Politica
Di Maio e Di Battista stendono Macron in Africa
Nel Continente Nero sta nascendo un movimento panafricano contro il colonialismo francese
Il vicepresidente del Consiglio e Ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio sta facendo sul serio con la Francia. Sono finiti i tempi in cui Renzi o Monti andavano a mangiare le ostriche della Normandia a Bruxelles o Parigi e tornavano con le pive nel sacco, ma con grandi pacche elargite dagli eurocrati.
In effetti, l’attacco alla moneta francese in Africa, il cosiddetto Franco Cfa, portato in mirabile sincronia da lui e da Alessandro Di Battista, ha suscitato una vasta eco mediatica in tutto il mondo. Il fatto poi che Macron abbia sentito impellente il bisogno di consultare l’ambasciatrice italiana in Francia, Teresa Castaldo, è significativo del fatto che l’effetto è stato pienamente raggiunto.
Naturalmente è partita subito una ampia contraerea mediatica sul tema, ma i fatti restano fatti ed effettivamente l’adozione di questa strana moneta, di cui nessuno sospettava l’esistenza, i dubbi li lascia.
All’inizio l’acronimo Cfa significava “Franco delle Colonie francesi” e poi, più politically correct, si è trasformato furbamente in “Franco della Comunità finanziaria africana”. Affaritaliani se ne è già occupato qui: http://www.affaritaliani.it/politica/geopolitica/francia-africa-macron-sfruttamento-economico-politico.html
Già che ci sia una moneta “coloniale” o post - coloniale non depone bene. È come se l’Italia, per fare un esempio, avesse la “lira libica”: chissà il clamore che si sarebbe levato da ogni dove e magari dalla Nazioni Unite, oltre che dalla Ue, naturalmente.
Una recente intervista di Ruggero Tantulli de Il Fatto Quotidiano a Otto Bitjoka, presidente dell’Unione Comunità africane d’Italia ha chiarito le idee.
Intanto c’è una proposta concreta articolata in due fasi: una Commissione di inchiesta Ue sugli accordi di decolonizzazione “sul sistema predatorio che impoverisce il Continente” e poi la liberazione dal “franco coloniale”.
Otto Bitjoka è un imprenditore, di nazionalità italiana, che è stato anche amministratore delegato di una banca in Camerun.
Bjtioka dice che “la decolonizzazione non c’è mai stata in Africa” e poi compie un’analisi tecnica per dimostrare come sia proprio la presenza del franco Cfa ad impoverire le ex colonie francesi ed ad arricchire la Francia.
Vediamo perché.
Intanto le caratteristiche di questa moneta (divisa, peraltro, in due sottosistemi, il CEMAC e l’UEMOA, utilizzati in Paesi diversi) e stampata a Lione sono:
tasso fisso, stabilità dei prezzi, convertibilità garantita dal Tesoro francese nei confronti dell’euro e libertà di trasferimento, in entrata e in uscita.
A prima vista potrebbero sembrare anche positive ma Bjtioka mette in guardia.
“Il cambio fisso con il franco francese non permette di svalutare la moneta e quindi di partecipare ai vantaggi della globalizzazione” e poi il punto fondamentale:
“I depositi in valuta sono presso il conto d’operazioni del Tesoro francese, che detiene il 50% delle riserve valutarie. Se la Costa d’Avorio vende cacao per un miliardo di euro, mezzo miliardo deve restare come riserva valutaria al Tesoro francese. Non bisogna dimenticare, poi, che la Francia ha il diritto di prelazione su tutto e determina anche il prezzo che più le conviene”.
Intanto, spiega l’economista africano, in attesa della sia scomparsa almeno il franco Cfa potrebbe essere agganciato al paniere monetario di altre monete, dollaro e yen ad esempio, e non solo all’euro.
Il franco Cfa, a quanto dice l’economista, è solo un modo per la Francia di drenare furbamente risorse alle colonie ricchissime di risorse naturali, come ad esempio il cacao o gli idrocarburi e il 50% pesa come un macigno.
Ma poi c’è un altro punto fondamentale che il giovin signore Macron ripete alla nausea: l’adesione è libera.
“Naturalmente” -replica- Bjtioka, “peccato che chi volesse uscire dal Cfa abbia fatto una brutta fine, ucciso o deportato”. E cita esempi concreti e verificabili, come, nel 1963, Sylvanus Olympio,
primo presidente del Togo ad essere eletto, che subito dopo aver dichiarato la sua intenzione di abbandonare la moneta coloniale subì un colpo di Stato e fu ucciso e sostituito da un militare ex francese, Étienne Eyadéma Gnassingbé che regnò fino alla fine come dittatore con il supporto della Francia e con la moneta coloniale.
Stessa sorte nel 1968 per Modibo Keita, primo presidente della Repubblica del Mali, e poi ancora nel 1987 Thomas Sankara, primo presidente del Burkina Faso.
E per ultimo anche Mu'ammar Muhammad Gheddafi che parlava di dinaro libico e che ha fatto la fine ben nota dopo che la Francia e l’Onu l’hanno bombardato, sotto l’egida Nato.
Batjoka ha detto anche che le Tv di area francofona (12 % del Pil africano) hanno dato grande rilievo alle discussioni sul “franco coloniale” e questo potrebbe essere l’inizio di una forte presa di posizione dell’opinione pubblica sulla questione il che spiegherebbe, come detto, la necessità di Macron sentire il nostro ambasciatore a Parigi.
Ma la domanda è: questa vicenda potrà dare luogo ad un movimento insurrezionale panafricano contro la Francia? Se questo avvenisse Alessandro Di Battista potrebbe veramente rappresentare una sorta di “Che Guevara africano” dei tempi moderni provocando una seconda (e si spera definitiva) decolonizzazione dalla Francia.
In effetti, il Che era stato anche in Africa, precisamente in Congo, lasciando il suo posto di ministro dell’Industria a Cuba, e cercando di esportare la rivoluzione iniziata sulla Sierra Maestra.
Ma torniamo al presente.
Il 14 aprile 2017, quindi in tempi non sospetti, si è tenuta a ad Abidjan (Costa d’Avorio) una conferenza degli stati membri della zona Cfa che ha messo in discussione la moneta francese mentre Ndongo Samba Sylla, economista presso la Fondazione Rosa Luxemburg, ha scritto addirittura un libro sull’argomento.
Mohamed Konare, originario della Costa d'Avorio, è il leader di un movimento politico panafricano che contesta la politica della Francia in Africa.
In questo video di byoblu spiega in italiano perché:
https://www.youtube.com/watch?v=0y06KllnJ0g
Dopo l’iniziativa del M5S ha dichiarato:
“Potete provare a manipolare l’opinione pubblica italiana, ma ormai noi abbiamo capito tutto: sappiamo tutto e ci stiamo avviando verso una rivoluzione globale! Questo crimine contro l’umanità non può più continuare! Potete mettere in campo tutti i mezzi di disinformazione che volete: non serve più a nulla! Perché tutta l’opinione pubblica africana ha capito: tutti questi dittatori al potere nelle colonie francesi d’Africa non hanno più nessuna legittimità davanti a noi!”
Dunque l’iniziativa di Di Maio e Di Battista sta provocando guai serissimi alla Francia, perché sta risvegliando finalmente le coscienze nazionali del Continente Nero in un’ottica panafricana e nel contempo, sta ponendo l’Italia finalmente al centro dell’interesse della politica estera mondiale. Anche non contando l’altro Tomahawk sparato dai “gemelli del goal” grillini e cioè l’incontro con i gilet gialli, Macron ha un bel po’ di cui preoccuparsi.