Politica
Giorgia Meloni e il progetto di rifondare la Democrazia Cristiana
Di Massimo Falcioni
Meloni “fondatrice” del partito centrista erede del “Codice di Camaldoli”?
La domanda s’impone? C’è, oggi, nella politica italiana, un collegamento di partiti e di leader, con quella esperienza, con quelle linee ideali e politiche? In altre parole, c’è oggi in Italia la possibilità di rifare una nuova Democrazia Cristiana tenendo conto che i tentativi fatti negli ultimi vent’anni sono tutti falliti? A sinistra, nel Pd e dintorni, si sono sperticati in lodi nel ricordare il Codice di Camaldoli in una riabilitazione postuma della DC nella logica che tanto i morti non danno più fastidio. Elly Schlein e i compagni della sua sfilacciata cordata hanno sempre nel mirino, come obiettivo principale, la premier Meloni senza mai chiedersi da dove la “destra” della premier prenda i suoi tanti voti. I trenta italiani su cento che votano il partito di Meloni sono, politicamente parlando, sempre gli “stessi”, comunque i nipoti e i pronipoti di quelli che nel 1948 e nei decenni successivi, votarono DC.
Schlein, ma ciò vale anche per chi l’ha preceduta alla guida dei partiti eredi del Pci (partito di fronte al quale, comunque, bisogna ancora togliersi il cappello) non ha capito la cosa più semplice: che la maggioranza degli italiani, oggi come sempre, non li vuole al governo del Paese. Insomma, gli italiani possono mandar giù anche tutti i rospi, ma quando si tratta di decidere a chi dare l’Italia in mano, tutti vanno bene meno che “quella” sinistra che è sempre “questa” sinistra. Quindi il nodo vero è dentro la sinistra, comunque minoritaria in Italia dove c’era e c’è una forte avversione per il Pd e prima per i partiti che al Pd hanno portato dopo le varie giravolte. Quel che non è riuscito agli eredi di De Gasperi, Andreotti, Fanfani, Moro, cioè fare una nuova Dc può oggi riuscire a Giorgia Meloni, comunque erede del MSI postfascista, cambiando sostanza e apparenza al suo partito e alla destra tutta? La sfida, assai ardua, è aperta.