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Veltroni: "Moro faceva più paura vivo che morto: lo stato era marcio dentro"

"Non dico che Moro non sia stato cercato. Ma è chiaro che Moro libero faceva più paura di Moro morto. Dopo, lo Stato trattò per Cirillo, persino usando la camorra. Il ministro Cossiga, al Viminale, aveva intorno tutti uomini della P2. Non credo all'epoca si avesse percezione di tutti quei centri di potere occulto, uno Stato che aveva il marcio dentro. Anche quando arrivano i consulenti americani il loro obiettivo, poi persino dichiarato nei libri, era che Moro morisse".

Per questo, continua Veltroni, "fu costruita la grande menzogna sulle lettere di Moro. Quelle missive non erano scritte sotto dettatura, ma esprimevano, certo nelle condizioni date, il pensiero di Moro, la sua idea dei rapporti tra persone e Stato". Sulle trattative per liberare Moro il Pci prese la linea della fermezza "per due ragioni. A parlare di 'album di famiglia', sottolineando cioè che i brigatisti non erano agenti dei servizi bulgari, non fu solo Rossana Rossanda. Lo disse anche il democristiano Giovanni Galloni. Il Pci aveva bisogno di marcare un confine netto con quell'area. E poi c'erano stati poliziotti, giudici, giornalisti ammazzati. Per lo Stato trattare con le Br, in quel clima, non era facile. Però c'erano due fermezze. Quella politica, condivisa da quasi tutti i partiti, e quella opaca, il cui scopo era che Moro non tornasse".

Walter Veltroni è tornato sul caso aldo Moro, in riferimento al suo nuovo libro, pubblicato con Solferino editore: Il caso Moro e la Prima Repubblica.

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