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Consulta, Meloni sceglie il giudice che ha scritto il Premierato. Opposizioni in rivolta: "Intollerabile"

​​​​​ di Redazione Politica

Domani il voto in Parlamento per eleggere un giudice costituzionale. Il diktat della premier a favore del suo consigliere giuridico. Pd e Avs intenzionati a non partecipare al voto, 5S ancora in forse

Consulta, scontro totale per il giudice "fatto in casa". Opposizioni in rivolta, incognita M5s

Nuovo scontro tra maggioranza e opposizioni, la giornata politica di domani si preannuncia infuocata. Si vota per eleggere un giudice della Consulta, ma il governo ha già scelto il suo candidato, il nome imposto da Meloni agli alleati di governo, è Francesco Saverio Marini: consigliere giuridico della presidente del Consiglio e autore materiale della riforma sul premierato. Autore e controllore al contempo. "Un vulnus alla democrazia", chiosa indignato più di un costituzionalista. Di certo le opposizioni - riporta La Repubblica - già pensano all’Aventino. Disertare l’aula, ma soltanto dopo aver tentato di intervenire per spiegare perché è "del tutto inammissibile" non solo appropriarsi, grazie alla supremazia numerica, di un giudice costituzionale, ma soprattutto sceglierne uno "fatto in casa". Per tutto ieri, in frenetici scambi, Pd, M5S e Avs hanno ragionato sulla strategia anti-Meloni. Prevale quella di uscire dall’aula. Ne sono convinti Pd e Avs, lo ipotizza anche il M5S, che ne discuterà stasera alla riunione convocata da Giuseppe Conte.

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Ma lo scontro con il presidente della Camera Lorenzo Fontana - prosegue La Repubblica - viene già dato per scontato, soprattutto sulla richiesta di poter prendere subito la parola perché, per una votazione congiunta come questa, le regole parlamentari non lo prevedono. Potrebbe essere lo spunto per la protesta e l’abbandono dell’aula. La responsabile Giustizia del Pd Debora Serracchiani boccia sia la scelta di Marini, sia la decisione di andare al voto convocando via sms senatori e deputati della maggioranza: "Sarebbe ben strano che fosse chiamato a giudicare la riforma del premierato proprio colui che l’ha scritta", spiega Serracchiani, che vede nella forzatura meloniana, "l’ennesima prova di una mentalità proprietaria della maggioranza del tutto intollerabile".