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Politica
Elezioni, c'è la data. Nessuno lo dirà mai, ma ecco quando voteremo

Giuseppe Conte insiste con gli appelli sulla tenuta della coalizione Pd-M5S-LeU, in Parlamento e nel Paese. Nicola Zingaretti ribadisce che va bene la collaborazione in questa fase delicata, ma con la Lega i Dem restano alternativi. Matteo Salvini assicura che dopo questa fase eccezionale in cui viene deposta l'ascia di guerra tornerà la contrapposizione politica. Gli indizi sono tanti, anche se non ci sono prove e soprattutto nessun politico lo dirà mai ufficialmente, ma molti deputati e senatori di tutte le forze politiche della nuova maggioranza eterogenea assicurano che ci sia una sorta di patto informale e segreto Lega-Pd-M5S-Forza Italia per eleggere Mario Draghi al Quirinale all'inizio del prossimo anno e andare a elezioni politiche anticipate in primavera del 2022.

Ovviamente dipenderà dalla situazione sanitaria ed economica, ma la speranza è che tra dodici mesi sia ormai stato raggiunto l'obiettivo dell'immunità di grazie con i vaccini e che la ripresa sia una realtà. Politicamente l'ex premier Conte non può permettersi di restare fino al 2023 in panchina e il prossimo anno è l'orizzonte giusto per costruire e rinsaldare la coalizione del suo ultimo esecutivo per presentarsi davanti agli italiani. Anche il Centrodestra, Silvio Berlusconi compreso, non vuole lasciare a Giorgia Meloni e a Fratelli d'Italia due anni di autostrada elettorale come unica opposizione. E anche il Pd forse può digerire qualche mese con Salvini ma non due anni.

D'altronde fanno notare molti osservatori, tra i quali addetti ai lavori e parlamentari di diversi partiti della maggioranza, se l'obiettivo fosse stato il 2023 l'esecutivo sarebbe stato formato probabilmente solo da tecnici. Mentre inserire 15 politici su 23 ministri viene letta dietro le quinte come una strategia ben precisa: governo fino alla prossima legge di Bilancio, Draghi - collante di quasi tutte le forze politiche - eletto a stragrande maggioranza Capo dello Stato e poi scioglimento delle Camere. Si vedrà se al voto andremo con il Rosatellum o se i partiti saranno in grado di trovare un'intesa per riformare la legge elettorale. Su questo punto il premier si chiama fuori e lascia che se ne occupi il Parlamento.

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