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Didattica e formazione a distanza funzionano? Sembra di no: ecco i motivi

Dad e Fad funzionano?

Sembra di no. Nel corso di questi 8 mesi, fortemente marcati dall’influenza del Coronavirus e dalle misure di contenimento della pandemia, scuola e impresa hanno sperimentato la didattica e la formazione a distanza. Con risultati mediocri. Non è calato significativamente il numero di ore di insegnamento (si calcola meno 20% per le imprese e meno 15% per la scuola e l’università), ma è calata la qualità della didattica. Sostanzialmente per due fattori.

In primo luogo per le difficoltà di insegnanti e formatori a modificare le loro metodologie didattiche per adattarle alla FAD (formazione a distanza).  In secondo luogo, perché abbiamo vissuto una sorta di illusione tecnologica che ha fatto credere ai protagonisti della didattica che le tecnologie per l’e-learning potessero mettere a disposizione degli studenti un repertorio di formazione sostitutivo della presenza fisica degli insegnanti. Ha funzionato poco.

Perché insegnare a distanza non è la stessa cosa che insegnare in presenza, sembra ovvio, ma pochi ne tengono conto adeguatamente: i discenti si stancano facilmente, perdono l’attenzione, si distraggono, viaggiano altrove e con la mente e seguono percorsi multitasking che li portano a fare più cose contemporaneamente, magari di lavoro per gli adulti, spesso facendo giochi o chat telefoniche per i ragazzi. Di questi fattori raramente i docenti tengono conto, come appare evidente a qualunque genitore abbia avuto modo di seguire i propri figli durante lezioni a distanza o durante interrogazioni e compiti in classe. Lo stesso accade nei corsi di formazione.

La modalità webinar è devastante per l’apprendimento perché ci permette di assentarci e fare altro, senza farci sentire obbligati – anche giustamente – a seguire slides e contenuti didattici poco adatti alla fruizione da remoto. Per non parlare della didattica asincrona, l’e-learning, fruibile a distanza e quando fa più comodo al discente ma spesso sovrabbondante, ipertrofica, semplicistica o troppo complessa, raramente adeguata alle reali esigenze di apprendimento e di sviluppo di quelle specifiche competenze che renderebbero la formazione realmente produttiva.

Eppure servirebbero percorsi formativi intelligenti e mirati, servirebbero aule a distanza interattive ed emozionanti. Il paese ne avrebbe bisogno, ne avrebbero bisogno le aziende e ne avrebbero bisogno i nostri ragazzi. Non mancano, in questa direzione, esperienze virtuose ed efficaci, che possono indicarci la strada ancora da percorrere.

Gli studi sul cervello applicati ai processi di apprendimento ci hanno insegnato che un apprendimento avviene più efficacemente se riusciamo a coinvolgere i partecipanti in più dimensioni:

a) DIMENSIONE COGNITIVA:  le argomentazioni razionali attraverso cui comprendiamo un concetto – framing.

b) DIMENSIONE EMOTIVA: il partecipante prova le stesse emozioni stimolate dal docente, in una sorta di risonanza emotiva che lo porta a sentirsi parte di qualcosa. Per questo nella formazione le simulazioni didattiche, i video e le esercitazioni sono fondamentali.

c) DIMENSIONE FISICA: è molto utile toccare fisicamente l’oggetto dell’apprendimento: provare uno strumento, uscire dell’aula, indossare una tuta protettiva, assaggiare un prodotto, sentirne l’odore, muoversi e coinvolgere il corpo durante l’apprendimento.

d) DIMENSIONE NARRATIVA: condividere una storia e renderla comune, raccontare che cosa è successo a qualcuno che conosciamo.

Di fronte a queste dimensioni i limiti della FAD appaiono evidenti, ma non insormontabili. In questi mesi di continui esperimenti e pratiche si sono viste anche aule eccellenti. Alcuni insegnanti e formatori competenti e alcune società e scuole virtuose hanno iniziato a progettare con successo percorsi FAD mettendo in campo alcune semplici metodologie didattiche: la visione a distanza di video e spezzoni di filmati, l’istant survey (che ci permette di conoscere in tempo reale il punto di vista dei partecipanti su un determinato argomento), l’utilizzo attivo e modulare della voce e dello sguardo – quanto mai ravvicinato dalla tecnologia - l’uso della parola ancora più appropriato e specifico, persino il movimento fisico che è diventato multimedialità attraverso l’uso del telefono, dell’ascolto di musica, delle uscite contemporanee sul balcone di casa, dei flashmob, fino all’utilizzo di un quaderno per gli appunti scritto a mano con la stilografica, da fotografare al bisogno e condividere on line con il docente.

Soprattutto è stato largamente sperimentato l’uso coinvolgente delle storie che ha riportato ancora una volta al centro della formazione la narrazione, come strumento principe per emozionare, coinvolgere e dare senso al cambiamento. Stiamo parlando – occorre essere chiari in questo – di processi formativi a distanza che necessitano, per essere efficaci, della presenza sincrona di docenti e partecipanti che possono vedersi, interagire, darsi feedback costanti, scambiarsi materiali di lavoro.

Per sviluppare queste capacità occorre seguire tanti corsi a distanza come partecipanti, prendere il meglio dalle esperienze e dalle scuole migliori. Poi sviluppare ore di volo, esercitarsi a lungo, sperimentare in luoghi protetti (tra colleghi) prima di proporre lunghi percorsi formativi. Allo stesso modo si devono preparare i partecipanti, per una nuova etica della formazione che, superata l’emergenza Coronovirus, dovrà essere condivisa da chiunque voglia trarre un reale profitto da processi di formazione a distanza che diventeranno pratiche e metodologie abituali negli anni a venire.

Le nuove parole d’ordine diventeranno: fiducia, feedback, visibilità, onestà intellettuale, coinvolgimento, partecipazione, relazione. La strada da percorrere è semplice, ma occorre la volontà politica e occorrono investimenti adeguati. La posta in gioco è il futuro delle nostre imprese e, ancora più importante, quello dei nostri ragazzi.

*Founder & Senior Partner Gruppo Prospecta‎

E-mail: massimiliano.santoro@gruppoprospecta.it

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