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Sprechi alimentari: il 58% degli Italiani li ha ridotti

GIORNATA ALIMENTAZIONE: COLDIRETTI/IXE’, CIBI SCADUTI A TAVOLA PER 4 SU 10
58% degli italiani ha ridotto o annullato gli sprechi alimentari nel 2016
 
Piu’ di quattro italiani su dieci (44%) mangia gli alimenti oltre il limite di tempo indicato nelle confezioni e in particolare il 32% se scaduti da una settimana, l’8% da non piu’ di un mese e il 4% anche di piu’. E’ quanto emerge dalla presentazione dei risultati della prima indagine sui “Cambiamenti delle abitudini alimentari degli italiani” da parte del presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo e del Presidente di Ixe’ Roberto Weber all’apertura del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di Cernobbio per la giornata mondiale dell’alimentazione della Fao.
Nel 2016 il 33% degli italiani secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’ ha diminuito gli sprechi alimentari mentre il 31% gli ha mantenuti costanti, il 25% li ha addirittura annullati mentre solo il 7% dichiara di averli aumentati. Tra chi ha tagliato gli sprechi, il 60 per cento fa la spesa in modo piu’ oculato, il 60 per cento utilizzando gli avanzi nel pasto successivo, il 40 riducendo le quantità acquistate, il 48 per cento guardando con più attenzione la data di scadenza e l’15 per cento donando in beneficenza. Un andamento importante in una situazione in cui in media – sottolinea la Coldiretti - ogni italiano aveva buttato nel bidone della spazzatura ben 76 chili di prodotti alimentari durante l’anno precedente. Gli sprechi costano all’Italia 12,5 miliardi che sono persi per il 54 per cento al consumo, per il 21 per cento nella ristorazione, per il 15 per cento nella distribuzione commerciale, per l’8 per cento nell’agricoltura e per il 2 per cento nella trasformazione. Il contenimento degli sprechi è tra gli obiettivi della giornata mondiale dell’alimentazione della Fao secondo la quale nel mondo oltre 1/3 del cibo viene perso o sprecato per un totale di circa 1,3 miliardi di tonnellate l'anno.
Un obiettivo che non deve pero’ andare a scapito della tutela della salute ed è importante - sostiene la Coldiretti - la conoscenza delle informazioni fornite in etichetta con riguardo alla scadenza dei prodotti ed in particolare in merito al diverso significato tra “da consumarsi entro” e “da consumarsi preferibilmente entro il…”.
La dicitura “da consumarsi entro..” è la data entro cui il prodotto deve essere consumato ed anche  il termine oltre il quale un alimento non può piu’  essere posto in commercio.
Tale data di consumo - precisa la Coldiretti - non deve essere superata altrimenti ci si puo' esporre a rischi importanti per la salute. Si applica ai prodotti preconfezionati, rapidamente deperibili come il latte fresco (7 giorni) e le uova (28 giorni). E’ indicata dal giorno, il mese ed eventualmente l’anno e vale indicativamente per tutti i prodotti con una durabilità non superiore a 30 giorni.
Discorso diverso - continua la Coldiretti - merita invece il Termine Minimo di Conservazione (TMC) riportato con la dicitura “Da consumarsi preferibilmente entro“  che indica  - sottolinea la Coldiretti - la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprieta' organolettiche e gustative, o nutrizionali specifiche in adeguate condizioni di conservazione, senza con questo comportare rischi per la salute in caso di superamento seppur limitato della stessa. Si sottolinea però che tanto più ci si allontana dalla data di superamento del TMC, tanto più vengono a mancare i requisiti di qualità del prodotto, quale il sapore, odore, fragranza, ecc.
La durata viene stabilita autonomamente dagli stessi produttori - spiega la Coldiretti -, in base ad una serie di fattori che vanno dal trattamento tecnologico alla qualità delle materie prime, dal tipo di lavorazione e di conservazione per finire con l’imballaggio. Per questo, non è difficile, durante un controllo commerciale, vedere due prodotti simili, ma di marchio differente con un termine minimo di conservazione diverso. E’ infatti compito di ogni singola azienda effettuare prove di laboratorio sui propri prodotti, per misurare la crescita microbica e valutare dopo quanti giorni i valori organolettici e nutrizionali cominciano a modificarsi in modo sostanziale.

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