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l flop dell'auto elettrica: colpe, strategie sbagliate e la lezione della Citroen Ami

Produttori contro lo Stato, concessionari in crisi, clienti confusi e un marketing fallimentare. Ma il successo della Citroën Ami suggerisce che l'elettrico può funzionare, se proposto nel modo giusto.

Nel mercato delle auto elettriche, sembra che tutti siano contro tutti. Il produttore accusa lo Stato di non rinnovare gli incentivi necessari per spingere le vendite.

I concessionari, dal canto loro, si lamentano delle pressioni per vendere modelli che non trovano acquirenti. E i clienti, ancora confusi, non sanno come orientarsi tra costi, infrastrutture di ricarica e vantaggi promessi ma non sempre tangibili. Nel mezzo di questo caos, emerge una realtà sconfortante: la rivoluzione elettrica, tanto proclamata, non è mai davvero decollata. Ma di chi è la colpa?

Il crollo degli incentivi e la strategia errata dei produttori

Uno dei principali fattori che sta rallentando il mercato delle auto elettriche è la mancanza di incentivi statali stabili e sufficienti. In Italia, come in altri paesi europei, questi sussidi hanno dato una spinta iniziale, ma la loro riduzione o la discontinuità delle politiche di supporto stanno frenando la transizione. Senza incentivi, l'auto elettrica rimane troppo costosa per la maggior parte delle famiglie.

Ma attribuire tutta la responsabilità al governo sarebbe riduttivo, uno dei problema risiede nelle strategie di marketing adottate dai produttori. Si è puntato troppo sui modelli di fascia alta, su veicoli elettrici costosi e fuori portata per la gran parte del pubblico. Invece di creare una gamma di auto elettriche accessibili, adatte a un pubblico più ampio, si è preferito inseguire il lusso, dimenticando che la vera svolta si avrebbe solo con modelli più economici.

Alcuni Ceo illuminati iniziano a criticare l’approccio superficiale della comunicazione e al marketing del settore automotive che spesso si affida a personaggi chiamati influencer che partecipano a eventi glamour, si fanno selfie e postano foto di cene stellate.

Questa superficialità ha portato a una narrazione distorta, dove il lusso e l’apparenza hanno preso il posto di un’analisi concreta delle esigenze dei consumatori. Il risultato è una disconnessione tra ciò che viene comunicato e ciò che il pubblico realmente vuole e può permettersi,dimenticando che dietro a ogni auto ci sono milioni di investimenti e lavoratori che lottano per tenere il passo con la transizione, a volte affrontando la cassa integrazione.

La crisi dei concessionari e la mancanza di chiarezza

In questo quadro di incertezza, anche i concessionari si trovano in difficoltà. Costretti a spingere auto elettriche che non riescono a vendere, spesso non sono nemmeno preparati a rispondere alle domande più semplici dei clienti. Chiedere a un venditore quanto tempo ci vuole per ricaricare un'auto può metterlo in crisi. Questa mancanza di competenza tecnica e la scarsità di infrastrutture di ricarica adeguate generano una sfiducia crescente tra i consumatori.

I clienti si sentono disorientati. Da una parte, sono bombardati da messaggi che promuovono l’elettrico come il futuro della mobilità; dall’altra, quando entrano in concessionaria per acquistare un'auto, non trovano risposte chiare e affidabili. Questo disallineamento tra comunicazione e realtà sta contribuendo a frenare ulteriormente la diffusione dell’elettrico.

La lezione della Citroen Ami: l’elettrico può funzionare

Eppure, c’è un caso che dimostra che l’elettrico piace agli italiani, se proposto nel modo giusto. Stiamo parlando della Citroen Ami, (con un autonomia di 75 km e si carica in una normale presa 220volt ) un piccolo quadriciclo elettrico che è diventato una vera e propria icona nelle città italiane. A differenza di molte auto elettriche costose e inaccessibili, la Ami è economica, pratica e perfetta per gli spostamenti urbani. Non è un’auto di lusso, ma è proprio questa semplicità a renderla così attraente per una vasta gamma di persone, dai giovani ai più anziani.

Nelle città italiane, la Citroen Ami è diventata quasi una moda. Si vedono giovani e adulti muoversi con questo piccolo veicolo elettrico, dimostrando che quando un prodotto risponde alle esigenze del pubblico, può trovare facilmente il suo spazio nel mercato. Questo successo suggerisce che il problema dell’elettrico non è un rigetto da parte del pubblico, ma un fallimento dell'offerta. Se i produttori fossero stati in grado di proporre veicoli più accessibili, come la Ami, forse oggi l’elettrico avrebbe una presenza molto più ampia in Italia.

E allora, l’elettrico piace o no agli italiani?

La domanda fondamentale rimane: agli italiani piace l’auto elettrica? La risposta, guardando al successo della Citroën Ami, sembra essere sì, ma a certe condizioni. Gli italiani non sono contrari all’elettrico in sé, ma si aspettano veicoli che siano pratici, economici e facili da usare. Se il mercato dell’auto elettrica è in crisi, ma i dati di vendita sono negativi anche per il termico è perché si è fallito nel comprendere queste esigenze di base. Invece di proporre auto per una fascia ristretta e benestante, sarebbe stato più sensato puntare su modelli accessibili, capaci di rispondere alle necessità di mobilità quotidiana della maggior parte delle persone.

Il flop dell’auto elettrica è un segnale chiaro che il mercato non ha compreso le esigenze dei consumatori. Produttori, Stato e concessionari si rimpallano le colpe, ma il vero problema è una strategia errata fin dall'inizio. La chiave per il successo dell'elettrico è offrire veicoli accessibili, che rispondano davvero alle esigenze del pubblico. Solo così sarà possibile superare questa fase di stallo e far decollare finalmente la mobilità elettrica anche nel nostro Paese.