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Conte Vistarino, il nuovo approccio social del vino dell’Oltrepò Pavese

ANDREA CIANFERONI

Ottavia Giorgi di Vistarino racconta il vino della sua terra in un momento difficile come quello del Coronavirus, ma con uno slancio di ottimismo nel futuro

Conte Vistarino rappresenta una eccellenza nel panorama vitivinicolo italiano. Ottavia Giorgi di Vistarino racconta ad Affaritaliani il vino della sua terra in un momento difficile come quello del Coronavirus

L’azienda Conte Vistarino ha aderito ad una importante iniziativa a sostegno delle strutture ospedaliere della Lombardia, ed in particolare della Fondazione Buzzi, in questo momento impegnata in prima linea a fronteggiare l’emergenza del Covid-19.

In questo particolare momento di difficoltà e di sofferenza per  molte persone ammalate abbiamo deciso di devolvere il 50 per cento delle nostre vendite all’Ospedale Buzzi di Milano impegnato in prima linea a fronteggiare l’emergenza Covid-19. Il fatto di sostenere il reparto di terapia intensiva dell’Ospedale Buzzi e Sacco ci riempie di gioia. Siamo vicini ai medici e agli infermieri che stanno dando il loro grande contributo rischiando la loro vita tutti i giorni per salvare quella degli altri.

L’Oltrepò Pavese è un’area vasta della Lombardia all’interno della provincia di Pavia che confina con il Piemonte e l’Emilia Romagna. Può raccontarci questa terra?

L’Oltrepò Pavese è un'area della provincia di Pavia che si trova incuneata tra le province di Piacenza a est e il Piemonte e il Tortonese in provincia di Alessandria a ovest. E’ un territorio che geograficamente e morfologicamente è molto simile a quello appartenente all'Emilia. E’ la terra del Pinot Nero con 3000 ettari destinati sia alla vinificazione in bianco che quella in rosso. La dimensione aziendale, e la particolare conformazione, hanno permesso nel corso degli anni di effettuare una zonazione: è stato quindi individuato per ogni appezzamento il vitigno più adatto, tenendo conto della sua espressione qualitativa, in relazione alla tipologia di terreno e al microclima. Il terreno calcareo, argilloso e la forte escursione termica fra giorno e notte, hanno consolidato la presenza di vitigni per vini bianchi, tra cui il Pinot nero che, con i suoi 140 ettari, trova il sito ideale per esprimere al meglio le sue potenzialità nella produzione di spumante metodo classico. Altri vitigni coltivati sono Riesling, Pinot grigio, Chardonnay, Moscato, Croatina, Barbera e Cabernet. Dopo decenni di esperienze in campo viticolo, sono state fatte le migliori scelte riguardo alle tecniche colturali e al sistema di allevamento.

In questo mese di aprile, anche a causa del Coronavirus, le visite all’azienda si sono trasformate in dirette facebook durante le quali avete raccontato i vini Conte Vistarino. Pensa che questo modus operandi sarà adottato anche nel futuro?

Questa è stata una scelta obbligata dovuta alla particolare situazione, ma non c’è dubbio che l’approccio digital sarà mantenuto ed  incrementato, ad esempio con la possibilità da parte della clientela, di poter acquistare tramite smartphone. Certamente il mondo non sarà più come prima, gli strumenti di conoscenza quali la visita virtuale della cantina non saranno più un tabù ma verranno praticati con maggiore frequenza. Ovviamente, nel caso di una azienda di vini come la nostra, l’approccio fisico con la degustazione dei vini nella cantina rimarrà sempre insostituibile. Proprio per questo abbiamo deciso di costruire una nuova cantina.

Ci può parlare della nuova cantina inaugurata da appena due anni?

La mia idea era quella di passare da una fornitura industriale a una boutique winery che esaltasse la produzione locale. La scelta, quasi obbligata, è stata quella di guardare al futuro effettuando una radicale ristrutturazione di un malandato e vetusto fabbricato del 1904 creando, ex novo, una moderna cantina di ultima generazione affiancata da un punto vendita, sale degustazione che nel tempo sono destinate ad ospitare anche incontri aperti al pubblico per valorizzare “re Pinot” importato dalla Francia fra queste magnifiche colline, nel 1850 dal conte Augusto Giorgi Vistarino. La cantina si trova al centro degli 860 ettari della Tenuta, 200 ettari vinificati a Pinot nero, una varietà che si caratterizza per essere elegante ed enigmatica. La nuova struttura, con le attuali 280 mila bottiglie, è all’avanguardia e con i suoi 3700 metri quadri, ospita gli impianti più avanzati per la lavorazione del vino, principalmente Pinot Nero (rosso e bianco), uvaggio del territorio, 60 barriques per l’invecchiamento delle bottiglie, e un vero e proprio museo con i cimeli della famiglia. La nuova cantina, inaugurata nel 2018, è costata oltre 4 milioni di euro, finanziata anche dal Fondo Agricolo Europeo con circa un milione di euro.

Si può dire che, di fatto, nell’Oltrepò Pavese è nato quello che un tempo veniva chiamato lo Champagne italiano?

Mio nonno Ottaviano morto nel 1978 aveva ancora la Mezzadria. In Piemonte c’erano ancora le sette sorelle (Martini & Rossi, Cinzano, Gancia, Riccadonna, Contratto, Bosca, Fontanafredda) che erano le industrie che producevano gli spumanti con il vino dell’Oltrepò Pavese. Noi siamo stati fornitori di queste aziende per tanti anni, anche perché il Pinot Nero di Rocca de Giorgi era considerato la base spumante migliore che potessero avere. Quando è finito il mondo di questo tipo di spumantistica, che poi è stato soppiantato dal Franciacorta e dal Prosecco, come famiglia Vistarino abbiamo deciso di utilizzare il nostro marchio. Io lo avrei fatto anche prima, ma mio padre naturalmente era molto legato a clienti storici con cui c’erano dei rapporti commerciali di molti anni prima, per cui abbiamo aspettato ancora un po’. Il consorzio dell’Oltrepò Pavese ha concentrato la produzione sul Pinot Nero in versione metodo classico incentivando questa tipologia tra i produttori locali affinchè sul mercato vengano immesse bottiglie legate al territorio di provenienza. All’interno di questa ottica nacque anche il progetto Cruasé, (un mix tra cru e rosé) un metodo classico rosé a denominazione di origine controllata e garantita da sole uve Pinot Nero ottenuto con il Metodo Classico. Negli anni è stato condotto un attento lavoro di zonazione che ha distinto le zone più adatte alla coltivazione di cloni di Pinot Nero per la vinificazione in rosso, da quelle più alte e fresche e con maggiore piovosità, ideali per le basi da spumante, che hanno necessità di maggiore acidità.

Suo bisnonno Augusto Carlo fu il primo ad impiantare barbatelle di Pinot Nero in valle Scuropasso alla fine del 1800. Può parlarci del cru Pernice ? Che caratteristiche ha questo vino?

Rocca Giorgi è sempre stata famosa nel passato per la base spumante di Pinot Nero mentre io ho voluto portare alla ribalta, da quando ho preso in mano l’azienda, la vinificazione in rosso. Abbiamo ritagliato una piccola Borgogna a Rocca de Giorgi con Pernice, un vino elegante e pieno con una grande personalità. Ha uno stile borgognone nel suo patrimonio aromatico, con una acidità leggermente più bassa e un grado alcolico leggermente più alto. Quindi ricorda la Borgogna, ma con un legame molto forte al territorio di Rocca de Giorgi.

L’azienda Rocca de Giorgi ingloba al 95 percento il Comune Rocca de Giorgi; siete un esempio di buona amministrazione in Italia.

Il Comune di Rocca de' Giorgi si trova nella valle del torrente Scuropasso e comprende l'antica rocca, la parrocchiale, Villa Fornace Giorgi di Vistarino. Si può dire che siamo tutti coinvolti nell’amministrazione del Comune, e chi lo fa in maniera istituzionale da sindaco o da assessore, come la sottoscritta, non percepisce alcuna indennità di carica. E’ vero che non abbiamo uscite, ma non abbiamo neppure entrate. Abbiamo solo dei trasferimenti minimi da parte dello Stato, del tutto irrisori, per il resto ci affidiamo ad un grande senso civico della comunità locale. 

Quale è il futuro dell’azienda?

Nel podere San Silvestro abbiamo un vigneto molto giovane, di soli 4 anni. Questa è un vigna che rappresenta molto bene le mie intenzioni e il futuro dell’azienda. Questa vigna è simbolica per quello che io vorrò fare di questo vigneto. Questa è una zona nella quale si è sempre prodotta una ottima base spumante. Io ho voluto piantare un vigneto con cloni borgognoni per la vinificazione in rosso con l’idea di ottenere un  vino nero fragrante, elegante con una bella acidità spiccata. Ho preso questa decisione perche volevo crescere con la vinificazione in rosso, con delle sfide un po’ più difficili. Ho raccolto questa sfida perché sono partita dall’assunto che non basta solo avere la storia, ci vuole anche volontà e innovazione nel progredire. Bisogna avere una ambizione per migliorare sempre. Rocca de Giorgi è una tenuta di 826 ettari dove ci sono vigneti che si intervallano a 220 ettari di boschi, prati, seminativi. Ogni vigneto da un vino differente. Da li nasce l’idea di vinificare separatamente le uve e poi anche in bottiglia separatamente. Oggi la campagna va avanti, non si ferma, una azienda vinicola va avanti 365 giorni all’anno. Rocca de Giorgi non è solo produzione vitivinicola ma un universo a 360 gradi. Questa grande passione per il vino mi ha portato a produrre una vasta gamma di Pinot Nero. Bertone, Tavernetto e Pernice sono tre vigneti di riferimento della nostra azienda. C’è poi Risling è il re dei bianchi che merita di stare in mezzo ai vini rossi. Quest’anno al Vinitaly avremmo dovuto presentare l’annata 2017 dei Cru e il Rosato di Pinot Nero Maria Novella, dal nome di mia figlia, avuta 3 anni fa da mio marito Guido Vivarelli Colonna.  E’ un vino che in realtà non è rosa ma leggermente aranciato. Poi c’è Costa del Nero che invece è quello che viene tagliato con uve di altri vigneti. Voglio aprire una parentesi importanti sul Metodo Classico, che per Casa Vistarino significa non meno di 30/36 mesi. Abbiamo uno stoccaggio di bottiglie importante perché sull’invecchiamento non si transige.

Proprio in questi giorni avrebbe dovuto svolgersi il Vinitaly. Le manca non essere a Verona?

La fiera, a mio avviso, mostra segni di stanchezza, non ci sono mai state in questi anni vere innovazioni. Oltretutto adesso, con gli strumenti social, è diventato molto più facile interconnettesi con potenziali clienti in ogni parte del mondo. C’è poi l’aspetto dei costi che, come nel nostro caso, una media azienda, non sono certo sono trascurabili tra stand, personale, alberghi, ecc la trasferta di Verona ci viene a costare sui 20 mila euro.  Sempre di più preferisco andare in affiancamento ai miei venditori una volta di più trasmettendo loro la mia passione, i valori del nostro territorio, raccontare il prodotto invitandoli nella mia azienda.