i miliardari, sono stati inseriti i piu' influenti businessman del paese: Roman Abramovich, Oleg Deripaska, Vladimir Potanin, Suleiman Kerimov, Mikhail Fridman, Alisher Usmanov.
La Putin-list comprende anche: Evgheni Kaspersky, fondatore dell'omonima societa' di sicurezza informatica, al centro delle polemiche sulle interferenze nelle elezioni Usa; il capo del Google russo, Yandex, Arkady Volozh; l'ex proprietario di Mail.ru Yuri Milner; il numero uno del colosso energetico statale Rosneft, Igor Sechin e quello di Gazprom Aleksei Miller.
La redazione del 'Kremlin report' era prevista dalla legge approvata dal Congresso per varare possibili nuove sanzioni per le interferenze di Mosca nelle elezioni del 2016. Ieri, il portavoce del Cremlino Peskov aveva bollato il documento come "un tentativo diretto ed evidente degli Usa di influenzare le elezioni presidenziale russe". La presentazioni del documento non comporta l'imposizione automatica di misure punitive.