Il governo giallo-verde mette in pratica il cambiamento
Se la sinistra non avesse tradito keynes apprezzerebbe
L’attuale refrain delle opposizioni è che il “governo del cambiamento” non ha cambiato nulla e che anzi peggiori i vecchi vizi della politica, con i giornaloni fanno a gara a virgolettare la parola “cambiamento”
Vediamo perché non è così.
Premessa la difficoltà, dopo pochi mesi, di incidere strutturalmente sulla società, la “finanziaria” (chiamiamola con il suo nome italiano) sta a dimostrare tutta la volontà di cambiamento. Le due misure principali, il reddito di cittadinanza e la flat tax, hanno provocato la reazione furibonda di Bruxelles e quindi, solo già questo fatto, dimostra che si è le sulla strada giusta.
Negli scorsi anni invece, di questi tempi, l’Italia andava a Bruxelles e poi tornava con il sorriso sulle labbra. Renzi, ad esempio, partiva con piglio guerresco e tornava addolcito come un agnellino da latte. E certo che è più facile farsi bello in Europa con i salamelecchi e il consenso di quelli che contano, cioè Francia e Germania, si evita di discutere ci si sorride e si degustano ostriche normanne a spese dei cittadini elettori e poi si torna alla base con le classiche pive nel sacco.
Ora non è più così.
L’Unione Europa fa i conti con una Italia che rivendica finalmente i propri diritti e lo fa nella maniera giusta, seguendo cioè le previste procedure di legge. In un periodo di crisi -perché da noi la crisi economico -finanziaria del 2008 non è mai veramente passata- occorre che lo Stato spenda per rimettere in movimento i consumi. Si chiama keynesianesimo e, ironia della sorte, è una classica politica di sinistra. Se è contestata proprio a sinistra è perché la sinistra stessa non esiste più e si è trasformata in qualcosa d’altro, e cioè in una forza liberale e globalista che ha tradito tutti i principi base delle sue origini. E poi ci si meraviglia perché il populismo dilaga in tutta il mondo.
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