Politica
Arata, pressing per Siri al governo. Il Colle aveva "dubbi" sul leghista
L’imprenditore Paolo Arata ha gestito l’ingresso nel governo di Armando Siri, cercando anche una raccomandazione per convincere il capo dello Stato Mattarella
L’imprenditore Paolo Arata avrebbe gestito l’ingresso nel governo del senatore leghista Armando Siri, contattando politici e prelati, e cercando anche una raccomandazione per convincere il capo dello Stato Sergio Mattarella. L’obiettivo era dichiarato: ottenere, grazie al futuro sottosegretario alle Infrastrutture dimessosi dopo l’indagine per corruzione, l’approvazione delle norme sull’eolico, come riporta Il Corriere della Sera. "Se ci va Armando gli faccio mettere l’emendamento dentro lì...", diceva al figlio Francesco l’11 aprile 2018. Un risultato che comunque avrebbe dovuto pagare: "Se entra nel decreto gli do 30 mila euro, ne ho parlato con il direttore generale, il capo gabinetto è d’accordo, la Lega è d’accordo... me lo porta la Lega...".
A metà maggio Arata vuole la garanzia che Siri entri nell’esecutivo. Il 17 maggio dell’anno scorso racconta al figlio: "Pensa un po’ che Armando (Siri ndr) l’ho fatto chiamare io da Berlusconi... non c’era riuscito... devo dire che Letta è sempre un amico... sono andato lì... gliel’ho detto... dico chiama... chiama Armando... perché Armando... dice... sai se non mi sostiene Berlusconi". Le verifiche della Dia danno conto di una telefonata tra Berlusconi e Siri, ma l’imprenditore si era comunque già mosso anche con altri interlocutori. E il 23 maggio racconta al figlio: "Ieri sera c’è stato Armando (Siri, ndr) da noi, Di Maio vuole andare alle attività produttive... E ci va sicuro, l’ha chiesto lui! Allora Salvini non sa dove mettere Armando, poi io gli ho detto che deve fare il viceministro con la delega dell’energia e lui lo ha chiesto a Salvini e Salvini ha chiamato anche casa nostra ieri". Ma nell’informativa ai magistrati gli investigatori della Dia precisano di "non avere registrato interlocuzioni telefoniche tra Arata e Salvini".
Il 6 aprile Arata parla al telefono con il cardinale americano Raymond Leo Burke "con il quale auspicava in particolare un intervento dell’alto prelato direttamente su Giancarlo Giorgetti in favore di Siri", e l’alto prelato si mostra disponibile, come riporta ancora Il Corriere della Sera.
Burke: "Sì sì quando è il momento giu.. io sono pronto quando lei... mi dica... io invierò subito a ...".
Arata: "Ecco invece dagli Stati Uniti riesce, mi diceva Federico (figlio di Arata per il quale pure il padre si adoperava , ndr) a far arrivare qualche messaggio... perché se lui Federico andasse agli Esteri, come vice ministro... sarebbe una cosa importante per tutti... perché rischia di andare agli esteri Di Maio... e ora capisce... e allora gli mettiamo a fianco Federico... beh è una bella garanzia...".
Quando la formazione del governo si avvicina, anche Siri evidentemente si preoccupa. Scrive la Dia: "Nella serata del 17 maggio 2018, Federico Arata chiama il padre Paolo dicendogli senza mezzi termini che Armando Siri lo aveva chiamato poco prima chiedendogli di contattare l’ambasciatore americano in Italia affinché costui intervenisse sul presidente Mattarella per “sponsorizzarlo” per un incarico governativo". Il tentativo di arrivare al Quirinale, però, fallisce. E da una telefonata di Siri con Arata (omissata nel rapporto Dia ma di cui lo stesso Arata parla in un’altra conversazione), si capisce che "il presidente aveva dei dubbi su di lui".