Medicina

Bayer e contraccezione: la campagna informativa per le Millennial

La Dott.sa Farris: il 41% delle gravidanze sono indesiderate, anche per mancanza di informazione

Bayer e la Dott.sa Farris sulla contraccezione: il 41% delle gravidanze sono indesiderate, il 20% delle ragazze non ha mai parlato di contraccezione con il proprio medico. L’85,2% delle giovani ritengono insufficiente l’educazione sessuale ricevuta a scuola e, in generale, il livello di consapevolezza sul tema è inferiore rispetto a quello di dieci anni fa.

È questo il quadro, decisamente preoccupante, emerso nel corso dell’incontro “Donne e contraccezione: La consapevolezza è libertà” promosso da Bayer, azienda che attraverso il proprio impegno in ricerca e innovazione è leader nel campo della salute femminile.

Per ribadire il proprio ruolo, anche sociale, su questo argomento, Bayer ha coinvolto nei lavori una grande esperta del tema quale Dottoressa Manuela Farris specialista in ginecologia e ostetricia, Consigliere della Società italiana di ginecologia dell’infanzia e dell’adolescenza (SIGIA) e della Società italiana di Menopausa, nonché membro dell’Expert Group of Non Hormonal Contraception, European Society of Contraception and Reproductive Health e della Società Italiana di Contraccezione.

La sua esperienza specifica nel lavoro con le adolescenti ha consentito di inquadrare al meglio la problematica.

Partiamo dai dati ufficiali della World Health Organization dai quali emerge che, in tutto il mondo, il 41% delle gravidanze siano indesiderate e che ben il 50% si concludano con un’interruzione volontaria di gravidanza. La WHO afferma che, se tutte le donne utilizzassero contraccettivi affidabili, il numero di gravidanze inattese crollerebbe di ben il 70%.

In Italia, dai dati pubblicati dal Ministero della Salute, il ricorso alla contraccezione di emergenza, la cosiddetta “pillola del giorno dopo”, è passato da 16.000 unità vendute nel 2014 a 190.000 nel 2016. “La possibilità di ricorrervi senza prescrizione ha facilitato l’accesso a questo metodo, che è sicuramente fondamentale nei casi di emergenza, come ad esempio la rottura del preservativo”, osserva la Dott.sa Farris, aggiungendo però che “questo ci priva della possibilità di dialogo con le pazienti, con le quali prima potevamo discutere di contraccezione regolare. Per molte, invece, la contraccezione di emergenza è una soluzione che rimpiazza quella normale”.

Perché occuparsi di contraccezione è fondamentale, in una società nella quale si fanno sempre meno figli? “È importante anche perché una corretta contraccezione serve a preservare la fertilità – spiega la Dott.sa FarrisNel 50% dei casi di interruzione di una gravidanza extrauterina comporta infatti che la donna veda ridotta la propria successiva capacità riproduttiva”.

L’Italia è particolarmente indietro nell’ambito dei contraccettivi ormonali, soprattutto rispetto a paesi come Belgio, Olanda e Lussemburgo dove il 40% delle donne li utilizza. In questa graduatoria il nostro paese è fermo, al pari dell’Ungheria, al 14%. “Il problema è di ordine educativo e familiare, ma anche normativo – osserva la specialista – In alcuni paesi, c’è una compartecipazione pubblica alla spesa che da noi non esiste. Per questo motivo, ad esempio, la stessa marca di preservativi può costare il doppio in Italia rispetto alla Francia”.

Anche all’interno dello scenario nazionale, il panorama è molto composito. Da un ricalcolo dei dati dell’Istituto Mondiale della Sanità e ISTAT si nota che, man mano che si percorre lo stivale verso sud, il ricorso a qualunque metodo contraccettivo ormonale diminuisce drasticamente. L’unica eccezione è la Sardegna, con percentuali vicini a quelle dei paesi del Nord Europa. La Dott.sa Farris, che tra l’altro ha origini sarde, spiega questa positiva “anomalia” con l’ottima tradizione ginecologica dell’isola ed anche con la diffusione dell’anemia mediterranea nella Regione, situazione che spinge a una maggiore programmazione delle gravidanze.

Parlando della necessità di un’ampia campagna educazionale e di sensibilizzazione sul tema contraccezione, è emerso come l’89% delle giovani utilizzino Internet come principale fonte di informazione, col concreto rischio di incappare in “fake news”.

Un dato altrettanto inquietante è rappresentato dal fatto che quasi due terzi delle millennial abbia avuto rapporti non protetti. Oltre all’imbarazzo nell’acquisto del profilattico, tuttora legato a uno stigma di “disponibilità” sessuale, la maggior parte delle opzioni contraccettive rimane sconosciuta, nonostante l’ampio accesso a fonti d’informazione.

Partecipando direttamente a programmi di educazione sessuale nelle scuole, la Dott.sa Farris ha evidenziato anche il problema consistente nella necessità di mettere d’accordo insegnanti e genitori sul tema, operazione che ancora oggi non è facile, a causa di pregiudizi e resistenze psicologiche e culturali.

Eppure, il ruolo dei genitori è fondamentale: quasi la metà dei giovani (48%) chiede informazioni sulla contraccezione agli amici, anche per mancanza di alternative. “Dalla mia esperienza di consulenza a giovani adolescenti posso affermare che la cultura contraccezionale delle ragazze dipende molto da quella delle madri, le quali possono favorire determinate scelte o atteggiamenti. Non bisogna però trascurare la figura del padre: spesso, nei casi di famiglie separate, mi è capitato che fosse proprio il papà a portarmi la figlia e con un‘attenzione specifica non certo inferiore”, spiega Farris.

Anche nel dialogo interno alla coppia la programmazione familiare e la contraccezione in generale sembrano non essere una tematica tabù per le millennial, infatti il 77% di loro non prova imbarazzo a parlarne col partner.

La famiglia e il partner sono dunque due punti di riferimento importanti, ma rimane comunque centrale il ruolo dei medici e proprio su questo la Dott.sa Farris ha rassicurato circa un vecchio retaggio culturale che sembra ormai scomparso: “Per fortuna, anche nell’affrontare una consulenza ginecologica, l’imbarazzo è cosa sempre più rara. D’altro canto, per la mia esperienza, esistono fondamentalmente due tipologie di pazienti che si rivolgono al medico; quelle che si pongono effettivamente il problema di fare la scelta giusta in ambito contraccettivo e chi non lo fa a causa di un certo grado di superficialità e per una diffusa non-informazione. Molto spesso possono fare una scelta contraccettiva per abitudine e routine, salvo poi ricredersi quando si parla di possibili gravidanze e reali casistiche”.

Ma come scegliere il metodo contraccettivo? “La scelta è sicuramente soggettiva e può variare in base a diversi elementi. Per questo promuovere una comunicazione completae accessibile è fondamentale”, dichiara Debora Segalina, responsabile Marketing di prodotto nell’area Women’s Healthcare di Bayer, che aggiunge: “per dare alle donne la possibilità di una scelta consapevole e responsabile è importante che tutti gli attori coinvolti – medici, associazioni, aziende e istituzioni – concorrano a offrire una corretta informazione, soprattutto su un tema così importante e rilevante per la salute e il benessere dell’intera società”.

La conoscenza dei giovani sull’efficacia dei vari metodi contraccettivi è purtroppo molto limitata, infatti – nonostante i dati siano incontrovertibili – considerano pillola (88%) e preservativo (93%) i metodi anticoncezionali più efficaci e, addirittura, il 55% dei giovani annoverano la “pillola del giorno dopo” come efficace metodo contraccettivo. Inoltre, la maggioranza dei metodi contraccettivi rimane loro sconosciuta.

La World Health Organization nel 2015 ha chiarito all’interno dello studio EligibilityCriteria for Contraceptive Use: A WHO Family Planning Cornerstone che “l’errore umano” è spesso la causa principale di “inefficacia dei contraccettivi ormonali”.

L’impianto sottocutaneo e il contraccettivo intrauterino a rilascio ormonale sono efficaci proprio perché non richiedono ulteriori sforzi alle pazienti: la loro efficacia è, rispettivamente, di 0,5 e di 2 casi di gravidanza indesiderata su 1.000. Per quanto riguarda pillola, anello e cerotto, invece, l’utilizzo fa la differenza: in condizioni di utilizzo perfetto tutti e tre i metodi vantano un’efficacia del 3 su 1.000, ma le dimenticanze da parte della paziente fanno scendere tale efficacia a 90 su 1.000.