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“Le perfezioni” di Vincenzo Latronico tra social e realtà
Il romanzo nella dozzina del Premio Strega 2023 tratta il tema di come l’avvento del digitale e dei social network abbia cambiato le nostre vite
Due giovani si trasferiscono da una città del sud Europa a Berlino, ancora pieni di speranze, innamorati, appassionati di computer e grafica. Su internet le foto dei loro profili mostrano Le perfezioni apparenti della loro quotidianità, ma tolto il velo del digitale la realtà è piena di imperfezioni. E neppure loro, così moderni e all’avanguardia, riescono a tenere il tempo di una società che cambia troppo in fretta.
È senza dubbio uno dei romanzi più belli della dozzina del Premio Strega 2023 quello di Vincenzo Latronico, traduttore, giornalista e scrittore, insegnante alla Scuola Holden di Torino ma trasferitosi ormai da tempo a Berlino. Ed è proprio la Berlino che egli ha conosciuto nei decenni scorsi, insieme a quella di oggi così diversa dalla precedente, a svolgere un ruolo da coprotagonista in questo breve libro ricco di taglienti verità. A popolarla sono prima di tutto Anna e Tom, due giovani i cui nomi comuni, uniti alla provenienza vaga da una città dell’Europa del sud, ne fanno l’emblema di una generazione intera: quella che è cresciuta nell’epoca dei social network, o meglio della loro apparizione e poi diffusione, al punto da stravolgere il modo di fare comunicazione, di vendere, di lavorare, di relazionarsi. Giocherellare con la grafica e con i computer, andare sempre alla ricerca di nuove tecnologie, scaricare Facebook e poi Instagram è sempre stato per Anna e Tom un divertimento, qualcosa che facevano volentieri nelle ore libere; per lo meno fino a quando non è divenuto un lavoro a tempo pieno senza neppure rendersene conto, fagocitando ore e ore davanti a uno schermo.
Così, come è successo a loro, per tante altre persone il confine tra ciò che è reale e ciò che è virtuale si è fatto sempre più sfumato, fino a rendere la condivisione del ricordo in rete per acchiappare like un piacere maggiore rispetto al momento stesso, vissuto nella sua imperfetta realtà. Non è dunque un caso se Latronico intitola il suo romanzo edito da Bompiani Le perfezioni, quelle mostrate e quelle ricercate, tali da diventare esse stesse verità, lasciando l’amaro in bocca ogni volta che si esce dal mondo incantato della finzione digitale. La casa, le cene, la cucina, le piante, le uscite con gli amici, i viaggi: tutto appare loro tanto più insoddisfacente dal vivo quanto più straordinario diventa se filtrato da uno schermo.
«Eppure col passare del tempo erano meno severi con quelle scampagnate, come se l’atto del ricordare virasse la qualità della loro esperienza. Quando scorrevano i loro profili si soffermavano sulle vecchie fotografie dei laptop sui tavolini in riva al mare, col sole riflesso nei bicchieri degli aperitivi mentre Berlino era stretta dalla neve, e qualcosa della seduzione di quelle immagini gli faceva dimenticare lo stress che all’epoca si annidava appena fuori dall’inquadratura. Erano immagini di una vita libera ed entusiasmante. Erano anche le immagini con più like, e quelle che più di frequente ne accumulavano anche mesi dopo la pubblicazione».
Sono parole così calzanti quelle che Latronico usa in questa breve storia che ci racconta tutti, perché siamo proprio noi i figli della società digitale, quelli che hanno imparato quanto sia importante comunicare bene: non conta più ciò che è, ha valore ciò che appare, come lo si riesce a immortalare, a trasmettere, a veicolare. Lo storytelling ha ormai ampiamente soverchiato il contenuto, più o meno per tutti. Eppure, c’è un problema di fondo che neppure Anna e Tom, nel loro essere così progressisti, trasferitisi nella città più all’avanguardia d’Europa e “fortunati” per aver trasformato una passione in un lavoro, non si sono mai posti. Il tempo del cambiamento è ormai ridotto al minimo, perciò chi dieci anni prima era il nuovo che avanzava, dieci anni dopo – ma potremmo ben dire anche solo un anno dopo – è già vecchio, sorpassato, da scartare. Tutto si trasforma alla velocità della luce: i quartieri, le comitive, i prezzi delle case, i mercati, i lavori, le mode, e ovviamente gli strumenti di comunicazione. Ne deriva un effetto di straniamento che lascia confusi e impotenti, fuori luogo, perennemente insoddisfatti e di conseguenza alla costante ricerca di qualcosa che possa riempire il vuoto creatosi. «Negli stessi ambienti che li avevano fatti sentire accolti ora si percepivano quasi come degli intrusi. Gli spazi d’arte indipendenti e le piccole gallerie dei loro amici chiudevano per i costi eccessivi delle fiere, o si fondevano in conglomerati trasnazionali, o si trasferivano a Bruxelles, a Napoli, a Lipsia, che da dieci anni era la nuova Berlino. (…) Lungo i percorsi abituali notavano immancabilmente cosa era cambiato. (…) E mentre camminavano, intorno a loro si dipanava tutta la storia dei loro anni a Berlino, incastonata nello spazio fisico della città con più fermezza che nella loro memoria».
Se da una parte c’è l’inarrestabile mutamento di una società – e di una città (o di un mondo intero, potremmo dire) – che segue sempre più le regole economiche, lasciando indietro tutto ciò che non dà profitto in poco tempo, dall’altra c’è il naturale progredire nel cammino della vita, con le esigenze dei trent’anni che non sono quelle dei venti e poi quelle dei quaranta che non riconoscono neppure più le persone di una volta. Per sfuggire all’implacabile avanzare del tempo Anna e Tom provano a svolgere lavori diversi, pensano di mettersi in proprio, viaggiano, si aprono alle strade della trasgressione e della sessualità libera senza esserne minimamente gratificati, si spostano di città in città, di casa in casa, fino a quando decidono di cogliere al balzo un’occasione e diventare loro stessi ciò che fino a quel momento avevano detestato: soggetti accalappiati nella grande tela del turismo. Anna eredita una masseria in cui finiscono per trasferirsi, dando presto avvio ai lavori di ristrutturazione ovviamente documentati sui social, per poi accogliere i primi ospiti. È una vita dura, molto diversa da ciò a cui sono abituati, più manuale che intellettuale, senza attimi di preziosa solitudine. Una vita al servizio del sistema economico. Ma se c’è una cosa che Anna e Tom sanno fare al meglio è trasformare l’imperfezione in una perfezione attraverso un’immagine, una caption, un reel, per regalare il lieto fine non soltanto a chi li osserva e li invidia da lontano, ma in fondo anche a sé stessi (o almeno così vogliono pensare).
«Sullo smartphone troveranno la notifica delle prime recensioni e ogni pesantezza svanirà. Ne saranno arrivate tre e nessuna avrà meno di cinque stelle. Una sarà firmata da una donna con più di trecentomila follower, che li avrà anche taggati in un post che parlerà, come concordato, dell’accoglienza spigliata ma impeccabile, della scelta dei vini naturali, dell’atmosfera semplice ed elegante, mediterranea eppure così internazionale. È tutto davvero perfetto, dirà la story a corredo. È proprio come nelle immagini».