Medicina
Obesità: la pandemia riduce del 30% gli interventi chirurgici bariatrici
Se ne parlerà al XXVIII Congresso nazionale che si svolgerà in webinar dal 21 al 22 dicembre. In alcuni casi il picco del ridimensionamento ha toccato il 50%
“Fino a poco prima dell’emergenza Coronavirus, ogni anno si eseguivano in Italia circa 25mila interventi di chirurgia bariatrica a fronte di 250mila richieste. Gli italiani in sovrappeso infatti sono 25 milioni e i portatori di obesità almeno dei milioni, un dato in crescita costante. Dall’inizio della pandemia, però, gli interventi sono calati in media del 28%-30%, con punte del 50% in alcuni casi. Pertanto, in attesa della piena ripresa dell’attività chirurgica, occorre strutturare e rafforzare percorsi complementari che sostengano il paziente bariatrico”. Così Diego Foschi, presidente della Sicob, Società italiana di Chirurgia dell’obesità e delle malattie metaboliche al XXVIII Congresso nazionale che quest’anno si svolge in versione digitale il 21 e il 22 dicembre. Il Congresso, alla cui inaugurazione interverrà anche il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri, è presieduto da Maria Grazia Carbonelli, direttore dell’Unità di Dietologia e nutrizione clinica del San Camillo Forlanini di Roma; Paolo Gentileschi, responsabile U. O. Chirurgia Bariatrica presso l’Università Tor Vergata; Alessandro Giovanelli, direttore Istituto nazionale per la cura dell’Obesità (Inco) presso l’Istituto Sant’Ambrogio di Milano e Irccs Policlinico San Donato, e Fausta Micanti, dirigente medico della Federico II di Napoli.
Numerosi i temi affrontati in due giorni di intense sessioni online: tra questi il problema del pesante stigma nei confronti dei soggetti con obesità per cui chi ha un peso patologico non solo viene ritenuto pregiudizievolmente responsabile della sua condizione, ma viene curato solo quando sviluppa le complicanze dell’obesità. Altro tema in evidenza è l’impatto dell’isolamento sulla psiche del paziente bariatrico ma anche le componenti del percorso virtuoso da fargli seguire in attesa di riprendere gli interventi, come la dieta mediterranea che grazie all’apporto di vitamine, sali minerali e Omega 3 che rinforzano il sistema immunitario si candida ad essere una perfetta dieta anti-covid. Ampio spazio è dato ai vantaggi della telemedicina, ai nuovi percorsi terapeutici sempre meno invasivie ai farmaci che aiutano a perdere peso. Fondamentale è anche il tema del ruolo della chirurgia bariatrica nella prevenzione delle neoplasie e quello dei social grazie alla creazione di gruppi di sostegno.
Centrale, però, resta il problema della diminuzione drastica degli interventi di chirurgia bariatrica dall’inizio dell’emergenza Covid.Infatti da un censimento effettuato presso 48 centri Sicob su 74 è emerso che nel 2020 gli interventi sono stati 4.727 con una riduzione di 2.286 rispetto al 2019 ( pari al 28%), con un tasso di positività al Covid bassissimo (0.38%) e un tasso di complicanze dell’1.2%. Ciò nonostante, gli interventi continuano a diminuire perché in questo momento di emergenza l’organizzazione sanitaria non può garantire l’assistenza chirurgica ai pazienti bariatrici. Se consideriamo, però, che secondo il ministero della Salute il 44% dei casi di diabete tipo 2, il 23% dei casi di cardiopatia ischemica e fino al 41% di alcuni tumori sono attribuibili all’obesità e al sovrappeso, emerge con chiarezza che, se si combatte o si previene l’obesità, automaticamente si favorisce la prevenzione di altre patologie gravi e spesso letali. Inoltre, la cronaca e glistudi condotti in tutto il mondo rilevano che i soggetti con obesità sono ricoverati per Covid molto più dei pazienti “normopeso”: essere obesi comporta un significativo aumento del rischio di ammalarsi di Covid-19 in forma grave. Questo fatto è ormai universalmente accettato, tanto che l’algoritmo di calcolo del rischio Covid elaborato e pubblicato sul British Medical Journal dal gruppo di lavoro inglese coordinato dall’Università di Oxford include il Bmi (Body Mass Index, indice di massa corporea) come variabile direttamente correlata: più alto il Bmi, più alto il rischio Covid. E se a questo aggiungiamo che la metà dei ricoverati nelle rianimazioni è iperteso, diabetico e cardiopatico e che con l’età avanzata questa congiuntura è altamente mortale, diventa chiaro anche che il paziente che soffre di obesità va incluso nei programmi di prevenzione Covid riservati alle categorie più fragili e ad alto rischio.
“Alla luce di tutte queste evidenze -afferma Diego Foschi, presidente Sicob- lottare contro l’obesità e prevenirne le conseguenze più gravi diventanon solo un dovere ma un obbligo morale. Per questo noi chirurghi siamo impegnati a combattere lo stigma fortemente radicato nei confronti dei pazienti con obesità, perché si eliminino i pregiudizi che portano a colpevolizzarli e, purtroppo, in alcuni casi a curarli solo quando già sono sopravvenute le complicanze.Questo, a nostro avviso, è un evidente corto circuito irrisolto del Ssn che, ritardando le terapie verso i pazienti bariatrici, va esso stesso incontro a costi di gestione molto più impattanti. Infatti una cosa è intervenire sul paziente che non abbia ancora sviluppato le comorbidità associate all’obesità, altro è ricoverarlo in condizioni aggravateche, agendo prima, potevano essere sicuramente evitate. Ovviamente -continua- in questo momento siamo ben consapevoli del fatto che non si puòricorrere alla chirurgia, ma proprio per questo dobbiamo strutturarepiani di sostegno integrativi per i pazienti, perchè se non mettiamo in piedi una risposta realistica sul piano sanitario i problemi ci ricadranno addosso amplificati".
"Siamo altresì consapevoli -aggiunge Foschi- che anche se potenziamo tutte le risorse complementari,questenon potranno mai sostituirsi alla chirurgia, anche se in questo momento potranno sicuramente limitare i danni. Per questo motivo, ancora più determinante diventa il ruolo di tutti gli specialisti coinvolti nella cura del paziente bariatrico che, potenziando la “rete” di sostegno intorno a lui,possono aiutarlo a rafforzare la sua capacità di gestione personale. In questo senso può venirci incontro la telemedicina, grazie alla qualeè possibile incrementare le sedute a distanza con psicoterapeuti, endocrinologi enutrizionisti. I due pilastri di questo percorso, infatti, sono l’attività fisica ela dieta mediterranea, che protegge anche dalle infezioni e che per questo potrebbe rivelarsi una perfetta dieta anti-covid. Abbiamo anche realizzato un vademecum che, associato alle consulenze specialistiche, deve essere una vera e propria guida che aiuti il paziente ad essere costante. Anche i social networks possono aiutarci:non solo con il “filo diretto” tra pazienti e specialisti delle società scientifiche presenti sulle piattaforme, ma anche grazie alla creazione di gruppi di supporto tra chi lotta contro il proprio peso. Ma in ogni caso -conclude- la strada da percorrere è ancora lunga e tutti noi siamo impegnati a far sentire la nostra voce per quando l’emergenza finirà e il Ssn potrà nuovamente dare alla chirurgia bariatrica l’attenzione di cui ha bisogno”.