Caso Vendola, no alla mercificazione del corpo e all’uso ipocrita della parola amore
Di Ernesto Vergani
Il web brucia. Matteo Salvini afferma: “Disgustoso egoismo”. Replica Nichi Vendola: “E’ solo un atto d’amore”. Quest’ultimo è diventato padre di un figlio, nato probabilmente in una clinica californiana, avuto dal compagno Ed Testa e da una donna indonesiana con passaporto americano. Ciò grazie alla tecnica dell’utero in affitto, vietata in Italia.
Quanta confusione. A pochi giorni dall’approvazione del ddl Cirinnà sulle Unioni civili, con lo stralcio della “stepchild adoption”. Adesso che un componente del governo, come Maria Elena Boschi, dichiara che l’intera normativa sulle adozioni sarà rivista.
Se è vero che le qualità da genitore (senso di protezione, affetto ecc. ecc.) non sono né maschili né femminili, e se non esistono studi scientifici che provano il contrario, l’adozione dovrebbe essere consentita a tutti, non solo a una copia gay ma anche a un single.
La pratica dell’utero in affitto, che di per sé non c’entra con le adozioni e che in Italia nel 90% dei casi è utilizzata da coppie eterosessuali, può anche essere ritenuta negativa quale mercificazione del corpo. Non prostituzione del corpo: perché la prostituzione riguarda la sfera sessuale di una persona, ambito privato in cui nessuno si può intromettere.
Rimane un senso di ipocrisia. Se ci sono tanti bambini abbandonati in tutto il mondo, perché accanirsi con la maternità surrogata, la fecondazione eterologa, le pratiche per la fertilità? Se avere un figlio è un atto d’amore, perché non adottare semplicemente un bambino abbandonato? E più in generale è ipocrita che molti omosessuali parlino continuamente e pubblicamente di amore, fedeltà e concetti simili, da sempre (spesso ipocritamente) appannaggio delle coppie eterosessuali.