Politica
D'Alema: "Alla Feps pagato meno del mio valore. E' vendetta politica"

La versione dell'ex parlamentare dopo che la Feps gli ha fatto causa, chiedendo la restituzione di 500mila euro
''Trovo sconcertante il modo in cui è stata gestita questa vicenda. Non è mai stato sentito il segretario generale che ha redatto il contratto. La notizia della citazione in giudizio è stata notificata prima a Repubblica che a me. Tutto questo ha lo stile di una vendetta politica e personale. Io lo so da dove viene questo attacco''. Massimo D'Alema parla con Repubblica degli anni della sua collaborazione con la Feps, la rete delle fondazioni dei socialisti europei, che ha fatto causa all'ex presidente del Consiglio chiedendogli la restituzione di 500mila euro.
"Non ho seguito la parte procedurale - afferma - Faccio però notare che i contratti non sono documenti segreti e che ogni membro del bureau avrebbe potuto esaminarli, tanto è vero che quando hanno aperto l'armadio lo hanno trovato. Credo che molti sapessero di questo e di altri contratti''.
''Sostengono che la procedura sia stata irregolare - spiega D'Alema - perché nel mio caso in quanto presidente, avrebbe dovuto esserci una deliberazione dell'assemblea, ma in questo contratto è molto chiaro che io sono stato retribuito non per la funzione, ma per l'attività svolta ovvero conferenze in giro per il mondo, attività politica. Nel 2016 andai a Città del Messico, Bruxelles, Teheran, Washington. Ecco, guardi qui: sei interventi nei primi tre mesi del 2016, venticinque in tutto l'anno. Ho lavorato moltissimo, pagato con regolare bonifico, e ho pagato le tasse, in Belgio, per l'attività svolta a Bruxelles, in Italia, per quella svolta nel resto del mondo: ero soggetto a una doppia imposizione. Penso di avere largamente onorato quel contratto, e di essere stato pagato meno del valore delle mie prestazioni''.