Politica

Il dopo Leopolda. Matteo Renzi cerchi l'appoggio degli intellettuali

Di Ernesto Vergani 

Già il giorno precedente l’inaugurazione, aveva fatto capire tutto lo stesso presidente del Consiglio, Matteo Renzi, quando, presentando la sua creatura, la Leopolda, aveva detto: “Chi viene per parlare di correnti o posti di potere può restare a casa”. Confermando la Leopolda come una sorta di meeting di Rimini di Comunione e liberazione. Ma autoreferenziale. Infatti non c’è stata critica interna, ma interventi allineati, il che ha sminuito il valore della manifestazione.

Un’ analogia col meeting del movimento fondato da don Luigi Giussani è stata la scelta del titolo idealista, in questo caso la “Terra degli uomini”, tratto da un testo di Antoine de Saint-Exupéry. E sarebbe interessante approfondire come Matteo Renzi, che, con volo pindarico, rappresenta l’erede della democrazia cristiana di sinistra, quella che si rifaceva all’Azione cattolica di Giuseppe Lazzati, abbia assimilato modalità e anche uomini (si pensi al lato ciellino dell’Ndc, partito alleato di governo, a Roberto Formigoni e Maurizio Lupi per esempio) dei nemici storici. Rivendicando meriti (Jobs Act, Buona Scuola, fisco), Matteo Renzi ha affermato: “Non siamo il partito della nazione, ma della ragione”. Il che parrebbe quasi irrazionale. Come irrazionale è introdurre, di punto in bianco, un nuovo concetto.

Il partito della ragione? Come noto a ogni spin doctor che si rispetti, la notizia, il messaggio è uno e definitivo. Per esempio, sono scritte su tutti i manuali di comunicazione forza e semplicità dell’epiteto ideato dallo spin doctor di Tony Blair, Aristide Campbell, alla morte di Diana Spencer: principessa del popolo. Dobbiamo dare per definitivo che il partito di Matteo Renzi sia il partito della ragione o ci saranno altre definizioni? Se la ragione è la facoltà di pensare e giudicare correttamente (e attraverso questo processo di conoscere il mondo) alla Leopolda ci sono state cose poco ragionevoli. Come il sondaggio sui titoli dei giornali (legittima la libertà di espressione, ma a ciascuno il suo mestiere).

Come giustificare il silenzio del ministro Maria Elena Boschi sulla questione del padre e del salvataggio delle quattro banche, di una delle quali il padre è stato vicepresidente (in democrazia si risponde, non si finge di non sentire o vedere). Forse ciò che manca, più che la ragione, al partito (al movimento?) di Matteo Renzi è – ovvio parlando teoricamente, metaforicamente, in termini di slogan, da spin doctor - l’intelletto. Che è cosa diversa dalla ragione. L’intelletto è la facoltà, propria della mente, che consente, non solo di ragionare, ma di legare e ordinare tra loro concetti. E non è un caso che manchino i grandi intellettuali (sempre che oggi esistano in Italia) che appoggino Matteo Renzi. Che ha indirettamente confessato ciò alla Leopolda: "Non abbiamo il volto finto pensoso di chi si ritiene depositario del sapere universale, siamo ragazzi di provincia innamorati della propria terra, umili e coraggiosi, che sono artefici della propria occasione: non ce l’hanno data, ce la siamo presa…”