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Politica
Comune Roma: sindacati di base vogliono più smart working. Così i dipendenti lavorano ancora di meno

I sindacati di base vogliono più smart working per il Comune di Roma. Così i dipendenti lavorano ancora di meno. La protesta dei “Lenin del Colosseo”

È ben noto come l’apparato burocratico del Comune di Roma sia un aggravio continuo per il cittadino che tenta di sopravvivere ad una burocrazia farraginosa ed ostile.

Chiami un ufficio? Nessuno risponde. Fai una segnalazione ai vigili urbani? Se ti va bene vogliono sapere chi sei (alla faccia della privacy) e poi non fanno nulla; se cerchi un documento on line ti perdi in una giungla di inutili link che non funzionano. Ovviamente ci sono anche qui dipendenti che fanno il loro lavoro, ma non ce la fanno a supplire a chi invece non lo fa o non lo fa bene.

E poi, grazie all’epidemia di Covid 19, è arrivato il famigerato “smart working”, termine inglese che significa “lavoro da casa” che consiste, anche qui ovviamente non per tutto ma per molti, nel fare il meno possibile. Ecco perché il dipendente tipo del Comune ne è golosamente attratto come le api con il miele.

In più, non contenti di starsene a casa, vogliono pure i buoni pasto! Ma si mangino piuttosto una bella e sana pastasciutta casalinga (“dieta mediterranea” che farebbe impazzire Adriano Panzironi) che è più buona, meno condita e fa pure bene ed è un proverbiale “ammazzapanza”.

Intendiamoci, il Comune di Roma non è certo l’unico a permettere lo SW, pensiamo che c’è addirittura a livello statale, come i ministeri insegnano e pure enti parastatali come le Poste ne fanno gran utilizzo con somma gioia dei dipendenti che non vedono l’ora di “lavorare da casa”.

Il povero fu ministro Renato Brunetta ci ha provato ben due volti a metterli in riga ma alla fine lui è stato dismesso e i “lavoratori agili” sono ancora lì vispi e pimpanti.

Riavvolgiamo il nastro al 29 luglio scorso quando il Campidoglio firmò un accordo con la Trimurti e cioè CGIL, CISL e UIL sul lavoro agile dei dipendenti comunali.

Con la cuccagna Covid il lavoro agile era stato esteso nel 2020 al 50% della forza lavoro capitolina.

Finita l’emergenza il Sindaco lo aveva ridotto a soli due giorni alla settimana fino a tutto giugno.

Ma a giugno che ti fa quel birbaccione di virus sindacalizzato anch’esso? Fa risalire i contagi.

Ecco quindi che i dipendenti capitolini si adontano e si preoccupano, che poi sono quegli istessi cittadini che vediamo non portare la mascherina anche in una terapia intensiva di Covid e che magari non sono manco cresimati col vaccino.

Vibrate e vibranti proteste dei sindacati e dell’opposizione che coglie, naturalmente, l’occasione.

Ma Il Pd gli ha giocato lo scherzetto perché nonostante la capogruppo in Campidoglio abbia saettato ai lavoratori adirati un pericoloso “state sereni” poi, come da prassi, i giorni lavorativi in smart sono stati ulteriormente ridotti a uno solo.

Di nuovo vibrate e vibranti proteste dei provati e preoccupati lavoratori e dei sindacati che li cavalcano. Al che il Comune a guida Pd fa sapere che si aspetta una legge nazionale.

Ma nel frattempo il governo Draghi e Brunetta - ministro competente- cadono e così i poveri lavoratori si sentono padulizzati e riprendono la protesta.

A questo punto la Triplice firma un nuovo accordo e rimanda un “state sereni” agli “operai del bit” che sereni non stanno affatto e così vanno dai sindacati di base, Cobas e Usb (non la chiavetta) che emettono, conformemente al soviet di Marco Aurelio, il seguente comunicato di protesta (veemente): “la concessione consistente nell’accordare un solo turno settimanale in lavoro agile rappresenta una misura tipica della burocratica difensiva, tesa a ridurre al minimo la responsabilità dirigenziale e frustrare le aspettative e il potenziale delle persone. Il rimedio dunque è quello di consentire l’uso di una modica dose di lavoro agile, lasciando l’illusoria sensazione di un progresso organizzativo. È in atto un mobbing di massa che sta marginalizzando, mortificando e offendendo le lavoratrici e i lavoratori capitolini”.

Niente meno, secondo questi novelli Lenin del Colosseo, sarebbe in atto un “mobbing di massa”.

Qui il mobbing di massa è invece quello che certa burocrazia sindacalizzata fa da decenni nei confronti dei poveri cittadini che la devono subire. Altro che “lavoro intelligente”!

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