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Rai, tutti i guai di Campo Dall'Orto. I piccoli canali rischiano il taglio

Antonio Campo Dall'Orto è arrivato sulla poltrona di direttore generale Rai con la reputazione di renziano. E in molti si aspettavano un comportamento renziano: fare in fretta (cambiando in bene o in male si vedrà).

Invece non è così: Dall'Orto è bloccato da una riforma dalle tempistiche ondivaghe. Che dovrebbe dargli pieni poteri e il ruolo di amministratore delegato. Per ora, il dg è circondato dai manager voluti dal suo predecessore Luigi Gubitosi: Costanza Esclapon (Comunicazione), Gianfranco Cariola (Internal Auditing), Camillo Rossotto (Finanza e Pianificazione), Valerio Zingarelli (Chief Technology Officer), Alessandro Picardi (Relazioni istituzionali e internazionali), Fabrizio Piscopo (Rai pubblicità). Manager contrattualizzati che sarebbe oneroso rimuovere. La prima nomina di un certo peso è arrivata ieri, con Cinzia Squadrone nuovo direttore del Marketing.

Per il resto nulla. La stasi non sta facendo bene all'azienda. La Rai sta attraversando un periodo complesso. Chiamata in ballo dall'ipotesi del canone in bolletta, è stata vittima di un ritorno di fiamma, alimentato (soprattutto sui social network) da una domanda: “Perché dovrei pagare il canone?”.

Il pasticcio Auditel 
Suo malgrado, la Rai si è ritrovata tra le mani la patata bollente della partecipata Auditel. Il pasticcio è una figuraccia. E la decisione di bloccare la diffusione degli ascolti (presa dal cda, quindi anche dalla Rai) è una pezza che non risolve il problema: punta solo ad attendere che il polverone si abbassi. La faccenda, in ogni caso, non sarà certo una medaglia da appuntarsi al petto quando Auditel (con i suoi soci) si presenterà davanti ai mercati per la quotazione.

Le pressioni del governo 
Da quando Campo Dall'Orto si è insediato, sono aumentati (non per causa sua) i grattacapi. Prima ci ha pensato Michele Anzaldi. Il deputato Pd che siede nella Commissione di Vigilanza ha attaccato i talk show e Tg 3, rei di “non aver capito chi ha vinto”. Un'uscita (mai biasimata da Renzi) che ha sortito la reazione di Fnsi e redazione del telegiornale, che è tornata a parlare di “editto bulgaro”.

Sui talk show si è pronunciato anche Matteo Renzi, gioendo del successo di Rambo a scapito di Di Martedì e Ballarò. Come se non bastasse, si sono aggiunti J-Ax e Milena Gabanelli. Il cantante, su Rai2, ha attaccato un altro un altro programma della Rete, The Voice. La giornalista, nell'ultima puntata di Report, ha parlato di gare d'appalto e investimenti che toccano proprio la Rai. E in viale Mazzini non hanno fatto certo i salti di gioia. Insomma: il clima non è leggerissimo. E stride con la promessa di buttare fuori i partiti dalla Rai.

Ascolti flop 
Dell'Orto aspetta pieni poteri. Pare però quantomeno rimandato il progetto di unificare i tg in due newsroom. L'idea era quella di tagliare i costi. Ma demansionare è vietato, licenziare è impossibile o molto costoso e l'Usigrai sta facendo sentire tutto il suo peso.

Occhi puntati, quindi, sui piccoli canali dell'azienda, moltiplicatisi con il digitale terrestre. Senza successo. Lo share di Rai4 e Rai5 supera di poco l'1% (in due). Per fare un confronto con la diretta concorrenza: Iris è intorno all’1,34%. Rai Storia è residuale: 0,19%. Sono quindi questi i canali nel mirino. Perché Rai Movie e Rai Premium fanno meglio (poco sopra e poco sotto l'1%), lo Sport tiene botta, così come le emittenti per bambini (Rai YoYo e Rai Gulp).

E poi c'è RaiNews: due restyling non sono serviti a rinvigorire il canale. Gli ascolti sono fermi allo 0,5% di share e non sembrano dare prospettive di miglioramento. Il servizio pubblico però non si priverà delle alla news, destinate quindi ad essere una voce di spesa.

Con o senza poteri, è difficile che Dall'Orto possa cambiare le sordi dei “canalini” Rai. Anche perché, con Discovery in crescita ed Mtv 8 (cioè con Sky tra generalisti) la concorrenza è sempre più forte.