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La mostra su Aleksandr Isaevič Solženicyn a Bari - Palazzo ex Poste
Al grande scrittore russo Bari ha dedicato una Mostra fotografica al Palazzo ex-Poste.

di Dario Patruno
Al grande scrittore russo che ha attraversato quasi un secolo di vita e ha inciso profondamente nel pensiero non solo dei suoi contemporanei, ma continua a influenzare in maniera positiva il nostro pensiero, Bari ha dedicato una Mostra fotografica che si conclude con un filmato contenente una intervista esclusiva rilasciata nel 2007.
Promossa dal CIPO (Centro interculturale Ponte ad Oriente) dal Dipartimento di Ricerca Umanistica dell’Università di Bari e dalla Fondazione Russia Cristiana, ha incontrato il favore di molti studenti, docenti e studenti universitari, provenienti da Scuole secondarie di secondo grado della Regione Puglia e della vicina Basilicata, cinque di queste coinvolte in un PCTO (Percorso per le Competenze Trasversali e l’Orientamento) e l’Accademia di Belle Arti. Tutti curiosi di conoscere una persona ricca di umanità, che scelse di vivere senza menzogna. Molti ragazzi sono nati nel 2008, proprio l’anno in cui Solženicyn moriva. La Mostra presentata al Meeting di Rimini il 2008, a cura di Adriano dell’Asta - presente a Bari - all’inaugurazione, è stata ripresentata a diciassette anni dalla morte.

“La posta in gioco, per il regime sovietico, non era semplicemente un traguardo politico o un progetto economico, ma l’uomo nuovo: determinato in tutto dal nuovo Padrone del mondo, l’ideologia. La storia di Aleksandr Solženicyn è il simbolo della lotta che si ingaggia da sempre, tra ogni io umano che prenda coscienza di sé, della propria identità personale e di popolo, e il male anonimo che vorrebbe la resa completa dell’anima, svuotata di libertà e responsabilità.”
Allestita nell’ex palazzo delle Poste di Bari, edificio maestoso costruito dal 1931 al 1935, è composta di trenta pannelli disposti in tre spazi ad emiciclo caratterizzati da tre colori, il rosso, il grigio e il marrone, racconta la vicenda umana dello scrittore: rosso, dalla nascita alla sua maturità quando la costruzione dell’homo sovieticus fallisce per il suo rifiuto di entrare nei quadri della polizia segreta, l’NKVD, “mi RIVOLTA LO STOMACO”; grigio in cui si descrivono le tre discese agli inferi: la guerra (1941-1945); il lager, GUlag, nel quale fu internato dopo due anni di carcere, sino al 1953, il cancro che lo colpì nel 1952 e dal quale nel 1953, prima della sua scarcerazione, guarì miracolosamente; marrone in cui comincia il racconto della sua opera letteraria, le 102 opere tra cui quelle citate nella Mostra per la struggente e partecipata vicenda umana: Il
primo cerchio, Una giornata di Ivan Denivosic, La casa di Matriona, quindi la sua opera più famosa Arcipelago Gulag, concepito sin dal 1957 ma che verrà completata nel 1970, pubblicata il 28 dicembre 1973 in francese con il sottotitolo, “Saggio di inchiesta narrativa” con questa motivazione scritta dall’autore nel settembre 1973, non riprodotta nelle edizioni successive: “A cuore stretto mi sono astenuto per anni dal pubblicare questo libro, già pronto: il dovere verso chi era ancora vivo prendeva il sopravvento su quello verso i morti. Ma oggi che la sicurezza di stato ha comunque in mano l’opera, non mi rimane altro che pubblicarla immediatamente“.
Nel 1974, anno della consegna del premio Nobel per la Letteratura attribuito nel 1970, “Per la forza etica con la quale ha proseguito l'indispensabile tradizione della letteratura russa”, viene pubblicato “Arcipelago Gulag” da Mondadori. Importante sottolineare due aspetti della sua vicenda umana: l’attribuzione nel 1970 non per la sua opera più famosa e l’attribuzione del premio per la letteratura, pur essendo un matematico fisico, laureatosi nel 1941.
Dietro questa motivazione drammatica, si cela il motivo della sua immediata pubblicazione. La collaboratrice sottoposta a tortura per cinque giorni e cinque notti, consegna il manoscritto al KGB e per il rimorso di un gesto con cui ha tradito il suo Maestro oppure la paura che anche l’originale possa essere sequestrato, si uccide.
La Mostra si conclude con una foto scattata nel 2007 seduto davanti alla sua scrivania con sguardo fiero e postura eretta, scattata un anno prima di morire e la trascrizione della preghiera, che introduce alla visione di una intervista esclusiva rilasciata un anno prima della morte in cui ripercorre la la sua vicenda umana alla luce del documento “vivere senza menzogna” scritto nel 1973 nel quale richiamava i capi dell’URSS a
combattere la corruzione dilagante nel paese.
Il suo percorso di fede, iniziato nel 1953 all’uscita dal Gulag, prima di andare al confino, viene racchiuso in questa preghiera il cui la facilità del credere è il gesto di riscoperta di un Io irriducibile alle vicende umane che lo hanno piagato ma mai fiaccato.
"Come mi è facile vivere con Te, Signore! Com’è facile credere in Te! Quando il mio intelletto confuso si ritira e viene meno, quando gli uomini più intelligenti non vedono al di là di questa sera e non sanno che fare
domani, Tu mi concedi la chiara certezza che esisti e Ti preoccupi, perché non vengano sbarrate tutte le vie che portano al bene. Sulla cresta della gloria terrena io mi volto indietro stupito a guardare la strada percorsa dalla disperazione a questo punto, donde fu dato a me comunicare all’Umanità un riflesso dei Tuoi raggi. Dammi quanto m’è necessario perché continui a rifletterli. E per quello che non riesco a fare, so che Tu hai destinato altri a compierlo".
Questa preghiera, scritta nel 1963, ci consegna la testimonianza, raccolta per un disegno misterioso da Aleksei Naval’nyj, morto in carcere il 16 febbraio 2024, afferma in una raccolta di riflessioni pubblicata nel marzo dello stesso anno, “Io non ho paura non abbiatene neanche voi”. (Scholé- Morcelliana).
Chi sono gli altri? Siamo noi, suoi eredi, le oltre novecento persone che hanno visto la Mostra ed effettuato le visite guidate, condiviso l’esperienza di un uomo che ha vissuto senza menzogna, avendo come unico metro di giudizio il cuore. Come afferma Aleksandr Isaevič Solženicyn “La linea di battaglia tra il bene e il male attraversa il cuore di ogni uomo”, quindi il cuore, il nostro, il mio.