Esteri

Via della Seta:per l'Italia speranze commerciali,per la Cina vittoria politica

Lorenzo Lamperti

Via della Seta, il bilancio dopo la visita del presidente cinese Xi Jinping a Roma

Un vincitore certo, un vincitore potenziale, un convitato di pietra sconfitto. Gli accordi tra Italia e Cina firmati sabato 23 marzo a Roma, in una giornata che in prospettiva potrebbe avere un significato persino più importante di quanto non si sia capito finora, segnano un cambio di passo nei rapporti tra mondo occidentale e orientale. Al di là del contenuto specifico degli accordi commerciali, per la prima volta un paese che fa parte del G7 ha aderito ufficialmente a un'iniziativa di interconnessione economica, culturale e diplomatica avanzata da Pechino.

L'Italia spera di avere, e probabilmente avrà, importanti vantaggi commerciali dopo la sottoscrizione del memorandum of understanding della Belt and Road Initiative. Ma la Cina, che all'adesione italiana conferisce un altissimo valore simbolico come dimostrano i diversi commenti dei media di Pechino degli scorsi giorni, ha politicamente già vinto. Il terzo incomodo, gli Stati Uniti, sono stati per una volta con il cerino in mano fino alla fine. Le pressioni di Washington non hanno fatto breccia sul governo italiano, nonostante qualche tentennamento interno nella Lega. In attesa di possibili reazioni, che nella speranza di Roma potrebbero alla fine essere in realtà persino diventare positive, la Casa Bianca ha dovuto incassare un segnale di emancipazione da uno degli Stati chiave dell'Ue, entità con la quale Donald Trump sta entrando in rotta di collisione su molti argomenti (in particolare con Angela Merkel).

ACCORDI CON LA CINA, L'ITALIA SPERA IN GRANDI RITORNI ECONOMICI

Negli scorsi giorni e settimane si è parlato in maniera diffusa del ritardo dell'Italia nelle relazioni con la Cina, con una bilancia commerciale decisamente sbilanciata a favore di Pechino. Nonostante il trend di crescita già cominciato in anni recenti, era finora stato impossibile "fare sistema" sul fronte orientale. E il ritardo si è accumulato anche in settori dove dovremmo eccellere, per esempio il vino, dove i produttori italiani esportano in Cina meno di quanto non facciano non solo i francesi ma anche i colleghi spagnoli e cileni. Quello cinese è un mercato complesso, nel quale lo Stato tiene in mano infinite leve. Una migliore relazione con Pechino e l'adesione alla Nuova Via della Seta aiuteranno l'export italiano, in particolare (si spera), quello delle piccole medie imprese che rappresentano il cuore della produzione italiana. I nostri big industriali invece saranno coinvolti in importanti progetti in paesi terzi, come Danieli in Azerbaijian, con l'Asia Centrale e l'Africa settentrionale che rappresentano due aree dal grande potenziale di sviluppo infrastrutturale e non solo. Ci si aspettano anche grandi ritorni in materia di turismo. D'altronde il peso dei turisti provenienti dall'Impero di mezzo continua a crescere e lo farà in maniera esponenziale nei prossimi anni. E, come insegnano altri casi degli scorsi anni, avere un rapporto positivo con Pechino favorisce l'afflusso di turisti cinesi.

VIA DELLA SETA? NON SOLO UNA CORNICE, PER LA CINA E' UN MESSAGGIO POLITICO

Mentre l'Italia aspetta, con grandi prospettive, di vedere i risultati economici dei 29 accordi sottoscritti, 19 intergovernativi e 10 privati, si può dire che la Cina ha già vinto. Per Pechino l'aspetto fondamentale era la firma del memorandum of understanding sulla Belt and Road. Non importa quanto sia snello o corposo, è la firma del memorandum in sé a costituire nell'ottica cinese (ma anche statunitense), un forte messaggio diplomatico. Il governo italiano fa bene a sottolineare che l'adesione alla Via della Seta non mette in dubbio i rapporti con gli alleati tradizionali, Usa in primis, ma la verità è che quella che viene definita come "cornice" degli accordi commerciali viene letta politicamente sia da Washington sia da Pechino, con quest'ultima che riesce a portare dalla "sua parte" un importante paese del mondo occidentale. Non a caso la Cina ha proposto sin dall'inizio all'Italia (costretta a rincorrere i partner europei ben più avanti nei rapporti con Pechino nonostante non avessero aderito alla Bri) la firma del memorandum e poi a cascata tutto il resto. In un momento nel quale la crescita rallenta, persistono i timori legati alla guerra commerciale con gli Usa e lungo la Via della Seta si iniziano a registrare alcuni malumori dei singoli paesi coinvolti, l'endorsement dell'Italia dà nuova spinta al progetto cinese e gli fa fare il salto di qualità che, spera Pechino, porterà al coinvolgimento di altri paesi europei.

A VUOTO IL PRESSING DEGLI USA, DENTRO ANCHE I PORTI

Nell'accordo tra Italia e Cina c'è anche uno sconfitto, almeno momentaneo. Si tratta degli Stati Uniti. È a causa del loro disimpegno in Europa (oltre che in Medio Oriente e in Africa), che i paesi europei guardano sempre più a oriente. Nell'Est Europa la presenza economica e diplomatica di Cina e Russia è sempre più evidente. Anche l'Italia, abbandonata al centro del Mediterraneo, ha dovuto volgere lo sguardo a oriente. Gli Usa hanno lanciato diversi avvertimenti all'Italia negli scorsi dieci giorni sul memorandum Bri, ma da un certo punto di vista è proprio Washington che ha messo Roma in condizione di firmarlo. Il pressing della Casa Bianca, tardivo, è andato a vuoto, anche perché è da mesi che era stato trovato l'accordo tra il governo italiano e quello di Pechino. Certo, dopo le insistenze d'oltreoceano sono state usate maggiori cautele e gli accordi che inizialmente dovevano essere circa 50 sono scesi a un totale di 29, ma è signficativa la presenza dei porti, uno dei punti più sensibili insieme a quello del 5G, che resta invece fuori. Anche la parte più atlantista della Lega ha alla fine accettato di includere gli scali marittimi che potrebbero portare vantaggi commerciali e infrastrutturali di non poco conto.

NUOVI ACCORDI A FINE APRILE, SVILUPPI SU PORTI E TELECOMUNICAZIONI

Ma non è finita qui. Agli accordi firmati sabato se ne aggiungeranno altri in futuro. Un futuro molto prossimo, datato 26 e 27 aprile, giorni in cui il premier Giuseppe Conte sarà a Pechino al secondo forum sulla Belt and Road. Probabile che in quella occasione, con il livello di attenzione e di pressione un po' più bassi, si firmino altri accordi. Si attendono sviluppi sui porti, con la possibile futura inclusione di altre città italiane come Taranto, e sulle telecomunicazioni, che pur non avendo portato ad accordi concreti per il momento figurano nel testo del memorandum. La Cina è (molto) vicina.