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Rai, un anno con Fabrizio Salini: cosa ha fatto finora l'Ad del "Cambiamento"?

Marco Zonetti

Bilancio di un anno di amministrazione da parte dell'Ad voluto dal m5s alla guida del Servizio Pubblico, ma in sintonia anche con il Pd

Rai, tempo di bilanci per l'amministratore delegato Fabrizio Salini, insediatosi a fine luglio 2018 in pieno idillio tra Lega e M5s appena unitisi in "matrimonio" nel governo giallo-verde. Governo giallo-verde che, un anno più tardi, ha abbandonato le sfumature leghiste per assumere le gradazioni dem.

Per parafrasare l'Amleto di William Shakespeare, la veglia funebre dell'esecutivo Lega-M5s si è nottetempo trasformata nel banchetto nuziale del nuovo sposalizio tra "grillini e piddini" e l'Ad Salini si trova a gestire il mutamento repentino degli equilibri politici in Rai, con un fisiologico repulisti in atto contro i residui leghisti a Viale Mazzini.

Ma, durante quest'anno della sua amministrazione, spesso vincolato e ostacolato da frizioni, attriti, faide e autentiche guerre tra M5s e Carroccio per accaparrarsi il maggior numero di spazi e poltrone in Rai, Fabrizio Salini che cosa è riuscito a portare a casa?

Proviamo a stilare un elenco ragionato.

Possiamo ascrivere all'Ad la riduzione e un non indifferente sfoltimento dei compensi relativo al Festival di Sanremo 2019, nonché degli emolumenti di Fabio Fazio e di Bruno Vespa. Quanto a Fazio, va riconosciuta a Salini la soluzione del nodo del "trasloco" di Che Tempo che Fa su Rai2, impedendo che il conduttore ligure intentasse una causa alla Rai scaricando sul groppone dei contribuenti una penale a molte cifre. 

Salini è stato anche artefice della riduzione dell'accordo con la Lux Vide e con la Cbs, con un cospicuo risparmio delle risorse Rai; del taglio dei costi della soap Il Paradiso delle Signore (salvando nel contempo la soap e i posti di lavoro delle maestranze a rischio), dello stop allo strapotere di agenti e produttori (Lucio Presta e Beppe Caschetto in primis). 

Si è intascato l'approvazione del piano industriale da parte del Cd e ha favorito il ritorno di Fiorello in Rai; ha quindi aperto per la prima volta nella storia del Festival di Sanremo un tavolo con l'industria discografica per una maggiore apertura degli operatori del settore; ha difeso a spada tratta il direttore di RaiNews Antonio Di Bella, la direttrice del Tg2 Giuseppina Paterniti e il direttore di Rai3 Stefano Coletta, proteggendoli dall'epurazione.

Per quanto riguarda Rai Corporate, ha aumentato le quote rosa, ringiovanendo al tempo stesso le risorse umane tramite l'accantonamento della vecchia Rai. Si è battuto per la valorizzazione delle risorse interne (favorendo per esempio la conferma di Valentina Bisti a UnoMattina e il passaggio di Alberto Matano alla Vita in Diretta); ha quindi chiuso uno storico accordo per la regolarizzazione del contratto dei giornalisti.

Malgrado le performance Auditel della Prima Rete in vistoso e preoccupante calo, Salini può essere gratificato dall'aumento degli ascolti della Rai in generale. Benché, ci preme ricordargli, le sorti dell'Ad Rai siano in fondo legate a doppio filo a quelle dell'Ammiraglia, anche perché è l'Ad in persona a nominare i vertici delle varie reti. Quindi lo invitiamo a non dormire sugli allori per i buoni risultati della Rai in generale, e d'intervenire invece tempestivamente sulla situazione di Rai1, riportando il fiore all'occhiello del Servizio Pubblico a risultati soddisfacenti come si conviene alla storica Prima Rete. Perché dopo un anno, e con protettori politici mutati, le responsabilità di successi e insuccessi ricadono ormai anche sulle sue larghe spalle. Avendo per giunta pieni poteri grazie alla legge Renzi. 

Fabrizio Salini affronta il secondo anno della sua amministrazione rafforzato e, senz'altro, ben saldo sulla sua poltrona. Posizione più che ideale per risolvere le problematiche rimaste sul tavolo, potendo operare in un'atmosfera non altrettanto velenosa grazie al clima politico meno arroventato. Almeno sulla carta.