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Rai, Endemol dalla parte di Fazio. Ma la difesa fa acqua: ecco perché
Riassunto delle puntate precedente: Yanis Varoufakis, ex ministro greco delle Finanze, è stato ospitato dalla Rai. Compenso: 24 mila euro più spese. La cifra ha scatenato le polemiche, alle quali viale Mazzini ha risposto vietando anche alle società esterne di pagare i politici.
A produrre Che tempo che fa è infatti Endemol, che – come ha sottolineato la Rai - “ha la gestione diretta economica degli ospiti della trasmissione, all’interno di un plafond complessivo e concordato”. L'amministratore delegato e presidente della società, Paolo Bassetti, ha risposto con una nota stampa. Ma la difesa fa acqua in molti punti. Ecco perché.
“Gli attacchi di questi giorni a Rai Tre e Che tempo che fa - si legge nella nota stampa - sono strumentali ed eccessivi e colpiscono, ingiustamente, uno dei programmi che resta tra le migliori produzioni della televisione italiana degli ultimi anni, riconosciuta anche a livello internazionale, e di cui siamo orgogliosi. Certo, criticare Che tempo che fa dà a tutti molta visibilità. Siamo certi che Fabio Fazio e Che tempo che fa, da tredici edizioni, svolgono con creatività e responsabilità il ruolo di servizio pubblico. A questo si aggiunge il successo indiscutibile della trasmissione in termini di ascolti che si traducono in preziose entrate pubblicitarie per la Rai. Che tempo che fa è uno dei pochi programmi che mettono insieme servizio pubblico e grandi entrate pubblicitarie. E che permettono alla Rai di produrre anche altri programmi realizzati internamente”.
Ascolti flop - È vero: le spese di un programma devono essere parametrate (come in qualsiasi azienda) con le entrate. Se un programma costa 10 milioni ma ne incassa 15 è un successo. Se una produzione ne costa 2 ma ne ottiene 1 è un fiasco. Ecco perché anche lo stipendio di Fabio Fazio (un paio di milioni di euro l'anno) potrebbe anche essere giustificato. Gli incassi pubblicitari e il saldo netto di Che tempo che fa non sono però noti. È un problema di trasparenza, che ovviamente non riguarda solo Endemol ma coinvolge lo status ibrido della Rai: è una tv pubblica (che funziona con i soldi dei contribuenti) ma è anche una tv commerciale che, come tale, non svela i dettagli per non avvantaggiare la concorrenza.
Lasciando da parte le critiche populiste, l'ospitata di Varoufakis è un errore proprio sotto la lente dei costi-benefici. La puntata del 27 settembre ha avuto 2,55 milioni di spettatori e il 9,78% di share. Meno delle due successive: 2.928.000 spettatori e l'11,3% di share il 4 ottobre; 3.206.000 spettatori e 11.91% di share l'11 ottobre. I numeri sono chiari solo perché li ha svelati Varoufakis e non la Rai. Di certo ci saranno casi di costi-benefici ben più eclatanti (sia in positivo che in negativo). Ecco perché servirebbe quella trasparenza che adesso non c'è.
“In questi anni – continua Bassetti - a Che tempo che fa i politici ovviamente non sono mai stati pagati per la loro partecipazione. La scelta, condivisa con la Rai, di Yanis Varoufakis, economista, docente di Teoria economica all’Università di Atene ed ex leader politico, rientra nel caso di personalità che fanno conferenze internazionali come attività professionale e, per il suo intervento, Varoufakis ha ricevuto, a nostro parere, che gestiamo il budget ospiti, un compenso in linea con le quotazioni di mercato”.
La quotazione di mercato - Questo è il passaggio più discutibile della versione di Bassetti, anche ammettendo l'idea sfumata di Varoufakis ex politico e adesso “conferenziere di professione”. Più che altro non regge la teoria che il compenso sia “in linea con le quotazioni di mercato”, che varia in base all'ospite. Quel è quella di Varoufakis? È lontana dai 55 mila euro. L'ex ministro ha infatti pubblicato i dati proprio per smentire le indiscrezioni che ipotizzavano super-parcelle. Tra fine agosto e settembre (cioè da quando sarebbe diventato “conferenziere di professione”), Varoufakis ha partecipato a 25 appuntamenti. Solo in cinque casi ha ricevuto un compenso. Le cifre: oltre alla Rai, 28.800 euro per una conferenza a Singapore, 1700 dal comune di Barcellona, 500 per un incontro a Berlino e 1000 per uno speech a Mosca. Se volessimo individuare casi vicini alla Rai, c'è l'ospitata alla Bbc del 24 settembre: gratuita. Varoufakis è stato ospite in Italia in un'altra occasione: un convegno organizzato da The European House Ambrosetti: sempre gratis.
“Sono stupito che alla fine si arrivi sempre alle solite critiche mosse alle produzioni indipendenti, ma questa è anche l’occasione per ricordare che in tutto il mondo le società di produzione esterne sono partner strategici dei broadcaster anche pubblici, contribuiscono a creare valore economico e ad amplificare il mercato del lavoro, creando posti per migliaia di persone. E’ quindi indispensabile che il servizio pubblico difenda queste realtà. E invece mi chiederei del perché in Italia la produzione indipendente è il fanalino di coda di tutta Europa. In Rai ci sono grandi professionalità, sicuramente in grado di produrre anche internamente, ma oppresse da un sistema burocratico che paralizza ogni attività sia interna che esterna”.
Trasparenza - In questo ultimo stralcio della nota stampa, Bassetti tocca a ragione un nervo scoperto. La Rai, con una rapidità che non le è solita, ha imposto anche alle società esterne il divieto di pagare i politici. Viale Mazzini ha scaricato nottetempo le responsabilità su Endemol. Che, giustamente, non ci sta. Perché il problema (oltre alla necessità di fare servizio pubblico) non sono i costi ma il bilancio con i profitti. Un elemento che solo la trasparenza può svelare. E questo non è un problema di Endemol.
@paolofiore