Medicina
I dermatologi: l'Idrosadenide non va in lockdown, la cura non va sospesa
Al Congresso SIDeMaSt gli specialisti Fabbrocini e Micali mettono in guardia i colpiti: niente stop alle cure, la telemedicina può garantire il consulto medico
Le infiammazioni croniche della pelle più frequenti nella zona delle ascelle e dell’inguine, conosciute come idrosadenite, non vanno in lockdown. Al contrario, le terapie non vanno sospese se non si vuol peggiorare l’infiammazione. Uno stop da evitare anche perché grazie alla telemedicina può essere garantito il consulto dermatologico e, laddove necessario, il supporto psicologico.
È questo il messaggio lanciato da Gabriella Fabbrocini, ordinario di Dermatologia, direttore della Sezione di Dermatologia e Venereologia presso l’Università Federico II di Napoli e dal suo collega direttore della stessa sezione dell’Università di Catania Giuseppe Micali, al congresso della SIDeMaST, la Società italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle malattie sessualmente trasmesse, che oggi chiude i lavori in versione digitale.
Nota anche come Acne inversa o malattia di Verneuil, l’idrosadenite è una malattia infiammatoria cronica della cute che coinvolge i follicoli piliferi terminali localizzandosi in aree corporee ricche di ghiandole sudoripare apocrine: nelle donne si manifesta soprattutto nella zona ascellare, e nelle regioni inguinale e peri-anale negli uomini. Esordisce con noduli, infiammatori o non infiammatori, che possono evolvere in ascessi sottocutanei, formando cavità che portano a fistole drenanti e a cicatrici. Le cause esatte della malattia sono ancora poco chiare, studi istopatologici hanno suggerito come l’occlusione dell’infundibulo follicolare (la parte tra pelo e parete del follicolo) seguita dall’infiammazione giochi un ruolo centrale. Attualmente è ritenuta una malattia infiammatoria e non infettiva anche se, a livello delle lesioni, possono essere presenti varie infezioni indotte da batteri singoli o multipli (infezioni polimicrobiche).
Le armi per contrastarla? Un approccio multidisciplinare e sani stili di vita che possono diventare parte attiva nella terapia contribuendo a limitare i picchi infiammatori. Fondamentale è la tempestività nella diagnosi, troppo spesso tardiva, con conseguente peggioramento della salute del paziente. Ma a venire in soccorso dei pazienti ci sono anche nuovi approcci terapeutici e nuovi farmaci in sperimentazione. E’ Gabriella Fabbrocini che lo spiega nel suo intervento. “La fascia di età più colpita è quella tra i 20 e i 30 anni. Le donne sono più colpite degli uomini, con un rapporto di 3 a 1. Tale rapporto è univoco nella stragrande maggioranza dei paesi europei ed americani; in alcuni paesi asiatici si osserva una frequenza analoga nei due sessi. In Italia, anche grazie ai dati raccolti dagli studi multicentrici del progetto IRHIS (Registro Italiano Idrosadenite Suppurativa), che ha visto la partecipazione di 17 centri di riferimento italiani, le persone colpite variano in funzione dell’area geografica, con una prevalenza media stimata intorno allo 0,06% ed un’incidenza di 3,2 casi per 100.000 persone/anno. Purtroppo chi è colpito da HS subisce un peggioramento della qualità della vita alquanto significativo anche perché le lesioni, frequentemente localizzate in aree anatomiche delicate, come quelle genitali e glutea, sono in genere dolorose e ricorrenti. Numerosi studi – aggiunge – hanno evidenziato che la patologia incide in maniera negativa sulla vita sociale e sessuale dei paziente; è stato stimato, inoltre, un aumentato rischio di patologie di natura psichiatrica. Quanto ai fattori di rischio collegati alla gravità della malattia, dai dati del registro epidemiologico italiano si evince che quasi l’80% dei pazienti è obeso e presenta elevati livelli di Indice di Massa Corporea (BMI). Ma anche il fumo fa la sua parte: è emersa infatti una correlazione tra gravità della patologia e numero di sigarette giornaliere”.
Una malattia complessa quindi che necessita di un approccio multidisciplinare, che vede come capofila il dermatologo che al fine di ottimizzare la gestione del paziente e delle sue comorbidità, può essere coadiuvato, di volta in volta, da altri specialisti come il chirurgo plastico, il reumatologo, il gastroenterologo, il chirurgo bariatrico, l’endocrinologo, il radiologo, il nutrizionista. Ed anche lo psicologo: alla presenza di un quadro complesso come quello della HS, diventa fondamentale infatti il supporto psicologico per il paziente.
“In più della metà dei casi -afferma Micali- a causa del decorso cronico-recidivante e della comparsa alle grandi pieghe di pustole e noduli, dolenti e maleodoranti, ad evoluzione ascessuale o fistolosa che possono esitare in cicatrici retraenti e spesso invalidanti, l’HS può determinare imbarazzo e sintomi psichiatrici, come l’ansia e la depressione nonché un aumentato tasso di suicidi nei pazienti affetti da HS rispetto alla popolazione generale. Per tali motivi, il ricorso ad uno psicologo risulta spesso di fondamentale importanza nella gestione olistica dei pazienti”.
La guarigione definitiva è a tutt’oggi difficile da ottenere. Il paziente deve quindi imparare a convivere con la malattia correggendo eventuali fattori favorenti o scatenanti e conducendo uno stile di vita sano. Fortemente raccomandata è la riduzione del peso corporeo prediligendo la dieta mediterranea e l’assunzione di cibi ricchi di sostanze antiossidanti come il licopene, la vitamina C, la vitamina E, il beta-carotene, il selenio e lo zinco. Può inoltre essere utile usare saponi antisettici per la detersione, evitare indumenti stretti ed astenersi dal fumo di sigaretta. La terapia, inoltre, va scelta in base alla gravità della patologia, al tipo di lesioni, all’evoluzione e all’età del paziente.
Lo sottolinea ancora la Fabbrocini: “Antibiotici topici e sistemici, agenti immunosoppressivi sistemici, retinoidi, ormoni, dapsone, sali di zinco, e inibitori del Tumor Necrosis Factor (TNF-alfa), sono i farmaci più frequentemente considerati in relazione allo stadio di malattia. L’Adalimumab è l’unico farmaco biologico approvato per l’utilizzo nei pazienti affetti da HS da forme moderate o severe, in coloro i quali le terapie convenzionali abbiano fallito. Ciononostante in molti pazienti questa terapia non determina sempre risultati soddisfacenti. Studi recenti hanno individuato una finestra di opportunità terapeutica entro cui agire al fine di massimizzare l’efficacia del farmaco”.
Molti pazienti infatti risultano non responsivi a causa di un ritardo diagnostico: l’intervallo medio tra la comparsa dei primi sintomi e la diagnosi corretta di HS è di circa7 anni. “Pertanto – prosegue Fabbrocini – nasce la necessità di nuovi agenti immunosoppressori/immunomodula
Si può anche considerare, aggiunge il professor Micali “l’utilizzo di un farmaco biologico anti TNF, o di terapie fisico-chirurgiche (laser CO2 e Nd:YAG, escissione chirurgica) basate su tecniche innovative che rappresentano un campo in continua evoluzione. Inoltre, l’ecografia con la sua azione non invasiva, negli ultimi anni ha trovato applicazione anche nell’ambito dell’HS, potendo contribuire sia alla diagnosi che al monitoraggio terapeutico. È infatti in grado di evidenziare lesioni non apprezzabili al semplice esame clinico e di correlare morfologia clinica e gravità delle lesioni, permettendo di ottenere dati oggettivi e riproducibili circa un coinvolgimento più profondo delle sedi interessate, favorendo un’accurata stadiazione della patologia, e permettendo di pianificare un approccio terapeutico medico e/o chirurgico mirato”.
L’Italia è stata una delle prime nazioni in cui si è diffuso l’utilizzo dell’ecografia per lo studio dell’HS, facendo si che attualmente venga considerata leader a livello internazionale in tale settore. Inoltre, da qualche anno diversi centri dermatologici italiani si sono dotati di apparecchiature ecografiche dedicate ed hanno creato una vera task force di dermatologi esperti, come il gruppo (Italian Ultrasound Working Group) con professionisti esperti certificati in ecografia cutanea ed in particolare dell’HS. “Questo gruppo -spiega Mical- ha instaurato una collaborazione attiva tra le diverse strutture coinvolte attraverso corsi di formazione, riunioni periodiche, condivisione di piattaforme informatiche delle immagini ecografiche, consulenze a distanza e pubblicazione scientifiche dei risultati