Libri & Editori

Editoria e giochi di potere: quando autori e amicizie contano più dei libri

I media pubblicizzano sempre gli stessi scrittori, invitati da colleghi a cui poi ricambiano il favore: ma siamo sicuri che i loro libri lo meritino?

Natale si avvicina, la corsa ai regali si fa più frenetica e con lei la pubblicazione dei libri confezionati per l’occasione dai soliti autori di facile lettura. Da Saviano alla Bignardi, da Vespa a Travaglio, non manca nessuno, né in libreria né in tv.

Già, perché le presentazioni dei libri sono fondamentali per spingerne la vendita, parlarne, farli conoscere, lo sanno tutti. C’è l’autore sconosciuto che tiene la sua presentazione nella piccola libreria di provincia, e c’è l’autore famoso che rimbalza da un salotto tv all’altro, ospite fisso di presentatori e giornalisti sempre pronti a cavalcare l’onda del successo facile.

Solo nell’ultimo weekend abbiamo trovato Sebastiano Barisoni, vicedirettore di Radio 24, autore di Terra incognita, dalla collega giornalista Barbara Palombelli a Stasera Italia su Rete 4, seguito da Aldo Cazzullo, autore del popolare A riveder le stelle, gentilmente ospitato dal collega Massimo Gramellini su Rai 3 il 12 dicembre, e poi, l’indomani, da Mara Venier a Domenica In, lo stesso giorno in cui Marco Travaglio parlava del suo Bugiardi senza gloria nel salotto di Fabio Fazio.

Giornalisti che ospitano altri giornalisti, che recensiscono altri giornalisti, in un giro di favori tra colleghi che rischia di trasformarsi però in concorrenza sleale, verso gli editori minori e gli autori meno conosciuti, quelli che non hanno grandi amicizie da sfruttare per farsi pubblicità. Ma anche verso i lettori che meritano trasparenza e un’offerta di contenuti di valore da un mondo editoriale quest’anno più che mai messo a dura prova da lockdown e coronavirus.

Chi ci assicura, per assurdo, che i vari Gramellini o Cazzullo siano davvero meritevoli di essere sempre invitati a tutti i talk show, di comparire nei salotti più seguiti e sui giornali più venduti? Il fenomeno dei processi editoriali che prescindono dalla qualità è tanto dilagante quanto grave. Anche perché rischia di alimentare un meccanismo per cui gli editori continuano a pubblicare una cerchia ristretta di eletti dalle vendite assicurate, tarpando le ali a chi avrebbe qualcosa da dire ma non i mezzi per dirlo, e mettendo ancora più in crisi quell’editoria indipendente tagliata fuori da questi giochi di potere.

Riferendosi a un annuncio pubblicitario dell’ultimo libro di Bruno Vespa, sponsorizzato con il bollino “160.000 copie”, Carlo Greppi, autore Utet, commenta sulla sua pagina Facebook: “160.000 copie significa, me lo confermino gli amici editoriali, copie distribuite. Il che vuol dire, a spanne, un centinaio di migliaia di copie vendute. Come ho già scritto: l’orrore. Da un lato mi rincuora realizzare che l’ordine di grandezza, a ora, è il medesimo di Mussolini ha fatto anche cose buone. Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo di Francesco Filippi (Bollati Boringhieri editore), il naturale antidoto alle stronzate qui presenti divulgate nelle scorse settimane”.

E continua poi Greppi chiedendosi: “Vorrei chiarimenti da parte di Rai Libri: che ruolo ha in questa produzione vergognosa il servizio pubblico? Che tipo di accordo ha con Libri Mondadori? Ci mette dei soldi (nostri), ci guadagna? Credo sia giunta ora di pretendere chiarezza, considerate anche campagne pubblicitarie raccapriccianti come questa (ovviamente sul CorSera; non vale neanche la pena taggarlo). Si parla del nostro servizio pubblico (e dei nostri soldi), ma soprattutto della nostra memoria pubblica - è una cosa seria”.

Dopo mesi di incertezza, in cui redattori, correttori di bozze, distributori e librai sono stati costretti a chiudere i battenti ignari del proprio futuro lavorativo, sarebbe bene incentivare la ripartenza di un’editoria di qualità, da promuovere su larga scala ed equamente, favorendo i contenuti più che i nomi e gli agganci.