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La Civiltà Cattolica contro la Teologia della Prosperità

Giuseppe Vatinno

Padre Spadaro critica il neoilberismo

Nell’ultimo numero de La Civiltà Cattolica Padre Antonio Spadaro (che ne è anche il direttore) e Marcelo Figueroa (direttore de L’Osservatore Romano argentino, evangelico e non cattolico) affrontano, in un lungo e complesso articolo, il tema della “Teologia della Prosperità” che è un movimento inserito nell’alveo dei neo - pentecostali, fondato dal pastore americano Esek William Kenyon.

Invero, giusto un anno fa, i due autori fecero uscire, sempre su La Civiltà Cattolica, un articolo sul fondamentalismo evangelicale (che ha dietro la Teologia della Prosperità) e l’integralismo cattolico che provocò un vivace dibattito soprattutto negli Stati Uniti e che è protratto per lungo tempo.

Questa visione del cristianesimo ha il suo punto di forza negli Usa e nel cosiddetto American Dream. Il suo insegnamento base è che la fede in Gesù Cristo non ha solo effetti spirituali, ma bensì concreti e principalmente nel campo del successo economico e finanziario. Questa visione si riconnette con la filosofia del pensiero positivo che tanto successo sta avendo in America e nel mondo. La Teologia della Prosperità non è solo presente negli Usa, ma anche in Sudamerica e i suoi numeri dimostrano che è in costante sviluppo. Essa ha una visione del cristianesimo per cui gli esseri umani dovrebbero essere felici e ricchi proprio perché la ricchezza è il segno visibile della benevolenza di Dio per chi lo segue.

Evidente è l’influenza del sociologo Max Weber e del suo fondamentale saggio “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”, che è alla base della connessione tra prosperità e fede nei Paesi anglosassoni. Anche il filosofo ed economista scozzese Adam Smith, autore de “La ricchezza delle nazioni”, è connesso a questa visione, anche materiale, della fede cristiana.

L’articolo è rilevante, perché La Civiltà Cattolica è sottoposto ad imprimatur dalla Santa Sede e quello che dice Padre Spadaro lo dice Papa Francesco, insomma si tratta di un proseguimento per differita persona dell’attività pastorale papale, roba non da poco.

Naturalmente la Chiesa Cattolica è libera di fare tutte le sue riflessioni ed anzi le deve fare in campo teologico, ma qualche dubbio sorge.

Ad esempio si legge nell’articolo che “Scopo della nostra riflessione è quello di illustrare e valutare questo fenomeno, che intende essere anche un tentativo di giustificazione teologica del neoliberismo economico. Alla fine verificheremo come papa Francesco sia intervenuto più volte per indicare i pericoli di questa teologia che, come è stato detto, «oscura il Vangelo di Cristo».

Del tutto esplicita la critica al neoliberismo economico Usa che non è detto che sia a priori una cosa negativa in sé come i due giornalisti dipingono, anzi può essere un formidabile strumento di progresso sociale, se coniugato all’attenzione con chi non ce la fa (welfare).

Nel capitolo poi denominato “Il pragmatismo e la superbia del successo” si legge:

“Il «vangelo» descritto viene facilmente assimilato nelle società attuali, in cui la legittimità del soprannaturale richiede una qualche verifica sperimentale. Il pragmatismo del successo richiede proposte semplici di fede. L’urgenza di una vita prospera e senza sofferenze si adegua a una religiosità a misura del cliente, e il kairos del Dio della storia si adegua al kronos frenetico della vita attuale. In definitiva, qui si parla di un dio concepito a immagine e somiglianza delle persone e delle loro realtà, e non secondo il modello biblico. In alcune società in cui la meritocrazia è stata fatta coincidere con il livello socio-economico senza che si tenga conto delle enormi differenze di opportunità, questo «vangelo», che mette l’accento sulla fede come «merito» per ascendere nella scala sociale, risulta ingiusto e radicalmente anti-evangelico.”

A ricerca della prosperità” non sembra una richiesta malvagia, ma solo di buon senso.

Inoltre la meritocrazia (santificata nella parabola evangelica dei talenti) è un valore positivo e non negativo come sembra ritenere Padre Spadaro ed entrando nel campo della teologia le “differenti opportunità” non sono forse insite nel mistero del piano salvifico e quindi anch’esse positive nella loro dimensione di sfida esistenziale?

E poi ancora:

 “Sin dall’inizio del suo pontificato Francesco ha avuto presente il «vangelo diverso» della «teologia della prosperità» e, criticandolo, ha applicato la classica dottrina sociale della Chiesa. Più volte lo ha richiamato per porne in evidenza i pericoli. “.

Diciamo che evidenziare “i pericoli della prosperità” non pare una grande scelta, in un mondo che è ancora alle prese con la crisi economica del 2008; semmai occorre evidenziare “i pericoli della indigenza”.

Vi è anche un attacco allo gnosticismo che viene addirittura definito una “eresia”:

La «teologia della prosperità» esprime anche l’altra grande eresia del nostro tempo, cioè lo «gnosticismo»: infatti, afferma che con i poteri della mente è possibile plasmare la realtà. 

Ma in definitiva cosa è il “miracolo” cristiano in generale e cattolico in particolare se non la capacità di modificare la realtà proprio con “il potere della mente”, inteso come pensiero di fede?

E’ comprensibile che un Papa come Francesco, molto attento alla dimensione sociale del Concilio Vaticano II, guardi con sospetto la ricchezza e l’abbondanza, ma da questo ad attaccare un intero modello economico e sociale, come quello Occidentale che ha comunque prodotto ricchezza e prosperità per molti, il passo è lungo e soprattutto pericoloso perché apre il fianco alla facile critica di far politica contro il Presidente Usa Donald Trump che oltretutto è  stato un seguace di uno dei pastori contestati nell’articolo, Vincent Peale, autore del best seller The Power of Positive Thinking (Il Potere del Pensiero Positivo). Trump, insieme alle sue sorelle, si è addirittura sposato nella sua Chiesa riformata. Continuando nella disamina dell’articolo non si può non constatare che le citazioni bibliche ed evangeliche nell’articolo risultano “di parte”, e cioè ci sono solo quelle pauperistiche e non quelle, soprattutto nell’Antico Testamento, in cui si fa riferimento alla ricchezza e all’abbondanza come “doni di Dio”.

Se l’intento dell’articolo era quello pastorale le idee di un cattolico che la legge rischiano di diventare ancor più confuse, a causa delle contraddizioni sul tema che si leggono nella Bibbia. Si tratta di credere nel Dio degli Eserciti di Israele, ricco e potente o nel Dio di amore di Gesù Cristo, povero e mite?

Attingendo a queste contraddizioni si offre oltretutto il fianco alla facile critica di chi vede nel Libro solo una amalgama incoerente di affermazioni che spesso si contraddicono.

Se l’intento dell’articolo era invece politico (e lo è sicuramente in diverse parti) si tratta di una ingerenza mal supportata dai fatti storici e dai modelli economici, che lascia comunque un certo fastidio nei laici e anche nei “cattolici adulti” che sono credenti, ma hanno netta la distinzione tra laicità dello Stato e il proprio credo religioso.