Politica
Coronavirus, picco del contagio. Covid-19, il documento 'top secret'
Un documento di previsione circola tra ministeri ma lo scenario è incerto. Fallisce l’Europa. E in Germania 5 volte e mezzo le nostre terapie intensive.
Il picco del contagio è previsto fra un settimana circa. Lo scenario, anche se cauto, è descritto in un documento riservato che circola tra i ministeri. Un dato incerto frutto di analisi matematiche complesse, che ipotizza un raddoppio dei contagiati in circa “tre giorni fino a quasi metà del mese. Successivamente si dovrebbe avere un graduale calo, dovuto alle misure di contenimento varate dal governo”.
Ma sono ipotesi, anche perché fino all’ultimo decreto governativo la contaminazione, almeno per i grandi numeri, è continuata come se nulla fosse. Ad esempio la “movida”, nelle principali città italiane, si è mantenuta sui livelli classici fino a qualche giorno fa. Qui un’immagine di una via del centro di Bologna piena di gente che non rispettava alcun protocollo di sicurezza.
Occorre cambiare le abitudini per cercare in un tempo relativamente breve di tornare ad una specie di normalità, anche per non far morire la nostra economia. Morta quella non ci saranno risorse sufficienti per salvare nessuno e i problemi saranno anche peggiori.
Ufficialmente il direttore dell’Istituto superiore di Sanità ha più volte spiegato, domenica scorsa, come non sia possibile prevedere il picco. Molto dipenderà dal comportamento degli italiani. Di fatto va rivalutata la relatività della scienza che in questo frangente ci fa sapere, da ogni esperto, che l’unica cosa sicura è che “sappiamo di non sapere”. Il Coronavirus resta sconosciuto e non è facile prevedere come si comporterà sul lungo periodo, così come le sue capacità di mutazione. Di fatto la cautela ed evitare il contatto con altre persone dovrebbe essere la strada maestra da seguire, se siamo dotati di un minimo buon senso.
Ma gli esperti di settore avevano ampiamente previsto il quadro. Una pandemia molto dura era solo un fatto di tempo. Nel 2018, a Davos, Sylvie Briand, responsabile del dipartimento malattie infettive globali (Global Infectious Hazard Preparedness), disse che era in arrivo una nuova pandemia, che non eravamo mai stati tanto vulnerabili “e non c’è modo di fermarla” anche se il 2 febbraio scorso Briand ha spiegato che in quel momento, non ci trovavamo “in una pandemia, siamo nella fase in cui è un’epidemia con diversi focolai e cercheremo di porre fine alla trasmissione in ognuno di questi focolaio”. Non ci siamo riusciti.
In Italia abbiamo superato da poco la soglia dei 1000 deceduti e dei 15.000 contagiati. Ma a dimostrazione che l’Europa è sempre più un’evanescente fantasia della mente, il dato non ha impressionato gli altri Stati Ue che per contenere il virus adottano strategie diverse. La quarantena forzata imposta della Cina ai suoi cittadini è l’identica strada seguita dall’Italia, dopo una prima fase di minimizzazione totale, costellata di appelli ridicoli di molti leader politici.
In queste ore Spagna, Francia, Regno Unito hanno spiegato ai propri cittadini il pericolo in corso, invitandoli ad adottare comportamenti più sicuri, senza però passare alle ultime misure draconiane italiane. Anche se con gradi diversi vari leader hanno fatto annunci preoccupanti sull'avanzata del virus.
I tedeschi hanno invitato tutti i cittadini a comportamenti virtuosi al fine di limitare le ripercussioni sui parenti più vulnerabili perché anziani, immunodepressi, malati, ecc. Questa strategia farebbero rallentare lo sviluppo del contagio. E a differenza nostra, che ne abbiamo un numero di poco superiore alle 5000, la Germania ha circa 28.000 posti letto in terapia intensiva (5 volte e mezzo le nostre).
Ma l’epidemia non si ferma al confine, quindi un diverso approccio territoriale potrebbe tenere ancora in vita il problema per noi anche con le misure draconiane adottate. Il quadro è complesso e per la prima volta nella storia recente le economie dei Paesi democratici si trovano ad aver a che fare con un problema di difficile soluzione. Dovranno cercare di uscirne senza uccidere la propria economia e ripensando totalmente i meccanismi della globalizzazione delle merci. Il quadro attuale, cioè Paesi che adottano strategie di contenimento diverse mostra il fallimento del sistema Europa. La situazione potrebbe costringere anche noi italiani, se non ci muoviamo verso misure più rigide sui confini (o almeno adottando protocolli molto duri), a rimanere in quarantena per tempi più lunghi di quelli previsti. I controlli ai confini sono diventati severi, con tanto di lunghe code, ma il passaggio di masse di persone che ogni giorno entrano ed escano dall’Italia resta.
Un’altra immagine di una via del centro di Bologna piena di gente che non rispettava alcun protocollo di sicurezza.