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"Le big tech non sono in crisi, sono solo diventate 'mature'. E ora..."

di Lorenzo Goj

La pandemia ha portato a questo tipo di società guadagni inimmaginabili. Ma la situazione non poteva durare per sempre

“Le Big Tech, in vista dei forti cali dello sviluppo (e dunque degli ultra-profitti), vanno nel panico e iniziano ad attuare politiche di licenziamenti di massa (nel 2022 sono stati tagliati circa 50 mila posti). Che, tra l’altro, non sono neanche così ingenti se paragonate ad altre grandi realtà nel mondo del lavoro…”, punge Fleischner.

“E così, il panico delle Big Tech va a contagiare anche gli investitori che, a fronte di tagli e allarmati dai mass media, vendono più azioni possibile facendo inevitabilmente scivolare il valore di mercato”. Ed ecco dunque spiegato il motivo cardine del crollo in Borsa dei giganti tecnologici.

“Ma non è tutto”, tuona l’esperto. “Un altro motivo per cui parlare di crollo è fuorviante sono gli incassi delle suddette società. I ricavi e i fatturati dei vari Amazon, Apple, Google, Meta, Microsoft, Netflix e Tesla non sono crollati. Sono semplicemente rimasti (più o meno) in pari. Non sono crollati i ricavi, dunque, ma semplicemente sono finiti gli ultra-profitti. Come si può, dunque, parlare di crollo del Big Tech se queste aziende continuano a macinare denaro?”, spiega Fleischner.

“Piuttosto, possiamo dire che queste siano maturate. Non vivono più nella logica delle startup che possono puntare a lunghi periodi di crescita continua. Il plateau di clienti non è infinito e i colossi del Big Tech hanno raggiunto una sorta di ‘limite’. E, come insegna la storia, quando verranno raggiunti nuovi mercati (rappresentati in maggioranza dai Paesi in via di sviluppo come l’Africa), assisteremo a un nuovo boom di crescita, ricavi e fatturato”.